La bellezza delle biblioteche riflette l’importanza della custodia del patrimonio librario, fonte di conoscenza e cultura.
di Susanna Manzin
Le biblioteche antiche sono spesso caratterizzate da architetture magnifiche che destano stupore e ammirazione: scaffali di legno intarsiato, soffitti affrescati, quadri, vetrate, stucchi e colonne rendono quegli ambienti non un semplice deposito ben organizzato di libri e manoscritti, ma un capolavoro di magnificenza. Il sapere umano è contenuto in quei volumi e la bellezza riflette l’importanza sacrale del luogo, tempio di cultura. Nelle biblioteche si legge, si studia, si ricopiano testi antichi: la sapienza che aleggia in esse merita cura dell’arte figurativa. Sono molti gli esempi che possono essere riportati, come la Biblioteca Vaticana e quella Marciana di Venezia, ma mi limito a tre di esse perché le ho visitate e posso dare testimonianza personale della loro bellezza e dello stupore che suscitano nel visitatore.
Cominciamo dal Trinity College di Dublino, l’università dove si è laureato Edmund Burke (1729 – 1797), l’autore delle Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia: l’ateneo lo ha omaggiato erigendo una sua statua davanti all’ingresso. La biblioteca custodisce 4,5 milioni di libri, antichi e moderni. La sala più spettacolare è la Long Room (immagine in evidenza) , lunga 65 metri con altissimi scaffali e un soffitto di travi di legno di quercia. Tra uno scaffale e l’altro sono collocati busti di insigni scrittori. L’opera più preziosa è il Book of Kells, manoscritto miniato realizzato nel IX secolo da monaci irlandesi, una grande opera d’arte per l’eccellenza della tecnica e la bellezza artistica. Contiene il testo dei quattro Vangeli in latino, accompagnato da note esplicative, il tutto corredato da numerose illustrazioni e miniature riccamente dipinte. Il libro è in mostra permanente, custodito sotto teca, con un’attenzione speciale alla sua conservazione per impedirne il deterioramento. Una mostra introduttiva permette di conoscere nei dettagli la preziosità del Book of Kells.
L’Abbazia di San Gallo è legata anch’essa all’Irlanda: il santo che ne è stato il fondatore (550 – 645) è uno dei compagni di San Colombano (540 – 615), con lui ha viaggiato per tutta l’Europa, dando un esempio di quello straordinario movimento di evangelizzazione del nostro continente di cui sono stati protagonisti i monaci dell’Isola di Smeraldo. Presso il Lago di Costanza San Gallo si ammala e non se la sente di proseguire il viaggio, decide quindi di fermarsi mentre San Colombano continua la sua peregrinazione che si concluderà a Bobbio, in provincia di Piacenza, dove morirà. L’abbazia da lui fondata diverrà un importante centro spirituale del Nord Italia e la sua tomba, tuttora conservata con tutti gli onori, è meta di pellegrinaggi. Ma torniamo a San Gallo, che avendo deciso di non proseguire il suo cammino, si ritira in eremitaggio. Qui, ben presto, come accade spesso ai grandi santi, alcuni compagni si uniscono a lui dando luogo al primo nucleo di una comunità monastica che da lì a poco fonderà l’abbazia che porta il suo nome, centro spirituale e culturale di massima importanza per l’intera regione.
La fama dell’Abbazia di San Gallo è legata soprattutto alla maestria dei suoi amanuensi, che realizzano meravigliosi manoscritti miniati,e alla biblioteca ampiamente fornita di volumi che per secoli hanno attirato studiosi da tutta Europa. La meravigliosa sala barocca che custodisce questo patrimonio librario è un tripudio di stucchi, decorazioni, artistiche lavorazioni del legno ed è considerata una tra le più belle sale bibliotecarie del mondo. Molto pregiato anche il pavimento di legno intarsiato. Conserva una vasta collezione di manoscritti antichi, circa 1200 di cui 400 risalenti al periodo precedente al primo millennio, alcuni dei quali, a rotazione, sono resi visibili ai visitatori nelle teche poste al centro della sala. La tempesta delle soppressioni dei monasteri durante le Rivoluzioni dell’Ottocento ha colpito anche l’abbazia di San Gallo, che oggi purtroppo non vede più la presenza di monaci ma per fortuna la sua biblioteca è stata preservata, ed è ora di proprietà della comunità cattolica del Cantone svizzero, a perenne testimonianza della cultura monastica. Sopra la porta d’ingresso, è posta l’inscrizione «psyches iatreion» (farmacia dell’anima in greco antico), bellissima definizione della cultura trasmessa attraverso i libri.
L’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore, nei pressi di Siena, è nota per la sua chiesa barocca, riccamente decorata, con gli scranni del coro di legno intarsiato, per gli affreschi del suo chiostro, che ritraggono episodi della vita di San Benedetto e di altri monaci, per il bellissimo refettorio e la solenne sala capitolare. Anche in questo caso, la biblioteca è stata realizzata con cura artistica, in stile rinascimentale a tre navate con i capitelli delle dodici colonne magistralmente scolpiti. L’ambiente è luminoso, per consentire a chi legge e studia di sfruttare al massimo la luce del giorno. Purtroppo, la soppressione dell’ordine nel 1809, nella furia anticattolica delle guerre napoleoniche, ha causato la dispersione del deposito librario, che conteneva preziosi volumi, ma quando i monaci riuscirono a riprendere possesso del monastero si impegnarono a ricostruire la biblioteca procurandosi volumi da altre abbazie che erano state a loro volta soppresse ma i cui volumi non erano andati perduti. Non bisogna dimenticare questa pagina drammatica della nostra storia, che ha visto l’odio anticattolico colpire duramente questo patrimonio religioso e culturale, quasi a volere cancellare il contributo che il monachesimo ha dato alla cultura europea. La biblioteca di Monte Oliveto ha anche una particolarità: l’architetto, sapendo che in quel luogo si studia e bisogna favorire il silenzio, ha realizzato un ambiente nel quale l’acustica possa favorire questo silenzio, disperdendo ogni rumore. Il medesimo architetto ha realizzato anche la sala capitolare ma con un obiettivo opposto: in quell’ambiente chi parlava doveva farsi sentire bene, e pertanto le volte sono state realizzate in modo da amplificare il suono. La guida che ci ha accompagnato nella visita ci ha raccontato un simpatico aneddoto: in occasione del Giubileo del 2000 presso l’abbazia di Monte Oliveto Maggiore si è tenuto un Capitolo generale di tutto l’ordine degli Olivetani. Considerando il gran numero di persone che si sarebbero trovate nella sala capitolare per la plenaria era stato predisposto un microfono con amplificazione. Ma appena l’abate ha pronunciato le prime parole ha dovuto subito spegnere il microfono, perché l’effetto era quello di una amplificazione assordante. Gli interventi del Capitolo sono proseguiti così senza alcun ausilio elettronico, fruendo dell’acustica naturale della sala. Eppure, qualcuno li chiama ancora secoli bui …
“Una casa senza biblioteca è come una fortezza senza armeria”: recita un antico detto. La bellezza delle biblioteche riflette l’importanza della custodia del patrimonio librario, fonte di conoscenza e cultura. All’ingresso della piccola ma fornitissima biblioteca dell’Eremo di Minucciano (Lucca) c’è una scritta: “Hic mortui loquuntur” (Qui i morti ci parlano): il libro ci permette davvero di metterci in comunicazione con chi ci ha preceduto, con la sua sapienza, nella consapevolezza che siamo nani sulle spalle di giganti.
Sabato, 11 ottobre 2025



