Mercoledì 15 marzo: la Chiesa festeggia santa Luisa de Marillac, la donna forte che aiutò san Vincenzo de’ Paoli in un’eroica opera caritativa nella Francia del XVII secolo. Il Santo Padre ha inviato un saluto particolare ai Membri della Associazione Internazionale di Carità nel 400° anniversario dalla fondazione della prima Confraternita della Carità. Santa Luisa ha operato con la delicatezza, con la finezza della carità che non umilia nessuno, che non offende la persona bisognosa ma la accoglie, la solleva, le rende il coraggio e la speranza. E allora il ricordo di santa Luisa si coniuga con la 14° udienza dedicata alla speranza. Il Papa ha affrontato la speranza che è generata dal desiderio di amore che è in ogni uomo e che trova eco nel comando biblico di amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente e di amare il prossimo come noi stessi. Siamo chiamati ad amare e in noi c’è la speranza cristiana di incontrare il grande Amore che è Dio stesso.
Amare è un’esigenza dell’uomo ma spesso i nostri limiti, la nostra debolezza, ci fanno cadere nell’amore di noi stessi prima che quello per gli altri. “Paolo ci invita a riconoscere che siamo peccatori, e che anche il nostro modo di amare è segnato dal peccato”, sottolinea il Papa, riusciamo a “sporcare” anche i nostri gesti di carità, di amore, quando li facciamo con il recondito pensiero di metterci in mostra, di agire per essere ammirati e apprezzati dagli altri. “L’ipocrisia può insinuarsi ovunque, anche nel nostro modo di amare.” Veri sepolcri imbiancati “quando miriamo a cose che abbiano “visibilità” per fare sfoggio della nostra intelligenza o della nostra capacità” magari facendo finta di essere generosi con gli altri a cui elargiamo le nostre conoscenze, i nostri pareri, il nostro contributo.
“Dietro a tutto questo c’è un’idea falsa, ingannevole, vale a dire che, se amiamo, è perché noi siamo buoni; come se la carità fosse una creazione dell’uomo, un prodotto del nostro cuore. La carità, invece, è anzitutto una grazia, un regalo; […] La carità è una grazia: non consiste nel far trasparire quello che noi siamo, ma quello che il Signore ci dona e che noi liberamente accogliamo; e non si può esprimere nell’incontro con gli altri se prima non è generata dall’incontro con il volto mite e misericordioso di Gesù”.
Il Signore supera i nostri limiti e ci può aiutare ad amare in modo sincero come riflesso del amore che riceviamo da Lui. Da soli non siamo capaci, “abbiamo bisogno che il Signore rinnovi continuamente questo dono nel nostro cuore, attraverso l’esperienza della sua infinita misericordia. E allora sì che torneremo ad apprezzare le cose piccole, le cose semplici, ordinarie; che torneremo ad apprezzare tutte queste piccole cose di tutti i giorni e saremo capaci di amare gli altri come li ama Dio, volendo il loro bene, cioè che siano santi”.
L’amore per l’altro non è solo umanitarismo, ma è desiderio di elevare l’altro alle vette della felicità che solo in Cristo trova il suo pieno compimento. Ecco perché ricordando san Vincenzo e santa Luisa il Papa, sempre oggi, ha sottolineato che “una promozione umana, una autentica liberazione dell’uomo non esiste senza annuncio del Vangelo perché l’aspetto più sublime della dignità umana si trova nella vocazione dell’uomo di comunicare con Dio” (traduzione dal francese).
Silvia Scaranari