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La crisi dell’uomo si cura con il “di più” di Dio

1 Gennaio 2017 - Autore: Silvia Scaranari

Domenica ottava del Natale, festa della Madre di Dio, cinquantesima giornata mondiale della Pace, primo giorno del calendario civile per l’anno 2017: tante ricorrenze in un giorno solo, tanti motivi per riflettere, per pregare per scambiare auguri sinceri a tutti.
Il Santo Padre è intervenuto in tre modi diversi, con il discorso per la 50° Giornata della Pace, firmato già lo scorso 8 dicembre, con l’omelia durante la celebrazione della santa messa per la Madre di Dio e con i saluti per il rituale Angelus della domenica. Tanti e articolati interventi che però potrebbero riassumersi in un forte invito ad affidarci a Maria perché sia guida saggia sulle orme tracciate da Gesù.
“Cor Jesu adveniat Regnum Tuum, adveniat per Mariam” è l’augurio e la preghiera che ogni militante di Alleanza Cattolica usa nella preghiera personale come in quella associativa, ed è il compendio più bello di tutto quello che si può dire sulla giornata odierna.
Nel discorso per la Giornata della Pace il Santo Padre ha invitato a ricordare Gesù come il primo predicatore della “nonviolenza”: nel discorso della montagna ha elogiato i miti, ha invitato a porgere l’altra guancia, ad amare i propri nemici, ha imposto di riporre nel fodero la spada la sera del giovedì santo.
Il dovere della pace nasce dalla natura stessa dell’uomo, “l’immagine e la somiglianza di Dio in ogni persona ci consentano di riconoscerci a vicenda come doni sacri dotati di una dignità immensa. Soprattutto nelle situazioni di conflitto, rispettiamo questa «dignità più profonda»” dice il Papa. La nostra comune natura umana è il fondamento della civile convivenza, è la base su cui si costituisce la società: siamo persone umane e, in quanto tali, portatrici dell’immensa dignità di creature di Dio. Già Paolo VI nel suo discorso per la prima giornata della pace aveva posto accento sulla comune ragione umana, fonte per risolvere i conflitti quando ammoniva a non cadere nel «pericolo di credere che le controversie internazionali non siano risolvibili per le vie della ragione, cioè delle trattative fondate sul diritto, la giustizia, l’equità, ma solo per quelle delle forze deterrenti e micidiali». Il richiamo alla ragione come fondamento per la comune convivenza è risuonato forte anche nel famoso discorso di Papa Benedetto XVI a Ratisbona.
Oggi Papa Francesco ricorda che “La violenza non è la cura per il nostro mondo frantumato”, soprattutto perché siamo già nella spirale perversa di una guerra a pezzi da cui dobbiamo uscire al più presto possibile.
“Il secolo scorso è stato devastato da due guerre mondiali micidiali, ha conosciuto la minaccia della guerra nucleare e un gran numero di altri conflitti, mentre oggi purtroppo siamo alle prese con una terribile guerra mondiale a pezzi. Non è facile sapere se il mondo attualmente sia più o meno violento di quanto lo fosse ieri, né se i moderni mezzi di comunicazione e la mobilità che caratterizza la nostra epoca ci rendano più consapevoli della violenza o più assuefatti ad essa. In ogni caso, questa violenza che si esercita “a pezzi”, in modi e a livelli diversi, provoca enormi sofferenze di cui siamo ben consapevoli: guerre in diversi Paesi e continenti; terrorismo, criminalità e attacchi armati imprevedibili; gli abusi subiti dai migranti e dalle vittime della tratta; la devastazione dell’ambiente. A che scopo? La violenza permette di raggiungere obiettivi di valore duraturo?”
Il cristiano si distingue proprio per la sua fiducia nell’amore, che è più grande della violenza, dell’ingiustizia, “come ha affermato il mio predecessore Benedetto XVI –…nel mondo c’è troppa violenza, troppa ingiustizia, e dunque non si può superare questa situazione se non contrapponendo un di più di amore, un di più di bontà. Questo “di più” viene da Dio». Ed egli aggiungeva con grande forza: «La nonviolenza per i cristiani non è un mero comportamento tattico, bensì un modo di essere della persona, l’atteggiamento di chi è così convinto dell’amore di Dio e della sua potenza, che non ha paura di affrontare il male con le sole armi dell’amore e della verità. L’amore del nemico costituisce il nucleo della “rivoluzione cristiana”»”.
Non si deve cadere nell’errore di intendere l’invito alla non violenza come un invito alla rassegnazione passiva, alla resa, al disimpegno. Al contrario è una forza profonda che viene da Dio e che ci permette di agire sempre e ovunque per la giustizia e per la verità, e come ricordava anche san Giovanni Paolo II a proposito dei regimi comunisti nella Centesimus annus, «Che gli uomini imparino a lottare per la giustizia senza violenza, rinunciando alla lotta di classe nelle controversie interne ed alla guerra in quelle internazionali».
Noi siamo stati educati alla scuola di Plinio Correa de Oliveira ad identificare le grandi crisi dell’epoca moderna come crisi che hanno al loro cuore la crisi dell’uomo. Il mondo è in crisi perché l’uomo ha perso il suo centro, Cristo, e ha messo al Suo posto se stesso. Gesù insegnava che non dall’esterno vengono le impurità ma dall’interno dell’uomo nasce la malizia e la malvagità. Per ricomporre il nostro mondo quindi occorre partire dal ricomporre l’uomo individuale, dal permettere all’uomo singolo di ritrovare se stesso nel suo rapporto più profondo e intimo con il suo Creatore. E l’uomo impara a costruire se stesso nella famiglia che Papa Francesco ancora una volta indica come il fulcro della possibile rinascita, “La famiglia è l’indispensabile crogiolo attraverso il quale coniugi, genitori e figli, fratelli e sorelle imparano a comunicare e a prendersi cura gli uni degli altri in modo disinteressato, e dove gli attriti o addirittura i conflitti devono essere superati non con la forza, ma con il dialogo, il rispetto, la ricerca del bene dell’altro, la misericordia e il perdono”. La famiglia è palestra di convivenza, sulla famiglia forte, ben fondata, si basa la società e l’intera famiglia umana.
La Chiesa da sempre invita gli uomini alla pace, a risolvere le tensioni con la diplomazia e la ragionevolezza e si propone come intermediaria ovunque possa essere utile il suo contributo. Questo a sottolineare che la religione deve essere luogo di incontro e non di odio e vendetta, l’amore per Dio deve aprirsi alla Verità e non essere abbrutito da interessi umani, troppo umani. Non è facile irenismo, è anzi un compito grande che il Papa indica a tutti gli “uomini di buona volontà” perché accolgano Cristo in ogni persona, giovane o vecchia, bella o brutta, povera o ricca…

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