Intervista con padre Anastasio Gutiérrez Poza C.M.F., Cristianità n. 204 (1992)
Il 6 novembre 1990 una commissione storica nominata dalla Congregazione delle Cause dei Santi ha espresso un giudizio positivo sulla Positio historica super vita, virtutibus et fama sanctitatis della serva di Dio Isabella la Cattolica, regina di Castiglia e di León.
In alcuni ambienti la notizia ha provocato preoccupazioni e polemiche, rese più aspre dall’approssimarsi del quinto centenario dell’evangelizzazione dell’America, un’impresa che vide protagonista soprattutto la regina di Castiglia.
Alcuni ritengono che la beatificazione di Isabella possa nuocere allo spirito ecumenico, perché ella portò a termine la Reconquista, cioè la riconquista della penisola iberica occupata dai musulmani quasi otto secoli prima, a tal fine abbattendo l’emirato di Granada, e ordinò l’allontanamento degli ebrei dalla Spagna.
Altri ritengono che l’istituzione del tribunale dell’Inquisizione e la “conquista” dell’America — che avrebbe comportato lo sradicamento delle culture locali e il genocidio degli indios — siano ostacoli insormontabili per il riconoscimento della santità della regina.
Su questi temi, noti al pubblico italiano soprattutto attraverso prospettazioni mitologiche e luoghi comuni, rivolgo alcune domande a padre Anastasio Gutiérrez Poza C.M.F., professore emerito della Pontificia Università Lateranense e postulatore della causa di beatificazione di Isabella la Cattolica, che incontro a Roma, all’Istituto Giuridico Claretiano, nel mese di marzo dell’anno cinquecentenario della scoperta del Nuovo Mondo.
Anastasio Gutiérrez Poza nasce ad Añatuya, in Argentina, il 5 dicembre 1911. Entra giovanissimo nella congregazione dei claretiani — i Missionari Figli del Cuore Immacolato di Maria fondati da sant’Antonio Maria Claret, apostolo di Cuba —, nel cui seminario minore compie i primi studi, ed è ordinato sacerdote il 13 giugno 1935. Continua il suo iter scolastico in Spagna e poi in Italia, alla Pontificia Università Lateranense, conseguendo il dottorato in filosofia e in utroque jure. Intraprende la carriera accademica e diventa professore ordinario di Diritto Canonico presso l’Institutum Utriusque Juris della stessa università, preside del medesimo istituto e poi decano della facoltà di Diritto Canonico. È fondatore e direttore dei corsi di aggiornamento giuridico e dei Colloqui della Pontificia Università Lateranense e promotore dell’Institutum Iuridicum Claretianum, nonché direttore della rivista Commentarium pro Religiosis et Missionaris. È autore di alcune opere — ricordo Il matrimonio. Essenza, fine, amore coniugale (2a ed., Società Editrice Napoletana, Napoli 1974) — e di numerosi scritti pubblicati su diverse riviste scientifiche.
Parallelamente all’attività accademica è stato Aiutante di studio della Sacra Congregazione dei Religiosi, giudice pre-sinodale del Vicariato di Roma, perito del Concilio Ecumenico Vaticano II, avvocato della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, consultore delle Sacre Congregazioni per i Vescovi, delle Cause dei Santi e della Pontificia Commissione per la Revisione del Codice di Diritto Canonico, nonché prelato votante del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica. Attualmente è consultore delle Congregazioni per le Chiese Orientali, per il Clero, per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, e del Pontificio Consiglio per l’Interpretazione dei Testi Legislativi. È fondatore di Seguimi, associazione di laici per la promozione umana e cristiana. Ha seguito fin dal 1958 le vicende della causa di beatificazione di Isabella di Castiglia, e nel 1972 ne è divenuto Postulatore Generale.
