Juan Donoso Cortés, Cristianità n. 180-181 (1990)
[…] Nel Medioevo vi sono molte cose: da una parte vi sono distruzione di città, caduta di imperi, lotta di razze, confusione di genti, violenze, gemiti; vi è corruzione, vi è barbarie, vi sono istituzioni cadute e istituzioni abbozzate; gli uomini vanno dove vanno i popoli; i popoli dove altri vuole ed essi non sanno; e vi è la luce sufficiente per vedere che tutte le cose sono fuori posto e che non vi è posto per nulla: l’Europa è il caos.
Ma, oltre al caos, vi è un’altra cosa: vi è la Sposa immacolata del Signore, e vi è un grande avvenimento, mai visto dalle genti: vi è una seconda creazione, operata dalla Chiesa. Nel Medioevo mi sembra meravigliosa soltanto la creazione, e mi sembra adorabile soltanto la Chiesa. Per operare il grande prodigio, Dio scelse questi tempi oscuri, per sempre famosi nello stesso tempo per l’esplosione di tutte le forze brute e per la manifestazione dell’impotenza umana. Niente è più degno della Maestà Divina e della divina grandezza dell’operare là dove tutto, uomini e popoli e razze, si agita confusamente, e nessuno opera. Volendo Dio mostrare in due solenni occasioni che solo la corruzione è sterile e che solo la verginità è feconda, volle nascere da Maria e contrasse matrimonio con la Chiesa; e la Chiesa fu madre di popoli, come Maria madre sua.
Allora si vide quell’immacolata Vergine, intenta a fare il bene, come il suo divino Sposo, a sollevare l’animo dei caduti e a moderare gl’impeti dei violenti, facendo gustare agli uni il pane dei forti e agli altri il pane dei mansueti. Quei feroci figli del polo, che umiliarono e schernirono la maestà romana, caddero presi d’amore ai piedi della Vergine indifesa; e il mondo intero vide, attonito e meravigliato, per molti secoli, il rinnovarsi, per la Chiesa, del prodigio di Daniele, privo di ogni pericolo nell’antro dei leoni.
Dopo aver amorevolmente ammansito quelle grandi ire e dopo aver rasserenato con il suo solo sguardo quelle furiose tempeste, si vide la Chiesa trarre un monumento da una rovina; un’istituzione da un costume; un principio da un fatto; una legge da un’esperienza; e, per dirlo in una parola, l’ordinato dall’esotico; l’armonico dal confuso. Indubbiamente tutti gli strumenti della sua creazione, come lo stesso caos, si trovavano precedentemente nel caos; sua fu soltanto la forza vivificante e creatrice. Nel caos, come in embrione, si trovava tutto quanto doveva essere e vivere; nella Chiesa, priva di tutto, stavano soltanto l’essere e la vita; tutto fu, tutto visse, quando il mondo si mise ad ascoltare attentamente le sue parole amorose e a guardare fissamente la sua splendente bellezza.
No, gli uomini non avevano mai visto una cosa simile perché non avevano assistito alla prima creazione; né torneranno a vederla, perché non vi saranno tre creazioni. Si direbbe che Dio, pentito di non aver fatto l’uomo testimone della prima, ha permesso alla sua Chiesa la seconda solamente perché l’uomo la guardasse.
Juan Donoso Cortés
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Lettera al direttore della Revue des Deux Mondes, datata “Parigi, 15-11-1852”, e mai inviata, in Idem, Obras completas, edizione, introduzione e note di Carlos Valverde S.I., Biblioteca de Auctores Cristianos, Madrid 1970, vol. II, pp. 763-764. Traduzione e titolo redazionali.