Marco Tangheroni, Cristianità n. 100 (1983)
Per risvegliare la intelligenza e la volontà dei cattolici italiani
Questo numero 100 di Cristianità si apre, non casualmente, con un articolo che richiama il quadro teologico entro cui la rivista si è sempre mossa: ciò non soltanto per il rispetto alla gerarchia oggettiva dei valori e delle motivazioni delle scelte redazionali, ma anche perché proprio questa coerenza dottrinale di base è stata, a mio parere, una delle ragioni che hanno permesso di compiere un così lungo e significativo cammino.
Non è nello stile né della rivista né dell’associazione di cui essa è organo e da cui essa è nata sottolineare con enfasi le proprie realizzazioni e i propri successi. Giustamente ci si è sempre ricordati dell’ammonimento evangelico sulla condizione umana di «servi inutili» ove ci si ponga in un corretto rapporto con i disegni della Provvidenza. E, altrettanto giustamente, si è spesso diffidato di quelle realtà che cercavano di apparire più grandi e più solide di quello che erano. Nondimeno una constatazione, del tutto oggettiva e serena, si impone: per undici anni, con regolarità, migliaia e migliaia di persone sono state raggiunte da un messaggio organico, articolato, non banale, caratterizzato da un tono intellettuale e da uno stile che l’associazione e la rivista si sono imposti per ragioni prima di tutto morali, di rispetto della giustizia e della verità.
Questa constatazione, che si avrebbe torto di valutare come espressione di una specie di patriottismo associativo, ha un suo particolare valore storico che — credo — può essere riconosciuto da qualsiasi osservatore un poco attento. Una continuità e una omogeneità linguistiche e categoriali, accompagnate alla regolarità dell’impegno e alla rilevanza quantitativa della diffusione, mentre già costituiscono un fenomeno in assoluto raro nel quadro della stampa non quotidiana italiana di carattere politico-culturale, appaiono poi un fenomeno eccezionale se si restringe la comparazione all’area politica e culturale cui, in senso lato, Alleanza Cattolica appartiene.
Da questo punto di vista la raccolta completa di Cristianità costituisce, con i suoi cento numeri, una realtà che può essere vista da una duplice prospettiva. Da un lato la storia della rivista consentirebbe di ricostruire, a grandi linee, come attraverso uno specchio, lo storia politica e religiosa, culturale e sociale, del nostro paese e del mondo per un intero decennio: e quale decennio, così ricco di mutamenti e di turbamenti, di accelerazioni e di apparenti pause, di enigmi storici e di problemi interpretativi! D’altra parte, grazie al costante sforzo di riflessione su tutto ciò, la storia della rivista sarebbe anche la testimonianza dell’impegno di comprensione che Alleanza Cattolica ha sempre cercato di onorare; come spettatori interessati, certo, ma anche sempre, almeno in intenzione, non come spettatori passivi, bensì come spettatori che, avendo cercato di capire, volevano, nei limiti delle loro forze e della realtà oggettiva, trasformarsi in attori, prima di tutto — ma non esclusivamente — trasmettendo a quanti potevano essere raggiunti ed erano disposti all’ascolto le informazioni disponibili e le interpretazioni elaborate.
Ho usato il condizionale perché né gli articoli che seguono — che costituiscono un minimo approfondimento dei temi più caratterizzanti la battaglia politico-culturale di un decennio — né, a maggiore ragione, questa più rapida e generale sintesi possono dirsi una storia di Cristianità. Tuttavia il lettore potrà, dal semplice abbozzo che gli viene ora offerto, avere motivi di riflessione e di ripensamento tali da indurlo a una valutazione meno superficiale del significato dell’azione di Alleanza Cattolica e della incidenza e del significato culturale di Cristianità.
