Luigi Casalini, Cristianità 369 (2013)
Un bel ritorno, dopo alcuni anni: quanti sono i sacerdoti cattolici, i vescovi o le religiose in Italia? Quali associazioni aspirano a rappresentare i musulmani italiani? A quali indirizzi trovare le aggregazioni nazionali delle molteplici comunità protestanti e le singole Chiese pentecostali? Quali siti Internet, caselle di posta elettronica, numeri di telefono corrispondono alle diverse organizzazioni buddhiste, induiste e sikh in Italia? Ma anche: quanti sono veramente i satanisti italiani? Quali gruppi praticano l’occultismo, lo spiritismo, la magia cerimoniale? Dove incontrare movimenti che mettono insieme i dischi volanti e il marxismo? Che cos’è l’Associazione per lo Sbattezzo? Quali antipapi pensano di essere il “vero” Papa cattolico? Chi sono, dove hanno sede, da dove originano la Chiesa del Vangelo Quadrangolare, il Santo Ordine dei Cherubini e Serafini, la confraternita sufi dei Layennes, il Movimento Odinista-Ásatrú, la Fratellanza Solare degli Intic Churincuna, la Chiesa Universale e Trionfante?
Fin dalla sua fondazione, nel 1988, il CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni, di Torino, ha dedicato una parte rilevante delle sue energie e attività alla mappatura delle religioni e delle vie spirituali nel mondo e in Italia. Primo importante risultato è stato, nel 2001, l’uscita della prima edizione dell’Enciclopedia delle religioni in Italia (cfr. la recensione in Cristianità, anno XXIX, n. 307, settembre-ottobre 2001, pp. 25-26), cui è seguita una seconda edizione nel 2006 e ora — presentata il 29 aprile 2013 — la terza edizione interamente riveduta e considerevolmente ampliata: duecento pagine in più rispetto alla prima e cento rispetto alla seconda, e 836 schede anziché 658, disposte anche in modo parzialmente diverso. Il testo è inoltre costantemente tenuto aggiornato sul sito del CESNUR, all’indirizzo <http://www.cesnur.org/religioni_italia>.
Fra le numerose recensioni pubblicate finora — tutte indicizzate nel sito anzidetto —, vanno ricordate quella su L’Osservatore Romano, dell’8 maggio 2013 — dove si segnala “il carattere innovativo della ricerca” —, su Avvenire, del 5 giugno 2013 — dove Cesare Cavalleri scrive: “Ci sono libri che uno si domanda […] com’è possibile che siano stati scritti, e quanto tempo c’è voluto. Uno di questi (libri) è l’Enciclopedia delle religioni in Italia […]. È un’opera poderosa, che spaventa al solo guardarla (è il tremendum teorizzato da Rudolf Otto, sgomento che assale al cospetto del sacro), perché preparare un lavoro così documentato, così dettagliato, sembra un’impresa quasi sovrumana” — e sul Corriere della Sera, del 25 agosto 2013, che per firma di Guido Ceronetti parla della “meravigliosa Enciclopedia delle religioni in Italia”.
Gli autori e coordinatori dell’opera sono Massimo Introvigne e PierLuigi Zoccatelli, rispettivamente direttore e vice direttore del CESNUR. Introvigne è sociologo e storico delle religioni di fama internazionale, fondatore del CESNUR e responsabile nazionale vicario di Alleanza Cattolica, nonché autore di sessanta opere e di oltre cento articoli pubblicati in riviste accademiche internazionali sulla nuova religiosità, il pluralismo religioso contemporaneo e il magistero pontificio; nel 2011 è stato rappresentante dell’OSCE, l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, per la lotta contro il razzismo, la xenofobia e l’intolleranza e la discriminazione contro i cristiani e i membri di altre religioni; dal 2012 è coordinatore dell’Osservatorio della Libertà Religiosa promosso dal Ministero degli Esteri italiano e da Roma Capitale. Zoccatelli, pure di Alleanza Cattolica, oltre alla sua attività di vicedirettore e ricercatore residente del CESNUR, è membro — fra l’altro — della sezione “Sociologia della Religione” dell’Associazione Italiana di Sociologia e della ESSWE, la European Society for the Study of Western Esotericism; è autore, da solo o con altri — i suoi scritti sono stati pubblicati in undici nazioni e sette lingue —, di diciotto volumi; ha partecipato con singoli saggi a ventisei opere; ha redatto una trentina di articoli per riviste specializzate e ha curato la pubblicazione di circa sessanta titoli.
