Di Anna Kondratova da La Nuova Europa del 30/06/2024
Molti istituti ortodossi accolgono i bimbi ucraini deportati in Russia e aiutano a rieducarli secondo il modello statale e patriottico. I siti indipendenti denunciano questa operazione di una violenza nascosta e radicale.
Se si vuole conoscere la vita corrente in Russia si possono usare come fonte le organizzazioni civili indipendenti (sempre più numerose) che affrontano tutti i tipi di emergenza e sostengono le persone in difficoltà soprattutto per la guerra, nonostante la dura repressione che incombe su tutti.
Ad esempio, se si vuole conoscere il destino dei bambini ucraini deportati in Russia ci si imbatte nell’organizzazione DOXA, nata sette anni fa come rivista studentesca dell’Alta scuola di economia di Mosca, allora un ateneo di assoluto prestigio dal quale via via sono stati espulsi o sono fuggiti i professori e gli studenti migliori. DOXA in origine parlava dei problemi degli atenei russi, del basso livello culturale, della tendenza autoritaria nell’insegnamento, dell’impossibilità di un libero confronto di idee. Poi nel 2019 ci sono stati scontri con le autorità, arresti, processi e condanne, alcuni studenti sono riparati all’estero, così, man mano che lo Stato distruggeva gli ultimi resti delle libertà politiche, il focus di DOXA si è spostato sui maggiori problemi del paese, innanzitutto la guerra e la dittatura. Il portale, di tendenza radicale, pubblica materiali che vogliono aiutare «a sopravvivere e a cavarsela nelle catastrofi quotidiane». Sull’home page gli organizzatori hanno puntualizzato i loro principi:
«Crediamo che le guerre, la corruzione e l’oppressione non siano inevitabili e che nel futuro saremo liberi da tutto questo… nonostante la censura e il terrore di Stato contro i media indipendenti continuiamo a fare onestamente il nostro lavoro e a chiamare le cose col loro nome».
Dall’8 febbraio 2024 DOXA è stata inserita nel registro delle «organizzazioni indesiderabili» e quindi per i cittadini russi è pericoloso anche solo ripostare i suoi materiali.
Riguardo al problema scottante delle migliaia di bimbi ucraini deportati in Russia è nata un’altra iniziativa, ad opera di un gruppo di donne sostenute dal quotidiano in esilio «Novaja gazeta Evropa»; il progetto si chiama Kidmapping e cerca di mappare i luoghi in cui si trovano i bambini ucraini trasferiti in Russia e Bielorussia; finora ha prodotto una carta interattiva che localizza i centri di raccolta e aiuta la ricerca dei bambini.
Dato che le autorità russe non pubblicano alcun rapporto ufficiale sui numeri del fenomeno, le attiviste di Kidmapping raccolgono i dati utilizzando le fonti aperte come notizie di giornali di provincia, rapporti di enti pubblici, social network, siti di hosting video; cercano menzioni dei trasferimenti dei bambini sia sui canali Z di Telegram che sui siti web delle organizzazioni governative. Si possono trovare informazioni sui luoghi e il numero dei bambini e sulla loro origine anche negli archivi di notizie che raccolgono i dati delle diverse regioni. Kidmapping collabora con le organizzazioni umanitarie che si adoperano per riportare a casa i bambini.
Dagli sforzi uniti di DOXA e Kidmapping è uscito recentemente uno studio che cerca di approfondire, in particolare, quanto siano coinvolte nel «ricollocamento» dei bimbi ucraini le strutture della Chiesa ortodossa russa.
Un’operazione pianificata
Il trasferimento dei bambini è iniziato già il 18 febbraio 2022, sei giorni prima dell’invasione, quando le autorità delle autoproclamate repubbliche popolari di Lugansk e Doneck hanno evacuato la popolazione civile, e in particolare 25 bimbi provenienti da un orfanotrofio di Charcyzsk, i quali sono stati portati in un centro sportivo di Kursk (in Russia) e due mesi dopo, con altri 20, sono stati trasferiti più a nord, a Toporkovo a nord-est di Mosca.
