Questa la sostanza del viaggio in Bahrein del Pontefice. Il dialogo autentico, senza annacquare la dottrina, è la via per costruire un mondo davvero in pace
di Michele Brambilla
L’udienza del 9 novembre è dedicata, dice lo stesso Papa Francesco, ad analizzare il viaggio in Bahrein, Paese che, ammette, non conosceva. Il Papa osserva che «viene spontaneo chiedersi: perché il Papa ha voluto visitare questo piccolo Paese a grandissima maggioranza islamica? Ci sono tanti Paesi cristiani: perché non va prima da uno o dall’altro? Vorrei rispondere attraverso tre parole: dialogo, incontro e cammino».
L’occasione è stata data dal Forum sul dialogo tra Oriente ed Occidente, «dialogo che serve a scoprire la ricchezza di chi appartiene ad altre genti, ad altre tradizioni, ad altri credo. Il Bahrein, un arcipelago formato da tante isole, ci ha aiutato a capire che non si deve vivere isolandosi, ma avvicinandosi», sottolinea il Pontefice, che cita in proposito la costituzione conciliare Gaudium et Spes: «tale opera esige che [gli uomini] dilatino la loro mente e il loro cuore al di là dei confini della propria nazione, deponendo ogni egoismo nazionale ed ogni ambizione di supremazia su altre nazioni, e nutrendo invece un profondo rispetto verso tutta l’umanità, avviata ormai faticosamente verso una maggiore unità» (Gaudium et spes, 82).
Dalla Gaudium et Spes scaturiscono tutti gli sforzi della Chiesa per dialogare con ogni realtà contemporanea. «Ma non ci può essere dialogo senza – seconda parola – incontro», spiega il Papa, che loda l’usanza locale di portarsi la mano sul cuore quando si saluta una persona. Un gesto che vede concretarsi in particolare nella Scuola del Sacro Cuore, dove il dialogo interreligioso è un fatto quotidiano. «Da giovani, da ragazzi, da bambini occorre conoscersi, così che l’incontro fraterno prevenga le divisioni ideologiche», il che non significa esprimere parere favorevole al sincretismo o negare le rispettive identità, ma «costruire alleanze fraterne nel nome del padre Abramo, che fu pellegrino sulla terra sotto lo sguardo misericordioso dell’unico Dio del Cielo, Dio della pace. Per questo il motto del viaggio era: “Pace in terra agli uomini di buona volontà”. E perché dico che il dialogo non annacqua? Perché per dialogare bisogna avere identità propria, si deve partire dalla propria identità. Se tu non hai identità, tu non puoi dialogare, perché non capisci neppure tu cosa sei». Da Abramo bisogna imparare l’attitudine a mettersi in cammino dietro al Signore, lasciando che sia Lui a plasmare la nostra fraternità. Il Santo Padre esorta ad aprire «i cuori, perché siamo fratelli tutti e perché questa fratellanza umana vada più avanti. Dilatare gli orizzonti, aprire, allargare gli interessi e dedicarci alla conoscenza degli altri. Se tu ti dedichi alla conoscenza degli altri, mai sarai minacciato. Ma se tu hai paura degli altri, tu stesso sarai per loro una minaccia. Il cammino della fraternità e della pace, per procedere, ha bisogno di tutti e di ciascuno».
Il Papa rinnova, poi, l’invito a pregare per l’Ucraina, in particolare ai pellegrini polacchi. Nella concomitanza con la ricorrenza della Dedicazione della basilica romana di S. Giovanni in Laterano, Francesco pensa alle chiese parrocchiali di ciascun fedele cattolico e auspica che «il legame con la vostra chiesa accresca in ciascuno la gioia di camminare insieme nel servizio al Vangelo, nell’offerta della preghiera e nella condivisione della carità».
Giovedì, 10 novembre 2022