I nodi al pettine dell’immigrazionismo, Ultima Generazione austriaca al capolinea, nessuno tocchi il binarismo sessuale
di Luca Bucca
– Attenzione a rappresentare come la violenza di pochi estremisti di destra e razzisti quanto sta accadendo in Gran Bretagna, dove ormai da giorni in molte città vengono organizzate manifestazioni contro l’immigrazione. In realtà il problema è molto più complesso: si pensi alla presenza in molte città europee di quartieri dove, ormai, di fatto vige la sharia e lo Stato non riesce letteralmente a garantire controllo e sicurezza, oppure alle periodiche rivolte dei musulmani delle banlieue francesi. Anche in questo caso si tratta dell’esempio plastico del fallimento delle teorie di accoglienza e integrazione fin qui attuate da chi vorrebbe un melting pot in Europa. Pura utopia dai risvolti pericolosi e spesso imprevedibili.
– Letzte Generation, omologo austriaco dell’italiano Ultima Generazione, ha annunciato pochi giorni fa la sospensione delle proprie attività di protesta e lo scioglimento del movimento in quanto, si legge nel comunicato, ha fallito i suoi obiettivi. Certamente questo non fermerà l’approccio ideologico e violento sul tema dell’ecologia che, in Austria come altrove, ha caratterizzato e caratterizza da sempre molte realtà ambientaliste. Si tratta di un atteggiamento che fa male alla causa che vorrebbero difendere, perché spesso non permette il confronto e l’approfondimento e si pone in contrasto con qualsiasi altra istanza e considerazione. Vorrebbero combattere l’inquinamento, ma provocano, è proprio il caso di dirlo, “inquinamento culturale”. Ai giovani e meno giovani di Ultima Generazione e di ogni altra realtà ambientalista l’augurio di abbandonare l’ideologia, sperimentare un’autentica conversione a Cristo e potere impegnare ancora le loro energie per la causa che hanno sposato, ma in un orizzonte nuovo, quello della custodia del creato, nel quale l’uomo non è il nemico o il problema, ma il custode (e da custode, non da padrone o usurpatore, deve comportarsi).
– Adesso che il polverone intorno all’affaire Imane Khelif comincia a posarsi, probabilmente diventa più semplice qualche considerazione pacata. Il caso è noto, ma non certo chiaro, dal momento che per giorni sono state diffuse notizie non sempre vere, verificabili o esaustive. Cercando di sintetizzare, possiamo dire che l’atleta non è un transgender, come inizialmente era stato detto, ma una persona affetta da un disturbo della differenziazione sessuale, un’anomalia genetica per la quale, pur essendo nata con un aspetto femminile, presenta cromosomi XY e nel tempo ha sviluppato una produzione anomala di testosterone e tratti fisici maschili. Il lettore immaginerà il dramma umano, psicologico, esistenziale di una condizione del genere. Sorvoliamo dunque sulle troppe battute becere, gli approfondimenti tecnici e medico-scientifici (per i quali chi scrive non ha le competenze) e le decisioni delle federazioni sportive (al momento non c’è un indirizzo univoco sulle modalità di partecipazione di queste persone alle competizioni), a volte dettate da motivazioni ideologiche, più spesso da dinamiche di potere, non sempre purtroppo dall’etica. Cerchiamo di focalizzare qui solo un punto, ma fondamentale, un concetto da avere ben chiaro: persone come Imane Khelif non possono essere “usate” per superare un dato di realtà, che resta naturale e invalicabile, cioè quello del binarismo sessuale, confermato anche dalla presenza di un’anomalia e, per quanto possa sembrare paradossale, dai casi di intersessualità.
Mercoledì, 14 agosto 2024