Se poi egli possiede, almeno in parte, la raccolta dei numeri fino a ora usciti, potrà — mi auguro — essere indotto a un proprio percorso di rilettura, verificando concretamente e personalmente il livello qualitativo e la varietà tematica del materiale che è stato messo a disposizione della meno distratta cultura italiana e cattolica.
Espressione di un’associazione di laici cattolici Cristianità ha doverosamente rivolto una continua attenzione alla cosiddetta Chiesa del post-concilio; e non a caso l’argomento viene ripreso in altri articoli di questo stesso numero. È interessante notare che la rivista esordiva, col suo numero 0, proprio pubblicando un ampio documento della TFP cilena su L’autodemolizione della Chiesa, fattore capitale della demolizione del Cile. Né questa attenzione veniva meno in seguito, come dimostra la pubblicazione di documenti e studi, sia di carattere informativo che di carattere dottrinale, con particolare attenzione al cedimento che in larga parte degli uomini di Chiesa, a livello di base come — ahimè! — anche di vertice continuava a manifestarsi nei confronti del comunismo. Tra i numerosi esempi che potrebbero essere citati a prova di questa costante attenzione vorrei almeno ricordare, come esempio di analisi dottrinale, il saggio di Plinio Corrêa de Oliveira su La libertà della Chiesa nello Stato comunista, e a livello di analisi degli avvenimenti la intervista a suo tempo concessa da padre Floridi, uno dei massimi esperti, e avversari, della Ostpolitik vaticana.
I segni di sbandamento venivano doverosamente accolti, e con dolore. Ma si è sempre cercato di non limitarsi a una lettura esclusivamente polemica, magari con l’assunzione di un tono di inane e, alla fine, molesto lamento. Accanto all’approfondita e documentata denuncia, infatti, Cristianità ha continuamente riproposto la dottrina di sempre della Chiesa, attraverso il magistero pontificio, antologicamente ripreso o fedelmente esposto. Nella stessa linea va considerata la pubblicazione di interventi significativi e di documenti di conferenze episcopali o di vescovi e cardinali. Quando, per fare un esempio recente, è stata proposta la versione italiana dell’intervento che al gravissimo problema della catechesi aveva dedicato, in Francia, il cardinale Ratzinger, non si è stati certo mossi dal banale desiderio di uno scoop giornalistico e, per quanto ciò rientrasse nella volontà di rompere con una informazione indipendente la crosta solida del conformismo dei mezzi di comunicazione di massa, neppure la ragione fondamentale dovrebbe essere ricercata in una sola volontà documentaria rispettosa della verità. Si è anche e soprattutto voluto offrire una voce, autorevole certo, ma in particolare, in quel caso, puntuale e articolata, la quale poteva dare a vescovi, sacerdoti e laici gli elementi essenziali per una valutazione e un’analisi del tema.
Anche nei momenti e nelle occasioni più tristi e problematiche non si è voluto tacere; ma non è mai venuto meno lo spirito «romano» del nostro sensus Ecclesiae, come pure la consapevolezza dei limiti — ma anche dei diritti entro questi limiti — che caratterizzano una associazione laicale. In questo, come in altri campi, gli articoli della rivista sono sempre stati connotati da un vigile senso storico, lontano da entusiasmi miracolistici e passeggeri, ma anche da una singolare disponibilità all’ascolto e alla lettura. Basti qui ricordare lo studio di Giovanni Cantoni sulla enciclica Laborem exercens di Giovanni Paolo II, esemplare per lo sforzo di comprensione e di esposizione e quasi unico di fronte a innumerevoli giudizi sbrigativi, di vario e magari opposto segno, e agli affrettati tentativi di strumentalizzazione.