Man mano che il fenomeno si ampliava, diversi sacerdoti delle regioni di Rostov, Mosca e Voronež si sono attivati per accogliere nelle loro strutture bimbi ucraini. Formalmente è un’opera meritoria allontanare dalla guerra, dare un tetto e sfamare i piccoli orfani e profughi, se non fosse che si tratta molto spesso di espatri forzati e soprattutto che le strutture caritatevoli che li accolgono si impegnano a «rieducarli» inculcando loro una nuova identità russa. Le testimonianze in questo senso sono disseminate in rete.
I soccorritori ortodossi, in particolare, si incaricano di impartire il battesimo «d’ufficio», come parte costitutiva della nuova identità. Ad esempio, i bambini del Donbass evacuati nella regione di Rostov sono stati subito visitati dal vescovo locale, metropolita Merkurij, che ha distribuito dei dolci e risposto alle loro «domande sulla fede», dopodiché, i bimbi avrebbero «espresso il desiderio di venire battezzati» in quanto, e la cosa è del tutto credibile, molti di loro non lo erano.
Il suddetto metropolita Merkurij, per ben tre volte insignito di decorazioni al valor civile da Putin, nel 2022 aveva detto pubblicamente che la guerra è «la difesa della verità russa» e che l’eroismo dei soldati russi si vede nel fatto che «nei loro occhi non c’è rabbia, non c’è odio, ma sempre e solo la verità. Per questo la vittoria sarà con noi!».
A marzo del 2022 il sacerdote Daniil Davidenko, parroco del villaggio Krasnyj Desant, nella regione di Rostov, aveva già battezzato 33 bambini accolti nel centro sportivo «Romaška». Anche padre Daniil si è distinto nell’educazione della gioventù, ricevendo per questo vari diplomi d’onore «per il contributo nella formazione patriottica delle giovani generazioni».
DOXA e Kidmapping hanno individuato anche altri luoghi dove si segnala la presenza di bambini ucraini, ad esempio vari istituti ortodossi della regione di Voronež, come l’orfanotrofio Pokrov, annesso all’omonima chiesa, che ospita 40 ragazzi dai 3 ai 18 anni. Si tratta di un’istituzione altamente patriottica, prova ne sia il fatto che lo stesso presidente Putin ha festeggiato qui il Natale del 2015. In quell’occasione il parroco, padre Gennadij Zaridze, aveva osservato quanto «il presidente pregasse sinceramente e con tutto il cuore».
Padre Gennadij è il creatore dell’orfanotrofio ortodosso, che è stato inaugurato proprio con l’arrivo dei bimbi ucraini del Donbass, ma dopo l’inizio della guerra l’educazione patriottica ha assunto toni militaristi di intollerabile violenza psicologica: ai bimbi ucraini hanno fatto scrivere delle lettere ai soldati russi al fronte. È la stessa direzione dell’istituto a pubblicare le letterine patriottiche sui social, così «commoventi e piene d’affetto».
«Ciao caro soldato, tu non mi conosci ma spero sarai felice di ricevere la mia lettera… Noi non capiamo tutto, ma sappiamo per certo che non si possono offendere i bambini di tutti i popoli, per questo grazie che ci difendi. Noi stavamo male finché non sei arrivato tu… Riposati, ma vegliate a turno in modo che il nemico non torni a prenderci. Tu non difendi solo i bambini, difendi tutta la terra! Ti abbraccio e prego che Dio ti salvi».
Del resto, padre Zaridze, che è presidente dell’Unione degli scienziati ortodossi, in passato ha avuto modo di dire che l’Ucraina non è mai esistita.
Fino a Mosca
A Toporkovo, il Centro di formazione ortodossa san Sergio che sorge nei pressi del grande Monastero della Trinità e di San Sergio, sin dalle prime fasi è diventato uno dei maggiori Centri di accoglienza temporanea o PVR dei bambini evacuati dai territori occupati dell’Ucraina.
La direttrice ha raccontato che «l’iniziativa di accogliere i bambini del Donbass è venuta dal governatore della Regione, col sostegno della Chiesa. …La nostra scuola non era pronta ad accogliere un tal numero di bambini, dato che nessuno si aspettava l’inizio dell’Operazione militare speciale. Ma in una settimana siamo riusciti a preparare posti letto per 180 ragazzi, e in Russia è stata organizzata una grossa rete di aiuti umanitari». Di fatto, già nell’estate del 2022 il centro ospitava 164 bambini, che nel marzo 2024 erano diventati 260, tenendo conto che un certo numero, nel frattempo, ha raggiunto la maggiore età e se n’è andato.