Per la realizzazione dell’Enciclopedia i due direttori dell’opera si sono avvalsi di una folta schiera di collaboratori, fra cui vanno in particolar modo segnalati Raffaella Di Marzio e Andrea Menegotto, oltre a vari specialisti internazionali nello studio della nuova religiosità: gli statunitensi John Gordon Melton e Michael Homer, lo svizzero Jean-François Mayer, il belga Karel Dobbelaere e l’italiano Luigi Berzano.
L’opera offre un’ampia Introduzione (pp. 3-22), estremamente interessante per valutare lo “stato dell’arte” delle religioni in Italia. Con riferimento all’enciclica Fides et ratio del 1988 del beato Giovanni Paolo II (1978-2005) — un testo tante volte richiamato dal suo successore Benedetto XVI (2005-2013) —, vi si osserva che con il passaggio all’epoca cosiddetta postmoderna “[…] si sono determinati “cambiamenti significativi e durevoli” anche nel settore della religiosità” (p. 4). Citando ampiamente le analisi sulla secolarizzazione del teologo battista americano Harvey G. Cox — svolte dal 1965 ai giorni nostri —, gli autori puntualizzano che “[…] la secolarizzazione è semmai avvenuta all’interno delle religioni […] che la sua visione oggi è piuttosto quella di una “cosmopoli” dove coesistono forme diverse di secolarizzazione, di modernità, di ritorno del religioso che vivono insieme e si alternano in quella che il teologo definisce non una sinfonia ma una seduta di jazz, che “non si basa su uno spartito”, “non ha un conduttore che la guida con la sua bacchetta” e dove ciascuno improvvisa sulla base di come hanno improvvisato altri” (ibidem).
Chi ritiene che oggi la secolarizzazione sia in diminuzione, si riferisce a una nozione cosiddetta “quantitativa” — l’interesse sempre minore delle persone per la sfera del religioso —, ma se la si intende come un processo prevalentemente “qualitativo” — la religione interessa molti, ma non determina le scelte culturali, politiche e sociali —, allora “[…] è ancora saldamente fra noi” (p. 5). Il fenomeno del ritorno al religioso, secondo gli autori, non può essere ignorato, ma occorre “[…] determinare, con maggiore precisione, quale tipo di religioso “ritorni” nell’epoca postmoderna. Nel suo volume Fire from Heaven, Cox metteva al centro della sua indagine e considerava come il maggior “segno dei tempi” per il ritorno del religioso, la corrente pentecostale-carismatica nel cristianesimo, e considerava quindi caratteristiche salienti del nuovo accostamento al sacro l’interesse per i segni, i miracoli, le guarigioni, la demonologia, l’escatologia, la fine del mondo” (ibidem). Questi interessi sono paralleli alla diminuzione di consenso di massa nei confronti della scienza, sceso ai livelli più bassi da secoli in parallelo al crescente consenso popolare per le medicine alternative.
Ma come si manifesta questo tentativo di “reincanto del mondo” e chi ne beneficia? Anzitutto, ricordano gli autori, “[…] non è del tutto vero che il ritorno del sacro si verifichi completamente al di fuori delle religioni maggioritarie e delle Chiese storiche” (p. 6). Esse “tengono” ancora. All’interno delle stesse religioni tradizionali vi sono movimenti con ritmi di crescita esponenziali. I cosiddetti “fondamentalismi” — soprattutto all’interno dell’islam — nonché, in ambito cristiano, le comunità carismatiche e pentecostali, che contano oggi centinaia di milioni di fedeli, ne sono due esempi evidenti. D’altro canto, non è meno vero che al di fuori delle grandi religioni storiche si riscontra un significativo ritorno al sacro. Quindi, a essere cambiate sono le “condizioni del credere”: “Mentre un tempo l’opzione per così dire di default per un giovane che iniziava la sua vita adulta era quella d’inserirsi in un contesto di religione e di Chiesa e di considerare questo contesto importante, oggi l’opzione di default è la lontananza dalla religione istituzionale, cui ci si può certamente riavvicinare ma agendo in controtendenza rispetto all’ambiente sociale” (ibidem).
