Victorino Rodríguez y Rodríguez O.P., Cristianità n. 283-284 (1998)
La Declaración Universal de los Derechos del Hombre ante la moral católica, in Verbo. Revista de formación civica e de acción cultural, según el derecho natural y cristiano, serie XXVIII, n. 271-272, gennaio-febbraio 1989, pp. 21-54; poi in IDEM, Estudios de antropología teológica, Speiro, Madrid 1991, pp. 221-257. Traduzione redazionale. Sul teologo domenicano spagnolo, cfr. l’in memoriam, in Cristianità, anno XXV , n. 267-268, luglio-agosto 1997, pp. 19-20. Il testo italiano della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo è quello curato dalle Nazioni Unite e approvato dal governo della Repubblica Italiana, in EDOARDO VITTA e VALERIO GREMENTIERI, Codice degli atti internazionali sui diritti dell’uomo, Giuffrè, Milano 1981, pp. 28-45.
La «Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo» di fronte alla morale cattolica
1. Ragione dello studio
Il 10 dicembre 1988 è caduto il quarantesimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, proclamata nel palazzo di Chaillot, a Parigi, sede provvisoria dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il 10 dicembre 1948. È noto che tale solenne dichiarazione aveva come scopo principale il consolidamento della Pace delle Nazioni, dopo la fine recente, nel 1945, della seconda guerra mondiale. Al quarantesimo anniversario, nello stesso luogo della sua nascita, hanno partecipato, molto significativamente, i premi Nobel della Pace Lech Walesa, Andrei Sacharov e Javier Pérez de Cuéllar, quest’ultimo a nome dei «caschi blu».
Negli anni seguenti, la Dichiarazione è stata solamente applaudita senza riserve, benché in occasione della sua votazione originaria vi fossero già state otto astensioni, quasi tutte del blocco socialista, su quarantotto votanti. Ci si continua a richiamare a essa come a codice sommo di etica socio-politica, fino a definirla «Magna Carta del- l’Umanità», «Pietra Miliare».
Papa Giovanni XXIII, mentre ne riconosce il grande valore, fa eco ad alcune riserve, senza indicarle direttamente: «Su qualche punto particolare della Dichiarazione sono state sollevate obbiezioni e fondate riserve» (Pacem in terris, n. 47). In realtà, senza indicare esplicitamente le deficienze della Dichiarazione dell’ONU, la grande enciclica di questo Papa Pacem in terris, del 1963, della quale si è pure celebrato il XXV anniversario, costituisce un’altra Dichiarazione dei diritti dell’uomo, di maggior consistenza e profondità umana. È un superamento su punti fondamentali.
Invero, accanto a molti diritti dichiarati dall’ONU, fondamentali e universalmente validi, facilmente riconoscibili come tali in buona etica naturale e morale teologica, ve ne sono altri che risultano discutibili, mentre ne sono omessi altri, che dovrebbero essere proclamati come naturali e universalmente validi. Insomma, non li sono tutti quelli che vi si trovano, né vi si trovano tutti quelli che li sono.
Penso che quarant’anni dopo si possa fare una rilettura critica della Dichiarazione, con meno euforia di quella che ne ha accompagnato la nascita, non solo per la scarsa efficacia a medio e a lungo termine nella pacificazione, ma anche per le carenze del testo o Dichiarazione in sé. Di questo intendo soprattutto occuparmi.
2. Visione critica generale della «Dichiarazione»
Dal mio punto di vista, che vuol rispondere a prospettive e a presupposti autenticamente cattolici o, almeno, di etica naturale, il documento contiene valori evidenti, che riconosceremo attraverso la loro trascrizione testuale integrale, nella misura in cui non siano riassunti o adombrati dalle osservazioni relative; ma si lamentano notevoli carenze, alcune per omissione e altre dovute all’esorbitare dei diritti previsti.