Mirando a dare il suo contributo alla formazione di una nuova classe dirigente cattolica Cristianità non ha trascurato — e sarebbe stata una grave lacuna — la battaglia spirituale. Circa l’attenzione al messaggio di Fatima — del resto motivata anche da ragioni diverse — mi limito a rimandare il lettore all’articolo che, sul tema, troverà nelle pagine che seguono. Ricorderò alcune preghiere, ricche di sostanza teologica e di forza spirituale, come le belle pagine di Verità dimenticate, tratte da autori antichi e recenti. Questa rubrica, come quella delle preghiere, Oremus, confermano la fedeltà che la rivista ha saputo conservare al suo iniziale programma: infatti Cristianità si presentava nel suo numero 0 all’insegna del trinomio «preghiera, azione, sacrificio». E in chiave di fruttuosa lezione, spirituale e storica, va fatto un accenno a un’altra rubrica, In memoriam. Una rubrica triste, in un certo senso, con il ricordo dei morti che, in diversi modi, vengono sentiti come vicini alla rivista nel vivere e nell’operare; ma — s’intende — nella serenità, tutta cristiana, di fronte alla morte.
Ma la crisi del mondo contemporaneo non può certamente essere ridotta alla sola crisi della Chiesa. Conoscendone i caratteri di unicità, totalità, universalità, Cristianità, combattendo la sua battaglia delle idee, ha cercato di coglierla nei suoi molteplici aspetti, nel nostro tempo — più che in ogni altro — sfuggenti e complessi, e quindi di affrontarla globalmente.
La consapevolezza che si tratta di una crisi che viene da lontano — anche trascurando per un attimo la sua dimensione metastorica e il suo prologo luciferino — ha portato la rivista a insistere, con particolare attenzione, sui problemi connessi alla conservazione della memoria storica. Anche in questo caso si può parlare di una duplice preoccupazione: da un lato combattere le distorsioni cui secoli di predominio di cultura rivoluzionaria hanno dato vita, dall’altro recuperare un patrimonio di avvenimenti, di personalità, di movimenti popolari; un compito che è stato assolto spesso anche con studi specifici e originali, condotti su documenti, proprio per la limitata letteratura affidabile esistente su certi temi: ricerca e difesa, insomma, delle nostre radici cristiane, come europei e come italiani, e anche ricerca di esemplarità di comportamento o di modello sociale.
Così, alla interpretazione messianico-rivoluzionaria, di matrice utopica o denigratoria, del cristianesimo primitivo Cristianità ha contrapposto un quadro de-ideologizzato e attento alla realtà storica. Così, ancora, è stata combattuta la «leggenda nera» — della quale è stata anche fatta la storia — relativa al Medioevo, cui sono stati consacrati diversi articoli motivati dalla esemplarità di riferimento di quei secoli: i secoli della Cristianità, appunto. Sono stati rievocati momenti essenziali della Contro-Riforma, dalla spedizione di Cortés alla battaglia di Lepanto, e sono stati tratti fuori dal dimenticatoio, in cui erano relegati da larga parte della storiografia ufficiale, episodi e momenti della storia del sanfedismo.
Naturalmente sono stati toccati anche molti temi della storia contemporanea, dal movimento cattolico ad alcuni aspetti delle trame rivoluzionarie, mentre sono stati riproposti, anche sul piano dottrinale, vita e pensiero di maestri della storia cattolica e sono stati tracciati profili biografici dedicati a santi campioni della battaglia cattolica: dai martiri quattrocenteschi di Otranto a certi misconosciuti protagonisti della resistenza al processo rivoluzionario in Piemonte. E soltanto un insipiente potrebbe definire «storia minore» le storie di vari santuari italiani.
La serietà e il rigore richiesti agli autori dei vari studi hanno fatto sì che — all’ombra e al servizio della rivista — si sia venuta formando, almeno in embrione, una «scuola» storica controrivoluzionaria, della quale si avvertiva fortemente la mancanza.
Articoli che seguono illustreranno l’impegno della rivista nel seguire, interpretare, documentare quanto avveniva e avviene in politica interna e internazionale; a essi perciò rimando, limitandomi qui a una osservazione che mi sembra possa sottolineare uno degli aspetti più caratterizzanti: il rapporto con l’attenzione alla storia di cui si è detto sopra.