Un personaggio straordinario
D. Isabella di Castiglia è nota al pubblico italiano soprattutto come la “regina cattolica”, che fornì le caravelle a Cristoforo Colombo. È veramente poco per un personaggio di tale statura…
R. Isabella è una figura fra le più straordinarie della storia e la sua vita sembra costituire un capitolo importante dei piani divini sul mondo e sulla Chiesa. Non si può comprendere la storia politica e religiosa degli ultimi cinque secoli senza tenere nella giusta considerazione la Spagna, né la storia di Spagna senza tener conto in modo adeguato di Isabella la Cattolica, che costituisce il primo anello di una catena di personalità e di eventi di portata storica universale.
D. Eppure, quando nasce — a Madrigal de las Altas Torres, presso Avila, il 22 aprile 1451, Giovedì Santo, da re Giovanni II di Castiglia e da Isabella di Portogallo, sua seconda moglie — Isabella non è destinata al trono, anche se le leggi di Castiglia non escludono le donne dalla successione…
R. Isabella è preceduta nella linea dinastica dal fratello maggiore Enrico, che cinge la corona nel 1454, e da Alfonso, più giovane di lei di due anni.
Dai tre ai dieci anni di età vive ad Arévalo, educata amorevolmente dalla madre e guidata spiritualmente dai francescani. Chiamata alla Corte di Segovia da re Enrico, dà prova di maturità chiedendo e ottenendo il permesso di vivere in casa propria per evitare che la vita dissoluta della Corte rechi danno alla sua anima.
All’età di diciassette anni mostra di possedere un carattere energico e deciso, rifiutando la proposta dei seguaci del fratello Alfonso, scomparso prematuramente, di essere proclamata regina invece del fratellastro, Enrico IV, la cui politica aveva suscitato l’opposizione armata di una parte della nobiltà e del paese. Isabella, pur affermando il suo diritto alla successione, non mette in dubbio la legittimità del re e dichiara che, finché questi vivrà, nessun altro avrà diritto alla corona.
Il 19 ottobre 1469, dopo aver respinto numerosi pretendenti proposti dal sovrano, sposa don Ferdinando, principe ereditario di Aragona e re di Sicilia, che si impegna a portare a termine con la consorte, appena possibile, la Reconquista. Finalmente, alla morte del fratello Enrico, Isabella è in-coronata regina il 13 dicembre 1474, a Segovia, dove consacra il regno a Dio, giura fedeltà alle leggi della Chiesa, si impegna a rispettare la libertà e i privilegi del reame e a farvi regnare la giustizia.
La riorganizzazione del regno
D. Quali sono le condizioni della Castiglia al momento dell’incoronazione di Isabella?
R. La regina si trova alla guida di una società ricca di vitalità e di energie, ma indebolita da contese intestine e dall’amministrazione poco attenta dei predecessori. Le difficoltà maggiori vengono dalla nobiltà di recente formazione, che dalla fine del secolo XIV ha sostituito la vecchia aristocrazia, affermatasi durante il periodo eroico della Reconquista, e si mostra desiderosa soltanto di mantenere i propri privilegi senza fornire alla comunità un corrispettivo di servizi.
D. Isabella la Cattolica è stata accusata dai suoi detrattori di avere proceduto alla riorganizzazione del regno con metodi sbrigativi e autoritari…
R. Al contrario, la sovrana può essere additata come modello di un sano spirito democratico, perché mostra sempre grande rispetto per le autonomie regionali e per le minoranze, nonché per i fueros, cioè per l’insieme di consuetudini e di privilegi delle comunità locali e dei corpi intermedi.
Fin dall’inizio del suo regno convoca tutta la nazione ad assemblee generali per l’elaborazione del programma di governo. Più volte riunisce le Cortes di Castiglia, formate dai rappresentanti della nobiltà e del clero e dai delegati delle città, alle quali chiede auxilium e consilium prima di prendere le decisioni più importanti. Inoltre, il consenso delle Cortes è indispensabile per l’esazione di imposte straordinarie e per il riconoscimento ufficiale degli eredi al trono.