A. Fra le omissioni che tolgono valore alla Dichiarazione vi sono:
a. La presentazione dell’uomo nella sua costituzione metafisica classica di sostanza individuale di natura razionale, dotata d’intelligenza e di volontà libera e responsabile. Da qui nasce la sua dignità di persona, fatta a immagine e somiglianza di Dio. Su questo fondamento Giovanni XXIII elevava l’edificio dei diritti e dei doveri umani (cfr. Pacem in terris, n. 3).
b. La proclamazione di alcuni doveri naturali, universali e inviolabili come i diritti corrispondenti, dal momento che questi sono la radice di quelli piuttosto che viceversa. Se abbiamo il diritto a vivere e a vivere umanamente, lo abbiamo perché abbiamo il dovere di condurre una vita con dignità corrispondente alla nostra vocazione all’eternità. «I diritti naturali […] sono indissolubilmente congiunti, nella stessa persona che ne è il soggetto, con altrettanti rispettivi doveri; e hanno entrambi nella legge naturale, che li conferisce o che li impone, la loro radice, il loro alimento, la loro forza indistruttibile» (Pacem in terris, n. 12).
c. Il riconoscimento di Dio e del diritto naturale, entrambi concetti rifiutati espressamente al momento della redazione e del voto del testo della Dichiarazione, optando per una posizione agnostica. Giovanni Paolo II, nell’importante discorso al Parlamento Europeo dell’11 ottobre 1988, a Strasburgo, ha puntualizzato molto chiaramente: «Tutte le correnti di pensiero del nostro vecchio continente dovrebbero riflettere su quali oscure prospettive potrebbe condurre l’esclusione di Dio dalla vita pubblica, di Dio come ultima istanza dell’etica e garanzia suprema contro tutti gli abusi del potere dell’uomo sull’uomo» (n. 9). «Laddove l’uomo non si appoggia più su una grandezza che lo trascende, rischia di abbandonarsi al potere senza freno dell’arbitrio e degli pseudo-assoluti che lo annientano» (ibid., n. 10). In precedenza, lo stesso Giovanni Paolo II aveva ricordato come, per i credenti, «[…] l’ubbidienza a Dio sia la sorgente della vera libertà, che non è mai libertà arbitraria e senza scopo, ma libertà per la verità e il bene, due grandezze che si situano sempre al di là della capacità degli uomini di appropriarsene completamente.
«Sul piano etico, questo atteggiamento fondamentale si traduce nell’accettazione di princìpi e di norme di comportamento che si impongono alla ragione o derivano dall’autorità della Parola di Dio, di cui l’ uomo, individualmente o collettivamente, non può disporre a suo piacimento, secondo l’arbitrio delle mode o dei propri mutevoli interessi» (ibid., n. 7). Invece, per l’umanesimo agnostico — continua Giovanni Paolo II — «l’etica non ha […] altro fondamento che il consenso sociale, e la libertà individuale altro freno se non quello che la società ritiene di dover imporre per la salvaguardia di quella altrui» (ibid., n. 8).
d. I diritti alla verità, che è adeguamento del pensiero alla realtà, e alla veracità, che è adeguamento del pensiero alla parola che lo esprime, base fondamentale dell’autentica pace, come hanno proclamato Giovanni XXIII, nell’enunciato generale dell’enciclica Pacem in terris, e Giovanni Paolo II nel messaggio La verità, forza della pace, del 1° gennaio 1980. Diritto tanto fondamentale che risponde alla costituzione metafisica dell’uomo e alla sua peculiare dignità di natura intellettuale, perché l’intelligenza è naturalmente ordinata alla verità come a suo oggetto proprio (cfr. san Tommaso, Summa theologiae, I-II, 57, 5 ad 3). Questo diritto fondamentalissimo non è debitamente proclamato nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, neppure nell’articolo 26, sul diritto all’istruzione.
