Di Gianni Criveller da Famiglia Cristiana del 2/12/2022
Da molti anni non avvenivano in Cina dimostrazioni di protesta così massicce come quelle viste a partire da fine novembre. Le vessatorie misure anti-covid costringono la gente delle grandi città a durissimi confinamenti. Bastano pochi casi per sospendere la vita sociale ed economica di milioni di persone. Una pazzia insopportabile. La gente guarda le partite del Mondiale e si rende conto che la vita là fuori è ripresa, e senza le mascherine. In Cina (e a Hong Kong) si è invece ancora soggetti a restrizioni, quarantene, tamponi, confinamenti, e non si può stare senza mascherina. Alla gente sembra di rivivere in un perenne 2020. Un brutto sogno che sembra senza fine: come nel film Ricomincio da capo dove il protagonista interpretato da Bill Murray rivive sempre la stessa giornata.
Un incubo che ha un prezzo altissimo: la salute mentale delle persone fragili (molti i casi di suicidio); l’annullamento della vita sociale dei giovani; un freno all’economia. Xi Jinping, l’uomo forte di Pechino, è disposto a pagare qualsiasi prezzo, o meglio a farlo pagare al popolo. Occorre vincere ‘l’eroica battaglia’ contro il Covid: ma la gente, soprattutto i giovani, sono demotivati e senza prospettive di lavoro. Gli anni della crescita felice sono un ricordo.
Vengono in mente le dimostrazioni di Tiananmen di 33 anni fa. Allora i giovani chiesero la libertà e la democrazia dopo la morte di un leader riformista. Il 30 novembre è morto Jiang Zemin, il leader che dopo Tiananmen aprì ad una gestione collegiale del potere: la sua morte viene ora minimizzata per timore di proteste. Xi Jinping, ossessionato dal crollo dell’Unione Sovietica, non lascia nulla al caso. È un uomo solo al comando, uscito più forte che mai dal XX congresso del partito comunista dello scorso ottobre. Ha persino ordinato l’umiliante estromissione dell’anziano Hu Jintao davanti alle telecamere del mondo. E, di fronte alle stesse, si è presentato con i sei uomini a lui fedelissimi in tuta mimetica, come fosse in guerra.
Le proteste sono segnale di insoddisfazione ma non di cambiamento. Proteste locali, sconosciute ai più, causate da vessazioni e corruzione, accadono frequentemente in Cina. Ma il regime le sopprime efficacemente. Lo scontento della classe media senza potere, dei giovani tristi e senza futuro e della crisi economica, viene irretito dalla retorica nazionalista: ‘il mondo complotta contro la Cina, e il Covid ne è un episodio’. Dopo la soppressione delle speranze democratiche di Hong Kong, la riunificazione di Taiwan rientra nella narrativa di un regime sempre più chiuso e autocratico. Il popolo invece, il grande popolo cinese, meriterebbe ben altro. La libertà innanzitutto, e il diritto a determinare il proprio destino.