La riorganizzazione del regno ha inizio con la riunione delle Cortes di Madrigal, nel 1476, prosegue ed è portata a termine con le Cortes di Toledo, che si chiudono il 28 maggio 1480: gli atti di queste due grandi assemblee possono essere considerati come una vera Costituzione. Grazie al coinvolgimento della nazione nell’attività riformatrice, Isabella gode di un largo consenso, che le permette di giungere in breve tempo alla pacificazione del regno.
Allo scopo di risanare le finanze pubbliche introduce severe riforme e revoca le donazioni compiute illegalmente: l’operazione è così imparziale che i primi a pagarne le spese sono i più fedeli seguaci della Corona. Inoltre, la regina presiede quasi settimanalmente le sedute dei tribunali e dà pubblica udienza a chiunque ne faccia richiesta. Infine, ordina la redazione di un codice valido per tutto il regno — pubblicato nel 1484 con il titolo di Ordenanzas Reales de Castilla — al quale i magistrati possano far riferimento per le loro decisioni. Il suo senso della giustizia e la sua clemenza conquistano rapidamente il paese.
La riforma del clero e degli ordini religiosi
D. Isabella dà un notevole contributo anche alla riforma della Chiesa in Castiglia…
- R. Questa impresa, alla quale contribuisce soprattutto il francescano Gonzalo Jiménez de Cisneros, confessore della regina e poi arcivescovo di Toledo, è sostenuta da Papa Alessandro VI, che concede ampi poteri a Isabella.
La riforma del clero, realizzata quasi un secolo prima che il Concilio di Trento la estendesse a tutta la Chiesa, favorisce la formazione di un episcopato molto preparato e all’altezza del servizio universale cui la Chiesa spagnola fu presto chiamata. Per promuovere gli studi ecclesiastici Isabella fonda numerose università, anzitutto quella di Alcalá de Henares, che diventa il più importante centro di studi biblici e teologici del regno. Istituisce anche collegi e accademie per laici di ambo i sessi, che danno alla Spagna un grande numero di dotti in tutti i rami del sapere e una classe dirigente ben preparata.
Altro merito di Isabella è la riforma degli ordini religiosi, maschili e femminili, i cui membri crescono notevolmente di numero e forniscono alla Chiesa non soltanto una legione di santi e di missionari — che si prodigarono specialmente nell’evangelizzazione delle Canarie, dell’emirato musulmano di Granada, delle Americhe e delle Filippine —, ma anche una schiera di uomini di vasta cultura e di profonda religiosità, che negli anni seguenti diedero importanti contributi alla Riforma cattolica e al Concilio tridentino.
L’Inquisizione e l’espulsione degli ebrei
D. Dunque, la difesa e la propagazione della fede costituiscono la principale preoccupazione di Isabella, che a tale scopo chiede e ottiene dal Pontefice l’istituzione di un tribunale dell’Inquisizione. Lo storico Jean Dumont afferma che il punto di partenza corretto per parlare dell’Inquisizione spagnola sta nel mettere a fuoco la questione ebraica…
R. Quando Isabella sale al trono, la convivenza fra ebrei e cristiani si è molto deteriorata e il problema dei falsi convertiti è tale che, secondo l’autorevole storico Ludwig von Pastor, era in questione l’esistenza o la non esistenza della Spagna cristiana. Nei regni della penisola iberica gli ebrei, molto numerosi, erano soggetti da secoli a uno statuto, non scritto, di tolleranza e godevano di una particolare protezione da parte dei sovrani, che li consideravano sudditi diretti della Corona, poiché essi non facevano parte dei municipi e quindi non avevano diritto alla cittadinanza. Le diverse dinastie non adottano mai una politica antigiudaica e i più importanti re di Castiglia, Ferdinando III il Santo, Alfonso X il Saggio e la stessa Isabella, si avvalgono abbondantemente di tecnici e di economisti ebrei nell’amministrazione del regno; l’esempio era seguito anche da molte famiglie nobili e da numerosi vescovi.