B. Elementi esorbitanti nei diritti previsti:
a. V i è un’ evidente esorbitazione nella pretesa universalità della portata della Dichiarazione per ogni persona, e non solo per i cittadini delle Nazioni Unite, quando, inoltre, non si tratta di diritti naturali riconoscibili — benché non istituiti — in tutti gli uomini, com’erano quelli proclamati da Francisco de Vitoria (1492 ca.-1546) e dagli altri teologi giuristi del secolo XVI.
b. Vengono assolutizzati o eccessivamente estesi i diritti all’esercizio della libertà, con misconoscimento dei suoi limiti naturali, siano oppure no le legittime libertà degli altri, il tutto molto in consonanza con la Dichiarazione dei diritti dell’uomo della Rivoluzione francese del 1789, il cui secondo centenario si celebra quest’anno. Sarà una buona occasione per ripensare a che sono serviti allora e adesso le proclamazioni smisurate del diritto alla libertà.
c. Ugualmente esagerato è l’ugualitarismo nei diritti, costantemente professato, pure in sintonia con l’égalité della Rivoluzione francese, senza distinguere fra l’uguaglianza specifica degli uomini e le loro molteplici disuguaglianze individuali, così eloquentemente esposte da don Jaime Balmes (1810-1848) in El Criterio, XIV, 5, e lo stesso Concilio Vaticano II constata: «Senza dubbio, non tutti gli uomini sono uguali per la varia capacità fisica e per la diversità delle forze intellettuali e morali» (Gaudium et spes, n. 29).
Dopo queste notazioni d’insieme, che ho voluto anticipare per evitare ripetizioni, passo a un esame valutativo del testo della Dichiarazione. Perché risulti più puntuale e più concisa possibile, studierò successivamente i sette considerato, il preambolo e i trenta articoli, trascritti integralmente, per svolgere, immediatamente dopo, i commenti relativi. Le osservazioni riguarderanno maggiormente gli aspetti deficitari, meno sottolineati nella maggior parte degli studi fatti e a mia conoscenza. Quando non vengano in parte rifiutati o attenuati, gli articoli sono valutati positivamente e sono dati per buoni. Come diceva Giovanni Paolo II a Kurt Waldheim, segretario generale dell’ONU, in occasione del XXX anniversario della Dichiarazione, il 2 dicembre 1978, «[…] tutti dobbiamo dare il nostro contributo alla costruzione di una società che renda possibile e praticabile il godimento dei diritti e l’adempimento dei doveri inerenti a questi diritti».
3. I sette «considerato»
A. «Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo».
Puntualizzazioni:
a. Se si tratta di un riconoscimento della dignità e dei diritti uguali e inalterabili di tutti gli uomini, sembra che le nazioni dichiaranti diano come presupposto che questi valori non nascono da, ma sono preventivi alla loro proclamazione nel 1948, e la loro origine non può essere che Dio o la natura umana. Poiché non si può immaginare che le Nazioni Unite pretendessero di istituirli per tutta la famiglia umana.
b. Non è vero che la dignità e i diritti umani in sé o il loro riconoscimento siano la base della libertà, quanto piuttosto che la libertà e la razionalità, ingredienti metafisici della persona, sono il fondamento della dignità e dei diritti umani.
c. Che i diritti di tutti gli uomini siano uguali e inalienabili, senza ulteriori sfumature, significa riprodurre l’ugualitarismo della Rivoluzione francese, al quale ho fatto riferimento in precedenza (2, B, c).
B. «Considerato che il disconoscimento e il disprezzo dei diritti dell’uomo hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell’umanità, e che l’avvento di un mondo in cui gli esseri umani godono della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato proclamato come la più alta aspirazione dell’uomo».
Puntualizzazioni:
a. Il misconoscimento dei diritti umani, proclamati dalle Nazioni Unite nel 1948, prima e dopo, è una delle cause degli atti lamentevoli di barbarie, ma non la causa adeguata, posto che, anche dopo il 1948, si continuano a commettere atti di barbarie.
b. Il timore della legge coercitiva dell’azione ingiusta o della parola dannosa non contrasterebbe in assoluto con la vigenza dei diritti umani.
C. «Considerato che è indispensabile che i diritti dell’uomo siano protetti da norme giuridiche, se si vuole evitare che l’uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l’ oppressione».
Puntualizzazione:
Perciò è necessario che i diritti umani proclamati siano autentici, non solo per le Nazioni Unite, ma anche per l’Umanità, di fronte al tribunale di Dio, della ragione naturale e del diritto delle genti.