Così il problema politico dei cattolici e quello specifico della «questione democristiana», sono stati esaminati anche in una prospettiva storica, senza la quale, del resto, essi non potrebbero essere rettamente compresi. E un discorso che si può, del resto, estendere al taglio scelto per affrontare un poco tutti i temi della politica interna, per la quale, accanto allo sforzo di offrire «il resto della verità», ciò che la grande stampa tace, vi è stato pure quello di non limitarsi alle considerazioni puramente tattiche, di brevissimo periodo, tenendo invece sempre presenti anche le necessarie considerazioni di ordine strategico.
In questo senso la «lezione italiana» — per riprendere il titolo degli articoli di Giovanni Cantoni poi raccolti in volume — è stata, anche, una lezione di metodo. E va ricordato che certi temi sono stati colti da Cristianità in tutta la loro importanza anni prima che la loro esistenza stessa fosse dalla grande stampa riconosciuta: dal «compromesso storico» alle prospettive del socialismo craxiano.
Anche alla politica internazionale è dedicato un articolo nelle pagine successive. Dunque, pure in questo caso, a esso si rimanda, sottolineando, però, almeno due punti: in primo luogo la prospettiva anche in questo caso mai ristretta alla cronaca — pure nella ricchezza delle informazioni, spesso inedite in Italia — e lo stretto legame con la politica interna: in secondo luogo l’ampiezza, inconsueta, dell’orizzonte della contro-lettura che degli avvenimenti mondiali contemporanei è stata data: dal Cile al Brasile, dal Salvador al Nicaragua, dall’Iran all’Afghanistan, dal Vietnam alla Polonia. Anche in un caso come quello libanese, in cui maggiormente idee e sentimenti coinvolgevano Alleanza Cattolica, lo sforzo è sempre stato quello di capire e di spiegare.
Ancora vanno ricordati i molti articoli vòlti ad approfondire vasti fenomeni di costume nell’ambito di quella che, usando la terminologia di Plinio Corrêa de Oliveira, viene chiamata la IV Rivoluzione, ricercandone, come nei dotti e brillanti studi di Massimo Introvigne, le radici storiche e i fondamenti culturali, o denunciando la presenza di elementi torbidi all’interno di certi movimenti «ecclesiali», o segnalando con puntualità la presenza di inquinamenti culturali e politici nell’area della destra, dal neo-stoicismo di Plebe al neo-paganesimo rivoluzionario della cosiddetta «nuova destra».
Questo respiro culturale ha caratterizzato anche le battaglie in difesa della inviolabilità della vita umana prima della nascita e, in precedenza, della unità della famiglia; battaglie improntate a uno sforzo di chiarificazione completa, purtroppo minoritario anche in campo cattolico, vòlto a dare alla propaganda anti-divorzistica e anti-abortistica il massimo spessore, contro ogni prospettiva riduzionistica e minimalistica.
L’elenco dei temi trattati potrebbe continuare ben al di là di questa rapidissima esemplificazione, con riferimento particolare ad argomenti di fondamentale rilevanza sociale, dall’insegnamento alla difesa della proprietà, dalla economia alla giustizia. Ma ci vorrebbe un libro. È tempo, dunque, di concludere.
E la conclusione più conveniente mi sembra che insista sul già più volte richiamato legame tra associazione e rivista, tra Alleanza Cattolica e Cristianità. Se la rivista — come credo — è riuscita a dare uno strumento prezioso alla cultura cattolica italiana lo deve a tutti i militanti dell’associazione che si sono impegnati, a maggiore gloria di Dio, nella diffusione di Cristianità; senza il loro impegno e sacrificio articoli, documenti, studi, per quanto seri e brillanti, sarebbero rimasti un quasi inutile esercizio intellettuale.
Marco Tangheroni