D. Invece, erano più difficili i rapporti a livello popolare fra ebrei e cristiani, soprattutto per gli abusi dei primi in materia di prestito a interesse, o “usura”, e perché era consentita loro l’apertura delle botteghe anche in occasione delle festività religiose, che a quell’epoca erano molto numerose…
R. La situazione è resa ancora più complicata dalla presenza di numerosissimi conversos, cioè di ebrei convertiti al cattolicesimo, che dominano l’economia e la cultura e rivestono anche cariche ecclesiastiche. In molti casi evidenti, gruppi di conversos mostrano che la loro adesione alla fede cattolica è puramente formale e celebrano in pubblico riti inequivocabilmente giudaici.
A partire dal 1391 nei regni spagnoli esplodono episodi di violenza popolare contro ebrei e falsi convertiti, che le autorità arginano con difficoltà: senza l’Inquisizione, richiesta con insistenza anche da autorevoli conversos, si sarebbe verificato un bagno di sangue. Il 1° novembre 1478 Papa Sisto IV istituisce l’Inquisizione in Castiglia — dove, a differenza della vicina Aragona, non era mai stata operante — e autorizza Isabella e Ferdinando a nominare nei loro Stati alcuni inquisitori di fiducia, che hanno giurisdizione esclusivamente sui cristiani battezzati. Pertanto, nessun ebreo è stato mai condannato perché tale, mentre sono stati condannati quanti si fingevano cattolici per ricavarne vantaggi. L’Inquisizione, colpendo una percentuale ridotta di conversos, certifica che tutti gli altri sono veri convertiti, che nessuno ha il diritto di discriminare o di attaccare con la violenza.
La portata di tale impresa — che costituisce una nazione spiritualmente compatta di fronte alla Francia lacerata dalle guerre di religione, all’Inghilterra sulla strada dell’eresia e al sultano difensore del mondo islamico — non può essere sottovalutata, tanto più che l’Inquisizione godette sempre di grande popolarità presso gli spagnoli di tutti i ceti, per i quali era il simbolo di quanto costituiva l’identità del paese, cioè la fedeltà incondizionata al cattolicesimo.
D. Negli anni che seguono l’istituzione dell’Inquisizione è comunque indispensabile procedere all’allontanamento degli ebrei dalla Castiglia e dall’Aragona…
R. Tale decisione è una dolorosa necessità per i Re Cattolici, che vi ricorrono obtorto collo. Preoccupati per la crescente infiltrazione dei falsi convertiti nelle alte cariche civili ed ecclesiastiche e dalle gravi tensioni che indeboliscono l’unità del paese, il 31 marzo 1492 Isabella e Ferdinando sono costretti a revocare il diritto di soggiorno agli ebrei non convertiti. Comunque, è significativo che Isabella prenda questa decisione dopo quasi vent’anni di regno e dopo che tale misura era stata adottata in Inghilterra nel 1290, in Ungheria nel 1349, in Francia nel 1394, e che in questo sia seguita solo dal Portogallo, da cui gli ebrei vengono espulsi nel 1497. Quindi non si tratta di un atto di intolleranza religiosa, ma un di provvedimento di natura politica, adottato per motivi di legittima difesa. Il professor Luis Suarez Fernandez, dopo aver studiato in modo accurato l’argomento, sul quale ha raccolto ben 266 documenti — che costituiscono, con una Introduzione, il volume IX della documentazione della causa —, ritiene che i due sovrani sperassero nella conversione della grande maggioranza degli ebrei e nella loro permanenza sul posto: perciò fecero precedere il provvedimento da un’intensa campagna di evangelizzazione.
L’ultimo episodio della Reconquista
D. La tensione verso l’unità religiosa, tanto più comprensibile in un’epoca nella quale l’appartenenza dei cittadini alla stessa fede è l’elemento fondante delle nazioni, anima anche la lotta plurisecolare per la liberazione del territorio iberico dalla dominazione musulmana. La definitiva conquista delle ultime e ben agguerrite roccaforti andaluse è gloria di tutti gli spagnoli, ma in particolare di Isabella…
R. La regina, che nell’ultima fase della guerra vive attendata con i suoi soldati sotto le mura di Granada, è la vera protagonista della conclusione della Reconquista. Per cacciare i musulmani dal loro ultimo baluardo Isabella profonde tutte le sue energie e il suo denaro, fa costruire strade e città, assolda truppe scelte, allestisce i primi ospedali da campo e i lazzaretti, provvede all’assistenza dei feriti e dei malati.
