La solennità della Dedicazione della Basilica Lateranense ci ricorda il nostro essere pietre vive dell’edificio spirituale della Chiesa cattolica
di Michele Brambilla
La solennità della Dedicazione della Basilica di S. Giovanni in Laterano è una di quelle feste che, nel rito romano, possono prevalere sull’ufficiatura domenicale perché ha una forte valenza ecclesiologica. Lo spiega puntualmente Papa Leone XIV nell’Angelus del 9 novembre: «Nel giorno della Dedicazione della Basilica Lateranense contempliamo il mistero di unità e di comunione con la Chiesa di Roma, chiamata ad essere la madre che con premura si prende cura della fede e del cammino dei cristiani sparsi nel mondo», dice infatti il Pontefice.
«La Cattedrale della diocesi di Roma e la sede del successore di Pietro, come sappiamo, non è soltanto un’opera di straordinaria valenza storica, artistica e religiosa, ma rappresenta anche il centro propulsore della fede affidata e custodita dagli Apostoli e della sua trasmissione lungo il corso della storia. La grandezza di questo mistero rifulge anche nello splendore artistico dell’edificio, che proprio nella navata centrale», a completamento del rivestimento barocco realizzato da Francesco Borromini (1599-1667), «accoglie le dodici grandi statue degli Apostoli, primi seguaci del Cristo e testimoni del Vangelo». «Questo ci rimanda ad uno sguardo spirituale, che ci aiuta ad andare oltre l’aspetto esteriore, per cogliere nel mistero della Chiesa ben più di un semplice luogo, di uno spazio fisico, di una costruzione fatta di pietre; in realtà, come il Vangelo ci ricorda nell’episodio della purificazione del Tempio di Gerusalemme compiuta da Gesù (cfr Gv 2,13-22), il vero santuario di Dio è il Cristo morto e risorto», tanto che a contrassegnare ogni chiesa cattolica consacrata troviamo il Tabernacolo eucaristico.
Il Signore «è l’unico mediatore della salvezza, l’unico redentore, Colui che legandosi alla nostra umanità e trasformandoci col suo amore, rappresenta la porta (cfr Gv 10,9) che si spalanca per noi e ci conduce al Padre», sottolinea Leone XIV insistendo su un dato di dottrina fondamentale per la fede cattolica. Uniti a Gesù «anche noi siamo pietre vive di questo edificio spirituale (cfr 1Pt 2,4-5). Noi siamo la Chiesa di Cristo, il Suo corpo, le sue membra chiamate a diffondere nel mondo il Suo Vangelo di misericordia, di consolazione e di pace, attraverso quel culto spirituale che deve risplendere anzitutto nella nostra testimonianza di vita», prosegue il Santo Padre richiamando il mandato missionario che ogni battezzato riceve.
«Fratelli e sorelle, è in questo sguardo spirituale che dobbiamo allenare il cuore. Tante volte, le fragilità e gli errori dei cristiani, insieme a tanti luoghi comuni e pregiudizi, ci impediscono di cogliere la ricchezza del mistero della Chiesa», tanto che molti dicono di essersi allontanati dalla comunità ecclesiale a causa delle colpe di molti credenti, vere o presunte che siano. La santità della Chiesa non dipende, però, dai meriti di chi ne fa parte, «ma nel “dono del Signore, mai ritrattato”, che continua a scegliere “come contenitore della sua presenza, con amore paradossale, anche e proprio le sporche mani degli uomini” (J. Ratzinger, Introduzione al cristianesimo, Brescia 2005, 331)».
L’uomo, se asseconda la Grazia, può nobilitare enormemente le sue mani: il Pontefice si associa all’episcopato italiano «nell’incoraggiare una cura responsabile del territorio, il contrasto dello spreco alimentare e l’adozione di pratiche agricole sostenibili. Ringraziamo Dio per “sora nostra madre terra” (S. Francesco, Cantico delle creature) e per quanti la coltivano e la custodiscono», ma non dimentica neppure gli sforzi in atto nel mondo per far cessare le tante guerre in corso. Il Papa commemora i caduti di tutte le guerre aggiungendo che, «se si vuole veramente onorare la loro memoria, si cessi il fuoco e si metta ogni impegno nelle trattative».
Lunedì, 10 novembre 2025