D. «Considerato che è indispensabile promuovere lo sviluppo di rapporti amichevoli tra le Nazioni».
Puntualizzazione:
Perché queste relazioni amichevoli siano autentiche e universalmente pacificatrici devono fondarsi sulla verità e sulla giustizia, non su interessi parziali o egoistici, perché «non tutte le amicizie sono oneste e lodevoli, come è chiaro nelle amicizie basate sul piacere o sull’utile» (san Tommaso, II-II, 23, 3 ad 1).
E. «Considerato che i popoli delle Nazioni Unite hanno riaffermato nello Statuto la loro fede nei diritti fondamentali dell’uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nell’eguaglianza dei diritti dell’uomo e della donna, ed hanno deciso di promuovere il progresso sociale e un miglior tenore di vita in una maggiore libertà».
Puntualizzazioni:
a. È presuntuoso e gratuito che le Nazioni Unite proclamino diritti fondamentali per tutta l’umanità, che non rappresentano in modo adeguato, e soprattutto sapendo che non tutti questi supposti diritti che stanno proclamando li sono veramente.
b. Qui e di seguito si cade nell’ugualitarismo e nel libertinismo della Rivoluzione francese, alla quale facevo riferimento in precedenza (2, B, b-c). Per certo l’uomo e la donna sono uguali a livello specifico, ma non nella loro individualità maschile e femminile, con tutte le loro conseguenze.
c. Non qualsiasi aumento di libertà suppone o porta con sé più progresso sociale e un più elevato livello di vita. Lo sciopero selvaggio, il terrorismo, il ricatto economico…, non sono estensioni perfettive della libertà.
F. «Considerato che gli Stati membri si sono impegnati a perseguire, in cooperazione con le Nazioni Unite, il rispetto e l’osservanza universale dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali».
Puntualizzazione:
Le Nazioni Unite si autocostituiscono, ancora, in determinatori dei diritti umani e delle libertà fondamentali di portata universale, arrogandosi una competenza che non hanno.
G. «Considerato che una concezione comune di questi diritti e di queste libertà è della massima importanza per la piena realizzazione di questi impegni».
Puntualizzazione:
Più importante della concezione comune di questi diritti e libertà è l’accettazione dei loro princìpi e doveri fondamentali naturali corrispondenti, perennemente derivati da Dio; perché, «se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori» (Sal. 126, 1).
4. Preambolo
«L’Assemblea Generale proclama la presente dichiarazione universale dei diritti dell’uomo come ideale da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le Nazioni, al fine che ogni individuo e ogni organo della società, avendo costantemente presente questa dichiarazione, si sforzi di promuovere, con l’insegnamento e l’educazione, il rispetto di questi diritti e di queste libertà e di garantirne, mediante misure progressive di carattere nazionale e internazionale, l’universale ed effettivo riconoscimento e rispetto tanto fra i popoli degli stessi Stati membri, quanto fra quelli dei territori sottoposti alla loro giurisdizione».
Puntualizzazioni:
a. L’Assemblea Generale si autocostituisce in potere sovrano e assoluto per dettare diritti per tutti gli individui, popoli e nazioni, benché alla fine del preambolo, venendo a misure di riconoscimento e di applicazione pratiche, li riduca ai popoli degli Stati membri e ai territori di loro giurisdizione. Non si vede perché all’inizio si universalizza tanto per poi particolarizzare alla fine.
b. La Dichiarazione si presenta in chiave di positivismo giuridico, insensibile all’ordine naturale impresso da Dio nella coscienza degli uomini, e ai corrispondenti doveri universali e ineludibili. Forse per questa ragione Pio XII, che aveva insistito tanto sui diritti umani nel messaggi del 1942 e del 1944, non ha mai ricordato la Dichiarazione universale delle Nazioni Unite, promulgata durante il suo pontificato. Giovanni Paolo II, che invece l’ha menzionata nei sui anniversari XXX e XL, lamentando la sua mancata realizzazione quanto al diritto di libertà religiosa, ha insistito ultimamente sul carattere metagiuridico di questi diritti umani.
5. I trenta articoli
* «Articolo 1. Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza».