La vittoria sui musulmani, sancita dalla resa di Granada il 2 gennaio 1492, dopo dieci anni di combattimenti, è l’evento più importante della politica europea del tempo e giustamente suscita un giubilo infinito in tutto il mondo cristiano.
L’accordo di capitolazione garantisce esplicitamente ai musulmani la libertà di culto e il rispetto dei loro costumi tradizionali, ma Isabella mira a trasformare l’ex emirato in una terra cristiana. Allo scopo rinuncia al suo confessore, il gerolamino Fernando de Talavera, perché sia nominato arcivescovo di Granada. Questi si impegna con ardore nell’evangelizzazione della popolazione locale, guadagnandosi la fiducia e il rispetto di una parte di essa; ma, di fronte alla sfida armata dei più riottosi, i Re Cattolici ritengono violato l’accordo di capitolazione e nel 1502 i mori non convertiti di Granada — solamente quelli di Granada — vengono espulsi da tutta la Spagna.
La scoperta e l’evangelizzazione dell’America
D. Nella storia dei regni cristiani della penisola iberica sono sempre presenti due componenti: lo spirito di crociata e la passione missionaria, la spada e la croce. Dopo la conclusione della Reconquista la Provvidenza, attraverso due avvenimenti — nel 1492 la scoperta dell’America e nel 1496 il matrimonio di Giovanna di Castiglia con Filippo d’Asburgo, da cui nasce il futuro imperatore Carlo V — affida alla Spagna un’altra grande missione: difendere e diffondere il messaggio di Cristo in Europa e nel mondo…
R. Isabella sostiene la spedizione di Cristoforo Colombo con la speranza di condurre altri popoli alla vera fede. L’avvenimento del 12 ottobre 1492, del tutto casuale e imprevisto, è in sé irrilevante di fronte alle conseguenze che ne derivano. L’evangelizzazione delle Americhe, per le sue dimensioni, trova paralleli — e ha una portata forse superiore — soltanto nella conversione del mondo greco-romano e nella nascita della Cristianità medioevale dopo l’impatto con i popoli germanici e slavi.
Forse nessuna nazione ha superato la Spagna nella preoccupazione per le anime dei suoi nuovi sudditi. Isabella e i suoi successori non badano a spese né a difficoltà per onorare gli impegni con Papa Alessandro VI, che aveva concesso ai sovrani il diritto di patronato sulle nuove terre — governate come provincie e non come colonie — in cambio di precisi doveri di evangelizzazione. L’incontro fra popoli così diversi, come gli indo-americani e gli iberici, è perciò molto fecondo, e determina la nascita di una nuova e originale civiltà cristiana, che può essere rappresentata dal volto meticcio della Madonna di Guadalupe. Oggi la metà dei membri della Chiesa cattolica abita il continente ibero-americano, definito da Papa Giovanni Paolo II — nella lettera apostolica Los caminos del Evangelio, del 29 giugno 1990 — “il Continente della speranza”.
D. Isabella, che già nel 1478 aveva fatto liberare gli schiavi dei coloni nelle Canarie, proibisce subito la schiavitù degli indigeni nel Nuovo Mondo e la decisione viene rispettata da tutti i suoi successori…
R. Con la “cedola” reale dell’anno 1500 e con il suo testamento Isabella garantisce il diritto degli indios alla vita e alla libertà e sancisce il divieto delle conversioni forzate, anticipando i contenuti della bolla pontificia Sublimis Deus, emanata da Papa Paolo III nel 1537, e ponendo le basi del “diritto delle genti”, sviluppato negli anni successivi dalla scuola di Salamanca.
