Giuseppe Card. Siri, Cristianità n. 84 (1982)
Lettera pastorale per la Quaresima 1982, trascritta da settimanale cattolico, anno VIII, n. 8, 21-2-1982.
Invito alla Confessione
Cari sacerdoti, cari fedeli!
Un dovere almeno annuale che grava su tutti i Battezzati è quello di confessarsi. La Chiesa, la Chiesa tutta, rappresentata nel Sinodo dei Vescovi, tratterà della Riconciliazione. Questo termine indica appunto la Confessione. Lasciate dunque che se ne parli.
Chi ha voluto il Sacramento della Penitenza?
Gesù Cristo, non altri. Ne ha parlato in termini generali, sia rivolto a Pietro (Matt. 16, 18) sia agli apostoli (ib. 18, 18) l’ha esplicitamente descritto e concesso a tutto il mondo, sino alla fine dei secoli nel giorno stesso della Risurrezione (Gio. XX, 22 ). L’analisi delle parole pronunciate allora, rivela che tale sacramento va conferito in forma giudiziaria il che esige la confessione o manifestazione dei peccati commessi.
Con che scopo Gesù ha istituito il Sacramento della Penitenza? Per togliere i peccati nostri, dato che questi separano da Dio in modo per noi dannoso, e, se sono gravi ci tolgono il diritto alla eternità felice.
La stima per il Sacramento della penitenza, sotto un certo aspetto dipende dalla valutazione che si ha del peccato. Bisogna parlare molto di questo. È l’infrazione della Legge di Dio. Egli ci ha creati e ci ha data una Legge morale, perfezionata e completata nel Vangelo. L’obbligazione verso questa legge deriva dal fatto che Egli ci ha creati, che Egli è presente sempre, che ci giudicherà alla nostra inevitabile morte e ci giudicherà secondo quello che avremo fatto nella vita e lo stato nel quale ci presenteremo a Lui.
Che si tenti di negare tutto questo, non muta le cose. I peccati rimangono e, se sono gravi, ci riserbano la pena eterna. Per andare all’Inferno non occorre affatto crederci; in tal caso ci si va anche meglio.
Questi sono i termini terribili nei quali va iscritto il concetto di peccato. Brutta cosa averne, perché il peccatore è un ribelle a Dio, a tutto l’ordine creato, ignominioso dissono dinanzi a tutta la realtà, che sta oltre la breve e fuggevole apparenza di questo mondo. In questo stato non si può portare alta la fronte e il peggio incombe, anche se la misericordia di Dio attende ed aiuta a salvarsi.
La valutazione del peccato diventa più grave messa nella prospettiva della morte improvvisa, che minaccia tutti. Non è possibile sopportare il pensiero di presentarci a Dio privi di quella grazia, che ci fu data nel Battesimo, aumentata con tutti i Sacramenti…
Togliere il peccato è la più grave questione per chi ne è macchiato, come è la ragione della passione e morte di Gesù Cristo, Salvatore del mondo!
Ora tutto questo non si toglie senza il sacramento della Penitenza. Esso resta l’unica porta. Infatti, anche se con un serio atto di contrizione perfetta si può ottenere intanto il perdono, questo non lo si raggiunge se non colla volontà di confessarsi appresso. Senza questa volontà esistente in qualche modo anche implicito nessun atto di contrizione vale a togliere il peccato.
Si dirà: ma questo non vale per il peccato leggero, quello che non viola la Legge divina in modo sostanziale. È esatto. Ma anche in tal caso la confessione sia pure con diversa istanza si richiede, perché restano gli altri effetti suoi: l’aiuto dato in seguito al sacramento per non peccare, l’aumento del valore presso Dio (grazia santificante e grazia attuale), la illuminazione dell’intelletto, il conforto, la guida spirituale.
Si sa di tutte le idee perverse diffuse a piene mani in questi anni; ma, attenti bene, se qualcuno vi dice che non occorre confessarsi, vi inganna, non ascoltatelo. È un traditore. Se alcuno vi dicesse che abitualmente o sempre non occorre vi confessiate, anch’egli vi inganna, perché restano sempre veri e la remissione dei peccati veniali e gli altri effetti, che abbiamo or ora enumerati.
Ma i Confessori?
La esortazione più ferma e più severa la rivolgo a loro. Essi hanno il dovere (tutti i sacerdoti) di prestarsi, alle note condizioni, per il ministero delle Confessioni. Sappiano che non possono sentirsi tranquilli per il tribunale di Dio, anemizzando su questo punto il loro ministero o trascurando di farlo colla necessaria preparazione e la vera serietà,
A loro ricordo la Lettera pastorale del 17 dic. 1967. [Cfr. CARD. GIUSEPPE SIRI, Il sacramento della penitenza, lettera pastorale del 17-1 2-1967, in IDEM, Non per noi Signore. Lettere pastorali, Stringa, Genova 1971, vol. II, pp. 577-614].
La rimeditino e organizzino secondo i consigli dati, non solo la possibilità di confessarsi per tutti i fedeli, ma la facilità. Il Signore li assisterà!
Ma Voi tutti pensate alle anime vostre!
† Giuseppe Card. Siri