L’Introduzione ricorda inoltre che non esiste, quantitativamente, un’”invasione delle sette”: il numero dei loro aderenti rimane ancora molto contenuto — meno dell’un per cento degli italiani —, al punto che, più che d’invasione delle sette, in alcuni casi si dovrebbe parlare d’”invasione delle sigle”. Se però si comprendono tutte le minoranze religiose in Italia — ovvero anche quelle degl’immigrati e il mondo pentecostale, che conta circa il 70 per cento dei protestanti italiani, nonché quelli ortodosso, islamico, sikh, buddhista, e così via — si sale attorno al 7,6 per cento, e al 2,5 per cento circa se si considerano “solo” i cittadini italiani. Emerge dai dati una spettacolare avanzata dei cristiani ortodossi — 163 parrocchie solo per gli ortodossi rumeni — e una centralità dell’islam come seconda religione dopo quella cattolica (cfr. le tabelle alle pp. 8-12).
Occorre però verificare quanti sono effettivamente influenzati dalle nuove religioni e vie spirituali senza farne parte: dai “clienti e fruitori” dei corsi e della spiritualità New Age e Next Age all’influenza delle tesi reincarnazioniste veicolate principalmente dal piccolo movimento degli Hare Krishna. In tal senso, diventa sempre più difficile distinguere fra le cosiddette “nuove religioni” e le vecchie religioni: “Dove si situa il confine fra “nuove” — o “emergenti” — religioni è infatti sempre meno chiaro: gli Hare Krishna, per esempio, sono una forma contemporanea di un movimento devozionale indiano cinquecentesco o un nuovo movimento religioso? Dopo quanti anni o secoli di vita religioni che contano svariati milioni di aderenti come Tenryko, i mormoni o i Testimoni di Geova devono smettere di essere chiamate “nuove”?” (p. 15). Difficoltà metodologiche come quelle menzionate vanno di pari passo alla difficoltà sempre maggiore di dare una “vera” definizione di “religione”: “[…] non esiste oggi, nelle scienze sociali, una definizione condivisa di “religione”. Le definizioni che fanno riferimento a un Dio personale e quelle che insistono su una distinzione fra una sfera del sacro e una del profano sono ormai minoritarie. […] Il punto di partenza da cui la ricerca muove è che tutti gli usi della controversa etichetta “religione” sono result-oriented, “orientati a un risultato”: e il risultato che qui si vuole ottenere è documentare la vasta area del “campo religioso”, quel complesso di credenze, aspirazioni, relazioni con il sacro, risposte alle “domande ultime”” (pp. 16-17).
Secondo i dati forniti dagli autori, le persone che si dichiarano atee o non religiose sono ancora una piccola minoranza in Italia: rispettivamente attorno al 5 e al 10 per cento (cfr. pp. 18-19). Al giorno d’oggi è semmai il “credere senza appartenere” — il believing without belonging, secondo la formula resa celebre dalla sociologa britannica Grace Davie nello studio Religion in Britain since 1945. Believing without Belonging(Blackwell, Oxford 1994) — la più grande forma di approccio al fenomeno religioso, soprattutto in buona parte dei Paesi europei occidentali: e in effetti circa il 40 per cento degl’italiani dichiara di non appartenere propriamente ad alcuna comunità religiosa. Tuttavia, in alcuni Paesi — si vedano Israele, la Polonia prima della caduta del comunismo, parti del mondo cattolico nell’Irlanda del Nord (e forse anche il fenomeno italiano degli “atei devoti”?) — si verifica il fenomeno opposto, l’”appartenere senza credere” — belonging without believing —, persone cioè che spesso non credono neppure in Dio, ma che frequentano riti religiosi o addirittura si dichiarano religiose per riaffermare una determinata appartenenza. Si assiste dunque a un modo “multiplo e diverso” di appartenenza religiosa. In molti Paesi occidentali nasce così il fenomeno delle “appartenenze vicarie”, “[…] per cui anche chi partecipa molto raramente ai riti religiosi spesso sostiene con il suo appoggio “culturale” i praticanti” (p. 18). Esso diventa una forma postmoderna di “appartenenza tramite terzi” (ibidem).