Inoltre, la regina, incoraggiando i matrimoni fra vecchi e nuovi sudditi, promuove un’autentica integrazione razziale, che si realizza sotto il segno del cattolicesimo, senza incontrare le difficoltà proprie della colonizzazione di marca protestante. Anche la tratta dei neri interessa solo marginalmente le regioni governate dalla Spagna, come d’altronde è facile rilevare confrontando le popolazioni della zona andina, a grande maggioranza india, e della zona più meridionale, popolata da europei, con quelle del Sud degli Stati Uniti, della regione caraibica e del Brasile, caratterizzate da una massiccia presenza di neri.
D. Come trascorrono gli ultimi anni di vita della regina?
R. Alla fine del 1494 Papa Alessandro VI concede a Ferdinando e a Isabella il titolo di Re Cattolici come ricompensa per le loro eminenti virtù, per lo zelo in difesa della fede e della Sede Apostolica, per le riforme apportate nella disciplina del clero e degli ordini religiosi, e per la sottomissione dei mori.
La regina, nonostante le gravi sventure familiari che funestano gli ultimi anni della sua vita — la scomparsa dell’unico figlio maschio, Giovanni, della giovane figlia Isabella, del nipotino Michele, nonché l’offuscamento della mente della figlia Giovanna — non viene mai meno ai suoi gravosi doveri. Combattiva fino all’ultimo e confortata da una fede eroica, muore a Medina del Campo il 26 novembre 1504.
La causa di beatificazione
D. Perché soltanto in tempi recenti si è giunti all’istruzione di un formale processo di canonizzazione per Isabella di Castiglia?
R. Un cronista dell’epoca riferisce che alla morte della regina “non vi fu un buono che non piangesse né un cattivo che non si rallegrasse”. Sembrò quindi opportuno soprassedere all’apertura di una causa di beatificazione in attesa che il tempo facesse decantare le passioni, anche se presso i contemporanei era quasi unanime il plauso per le virtù di Isabella e l’ammirazione per la sua vita esemplare.
La diffusione della “leggenda nera” sulla Spagna cattolica, le guerre di religione, la difficoltà di consultare i documenti necessari per indagare sui punti ritenuti oscuri nella vita della regina rappresentarono altri ostacoli all’apertura di una causa regolare.
Ma la fama di santità di Isabella cresce nel corso dei secoli e aumenta con il procedere dell’indagine storica, come un fiume si ingrossa allontanandosi dalla sorgente.
Nella prima metà del secolo XX, alla luce della ricca documentazione acquisita, insigni studiosi chiedono con insistenza l’apertura di un processo di beatificazione.
Nel 1958, S. E. mons. José García Goldáraz, arcivescovo di Valladolid — nella cui diocesi si spense Isabella — incarica il canonico Vicente Rodríguez Valencia, archivista e professore di storia, di organizzare la necessaria ricerca e nomina una commissione di tre esperti.
Questi, con l’aiuto di quattordici fra ricercatori e archivisti, studiano per oltre un decennio circa centomila documenti nei principali archivi di Spagna e del Vaticano, analizzandone criticamente ben 3.160, ora raccolti in ventisette volumi.
Sulla base di questa documentazione la commissione conclude che “la più scrupolosa indagine non scopre un solo atto nella sua vita pubblica o privata che non sia di pietà e di virtù”.
D. Qual è lo stato attuale della causa di beatificazione?
R. Il 26 novembre 1971 l’arcivescovo di Valladolid istruisce il processo ordinario diocesano, che si conclude dopo la celebrazione di ottanta sessioni.
Il processo apostolico a Roma si apre il 18 novembre 1972 e, dopo quattordici anni di lavoro, è portata a termine la composizione della Positio historica, che consta di un’Informazione di 139 pagine, di 24 capitoli sulla vita della serva di Dio, di un capitolo sulla fama di santità — esaminata attraverso 150 testimonianze qualificate, raccolte nell’arco di cinque secoli — e di quattro indici — bibliografico, onomastico, topografico e generale—, per un totale di 1.074 pagine.