In questo centro la religione ha un ruolo speciale nell’educazione (o rieducazione) dei minorenni, processo che viene così riassunto sul sito del centro: «Il principio guida per l’educazione tradizionale dei ragazzi nel nostro Centro formativo ortodosso San Sergio è innanzitutto l’obbedienza. La fede ortodossa forma i nostri ragazzi e ragazze tramite la Chiesa, e quindi la Liturgia, la preghiera, il digiuno, la parola (i detti dei Santi Padri), il lavoro, l’educazione patriottico-militare e una vita sana…», e conclude: «Questo approccio tradizionale da una parte produce la partecipazione consapevole alla vita religiosa, dall’altra prepara a difendere la patria, a vivere nella società e in famiglia».
In estate è stata organizzata una giornata di musica e divertimenti durante la quale ha portato la sua testimonianza Sergej, il figlio dell’ex capo dell’autoproclamata Repubblica di Doneck Aleksandr Zacharčenko; a coronamento della festa, i bambini espatriati dal Donbass hanno intonato una canzoncina: «Sorgi Donbass, terra mia natale! Sorgi Donbass! Scacciamo insieme la junta! Sorgi Donbass! La Madre-Russia è con te!».
L’istituto invita sportivi o cantanti rock per rendere più accattivante il proprio messaggio, ma il ruolo più importante è affidato ai membri del partito di governo e ai corpi paramilitari, come rivela ingenuamente una giornalista locale sul sito poraionu.ru: «Vanno spesso a trovare i bambini gli attivisti di Russia Unita, che portano aiuti umanitari, fanno concerti e master-class, oppure assieme ad ex OMON organizzano lezioni di Z-sambo [Difesa personale senza armi]».
È evidente che le forze di sicurezza curano con attenzione la vita del Centro ortodosso. Ad esempio, sono stati i membri della «Fratellanza di combattimento» e dell’organizzazione «Memoria dei Cavalieri» ad organizzare il trasferimento di molti bambini.
Il veterano Vitalij Ivanov racconta sul social VKontakte dei suoi viaggi su e giù dai territori occupati per portare aiuto ai soldati russi, e delle gite dei bambini nei «parchi patriottici» assieme ai coetanei russi dei club patriottico-militari. I bambini evacuati vengono coinvolti nel preparare il materiale da mandare ai soldati (russi) al fronte; la «Fratellanza di combattimento» prende parte attiva nell’educazione patriottica dei bambini, tanto che una buona parte di loro è stata iscritta nella Junarmija putiniana e segue una preparazione speciale: esercitazioni di sambo, addestramento tattico e marcia, salto col paracadute.
L’altra organizzazione, «Memoria dei Cavalieri» ha presentato due volte domanda al Fondo per le sovvenzioni presidenziali, facendo presente che tra i suoi scopi non c’è solo l’evacuazione dei bambini ma anche lo sviluppo di programmi educativi e psicologici ad hoc.
Il patriarca stesso ha mostrato particolare interesse per questi bambini profughi e nel dicembre del 2022 ne ha invitati 83 a Mosca per parlare loro direttamente. In quell’occasione Kirill ha osservato che ogni popolo ha «un suo particolare punto di appoggio nel formare il senso morale», per chi vive nel «Mondo russo» questo punto d’appoggio è costituito dalla fede e dall’amor di patria.
DOXA e Kidmapping hanno chiesto un giudizio in merito a padre Andrej Kordočkin, ex parroco del Patriarcato di Mosca a Madrid che oggi, a causa della sua posizione contro la guerra, è parroco di una comunità russa del Patriarcato di Costantinopoli in Olanda. Kordočkin ha parlato di un’ortodossia ridotta a religione civile dove «i valori principali sono quelli nazionali e statali, e l’ortodossia serve solo da involucro ideologico, mentre è evidente che per la dottrina cristiana i valori fondamentali sono sovrastatali e sovranazionali». Ha osservato poi che «nella Chiesa, come nella società, non esiste un pensiero critico sul patriottismo. Né in generale un concetto di bene e di male che vada al di là di ciò che viene presentato come tale dall’autorità. E i bambini si fidano di ciò che viene detto loro, per il semplice fatto che viene detto».