Infine, quanti sono veramente i praticanti in Italia? Se si vuol dare ascolto alle ultime ricerche statistiche, circa il 30 per cento dichiara di frequentare le funzioni religiose in maniera regolare e un altro 16 per cento dichiara di frequentarle in maniera quasi regolare. Va però considerato come si debba tenere conto, almeno in Italia, di un certo over-reporting, per cui non tutti quelli che dichiarano di andare a Messa ogni domenica nella realtà ci vanno, come documenta una recente ricerca condotta in Sicilia proprio dai due direttori dell’Enciclopedia (cfr. La Messa è finita? Pratica cattolica e minoranze religiose nella Sicilia Centrale, Salvatore Sciascia Editore, Caltanissetta-Roma 2010).
Riguardo al corpo principale dell’Enciclopedia, ossia le schede vere e proprie, il materiale non è stato suddiviso per ordine alfabetico, ma per famiglie spirituali, arricchite da ampie introduzioni di carattere storico e dottrinale. Ogni voce reca — ove esistente — una bibliografia aggiornata e riferimenti a siti internet, indirizzi di posta elettronica e numeri telefonici. Per le realtà religiose o spirituali presenti in Italia in maniera organizzata si è fatto riferimento alla presenza o meno di membri italiani, non necessariamente di sedi o di chiese, laddove necessario indicando la sede internazionale.
Complessivamente, le schede contenute nell’Enciclopedia sono suddivise in quaranta famiglie, comprendendo anche le due appendici, rispettivamente sulle famiglie massoniche e sui cosiddetti “religiosamente irreligiosi”, come per esempio l’UAAR, l’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti.
Dopo la prima famiglia religiosa, cioè l’ebraismo con le sue derivazioni (pp. 25-38), una parte significativa dell’opera è dedicata all’universo cristiano, suddiviso nei capitoli su Chiesa Cattolica: centro, periferie e scismi (pp. 39-120), sul cristianesimo ortodosso (pp. 121-149) e sul protestantesimo inteso in tutte le sue diramazioni, varianti e derivazioni (pp. 151-536). All’islam e ai movimenti di origine islamica sono riservati tre corposi capitoli (pp. 537-600), mentre a tutte le vecchie e nuove religioni di derivazione orientale — induismo, buddhismo, giainismo, sikhismo, zoroastrismo e i vari gruppi derivati, compresi quelli di origine cinese e giapponese — sono dedicate quasi trecento pagine (pp. 601-871).
Dopo una breve panoramica sul neo-paganesimo (pp. 873-905), si entra nel mondo variegato della magia, dello spiritismo e dell’esoterismo (pp. 907-1068), vengono presentati brevemente i vari movimenti sui dischi volanti (pp. 1069-1088) e si osserva il mondo del satanismo (pp. 1089-1104). Le religioni del potenziale umano — è il caso della Chiesa di Scientology — e la galassia del New Age e del Next Age concludono il percorso (pp. 1105-1181), seguite da due appendici (pp. 1183-1201). Un ricco indice alfabetico delle voci enciclopediche (pp. 1203-1216) e un indice generale (pp. 1217-1239) facilitano la ricerca dell’immenso materiale elaborato.
Una piccola nota a margine: sarebbe importante che anche le biblioteche pubbliche e private, ma anche prefetture, questure e giornali, acquistassero quest’opera preziosa. Tanti errori e tante ricerche inutili potrebbero essere evitati.
Luigi Casalini