Gli aspetti storici della Positio sono stati sottoposti all’esame di sei consultori della Congregazione delle Cause dei Santi, che nella riunione del 6 novembre 1990 approvano un parere unanime e molto positivo sul valore della documentazione come base per giudicare delle virtù della regina Isabella.
Ora gli atti devono essere trasmessi a una commissione teologica, che si pronuncerà sul merito della causa. Se il giudizio sarà favorevole, la Congregazione esprimerà il suo parere al Papa, al quale è riservata la decisione sulla eroicità delle virtù e la dichiarazione di venerabilità.
Allo stato attuale non si può parlare di beatificazione, perché manca il miracolo necessario, a meno che non si voglia considerare come tale il perdurare degli effetti benefici del regno di Isabella nella Chiesa e nel mondo.
D. È noto che dagli Stati Uniti e dal Canada, nazioni di cultura non ispanica, sono pervenute a Roma circa ventimila lettere postulatorie, volte a sollecitare la beatificazione della serva di Dio. Allo stesso scopo è stato costituito un Comitato Promotore della Causa, composto da una cinquantina di cardinali — fra i quali il colombiano Alfonso López Trujillo, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, e il venezuelano Rosalio José Castillo Lara S.D.B., presidente dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica e della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano —, arcivescovi e vescovi di diverse nazionalità e di personaggi illustri del mondo cattolico.
Nonostante queste autorevoli sollecitazioni l’iter del processo ha subito un rallentamento. È stato detto che la beatificazione di Isabella la Cattolica ostacolerebbe il dialogo ecumenico…
R. Non si deve mai dimenticare che nella pratica dell’ecumenismo la Chiesa non può rinunciare alla sua identità né trascurare i doveri inerenti alla sua missione, come hanno ribadito, in tempi recenti, Papa Paolo VI e Papa Giovanni Paolo II. Quest’ultimo non ha esitato a beatificare Edith Stein nonostante la protesta di alcuni settori dell’ebraismo, e numerosi martiri della Rivoluzione del 1936 in Spagna, ignorando l’opposizione del governo socialista di tale paese. La Chiesa non dovrebbe rimanere in silenzio nella ricorrenza del quinto centenario della scoperta dell’America perché è merito di Isabella, sua figlia fedelissima, la civilizzazione cristiana di quel continente.
Un modello per i nostri tempi
D. Quali insegnamenti possiamo trarre oggi dalla vita della regina Isabella, che potrebbe essere la prima sovrana beatificata dopo i re santi del Medioevo?
R. La Positio historica, pur rilevando l’assenza di fenomeni mistici straordinari in Isabella, la descrive come un’autentica contemplativa nell’azione, che ha saputo coniugare la pratica delle virtù cristiane con il difficile esercizio dell’azione di governo. Isabella ha intrapreso il cammino della santità proprio con il compimento puntuale dei suoi doveri di regina e ha mostrato che la vera missione dei reggitori degli Stati è di stabilire la pace e l’armonia fra i cittadini, affinché possa sbocciare la carità nelle anime e nelle società. È quindi anche modello di vita per i laici, ai quali insegna come devono procurarsi il Regno di Dio trattando le cose temporali, anche le più impegnative. Inoltre, è modello di virtù per le famiglie, come figlia, sorella, sposa fedele, madre sollecita e premurosa di cinque figli, ai quali si è dedicata senza trascurare i doveri di governo. In questo senso è anche modello di squisita femminilità, secondo l’insegnamento della Chiesa, ribadito da Papa Giovanni Paolo II con la lettera apostolica Mulieris dignitatem, del 30 settembre 1988. Ma il suo principale insegnamento sta nella sollecitudine per l’impegno missionario, che anima tutte le sue grandi imprese e che induce a proporla come modello della prima e della seconda evangelizzazione del mondo in genere e dell’Europa in specie.
a cura di
Francesco Pappalardo