Puntualizzazioni:
a. Comincia con la trilogia della Rivoluzione francese: libertà, uguaglianza, fraternità. Va detto che nascono liberi in capacità remota di scegliere, non in esercizio di libertà; che sono uguali in dignità e in diritti specifici, non in diritti individuali.
b. La facoltà di ragionare e la coscienza, abituale o attuale, non si possono assumere come ragione specifica della fraternità. Anche l’omicida pensa la propria aggressione e attiva la coscienza, benché sia non retta. La fraternità ha senso autentico relativamente a un Dio Padre comune di tutti gli uomini.
* «Articolo 2.1. Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciati nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione».
Puntualizzazioni:
a. L’Assemblea Generale si autocostituisce ancora arbitro dei diritti di tutti gli uomini senza delega o rappresentanza universale di tutti loro né di un essere superiore comune.
b. Questo ugualitarismo assoluto urta, ovviamente, con le differenze naturali native, come l’individualità sessuale, o acquisite inevitabilmente, come atteggiamenti religiosi più o meno autentici, teorie politiche più o meno accettabili, eredità più o meno legittime.
* «Articolo 2.2. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del paese o del territorio cui una persona appartiene, sia che tale territorio sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi altra limitazione di sovranità».
Puntualizzazione:
Le Nazioni Unite potranno legiferare su questa neutralità nei territori di propria giurisdizione, ma non potranno imporla agli altri nei rispettivi paesi indipendenti da esse, soprattutto perché la Dichiarazione è concepita in termini concettuali di diritto positivo volontarista.
* «Articolo 3. Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona».
Puntualizzazioni:
a. Le Nazioni Unite fanno molto bene a riconoscere e a tutelare questo diritto, che è naturale, non conferito originariamente da esse.
b. Ma dovrebbero anche riconoscere che la persona può abdicare e perdere questo diritto a vivere in libertà delinquendo gravemente contro la società, alla quale compete pure il diritto naturale di autodifesa.
* «Articolo 4. Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma».
Puntualizzazione:
Generalizzando queste proibizioni positivamente a tutti, accanto agli imperativi di diritto naturale, l’Assemblea deborda dalle sue competenze e, inoltre, tralascia di indicare le modalità limitate dei servizi.
* «Articolo 5. Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamenti o a punizioni crudeli, inumani o degradanti».
Puntualizzazione:
È chiaro che questi trattamenti disumani devono essere evitati alle persone innocenti, vittime del terrorismo, di sequestri, di ricatti, di intimidazioni armate, prima che ai delinquenti, che hanno cominciato a disumanizzare sé stessi. «[…] per Dio, vi faccio impiccare con moltissimo rispetto», rispondeva il giudice di Zalamea al delinquente che chiedeva di essere trattato con rispetto (1).
* «Articolo 6. Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconosc mento della sua personalità giuridica».
Puntualizzazione:
Ogni essere umano avrà diritto di cittadinanza e di personalità giuridica dal 1948 fra le Nazioni Unite; il diritto di cittadinanza e di personalità giuridica in altri paesi si acquisirà e si eserciterà secondo le loro leggi e i loro costumi propri, in conformità con il diritto delle genti.
* «Articolo 7. Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad un’eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad una eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione».
Puntualizzazioni:
a. Ovviamente si può trattare esclusivamente di un’uguaglianza generica, che comprende molte disuguaglianze legali specifiche previste nei rispettivi codici nazionali, secondo la codificazione e il comportamento dei cittadini.
b. Oltre le disuguaglianze incluse in questa Dichiarazione, nonostante il principio formale dell’uguaglianza, ne esistono altre che non sono previste in essa, di minore livello etico.
* «Articolo 8. Ogni individuo ha diritto ad un’effettiva possibilità di ricorso a competenti tribunali nazionali contro atti che violino i diritti fondamentali a lui riconosciuti dalla costituzione o dalla legge».
Puntualizzazione:
Le Nazioni Unite si arrogano una competenza per istituire diritti per ogni persona umana, anche se non sono loro cittadini, mentre riducono la tutela dei tribunali nazionali competenti.
* «Articolo 9. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato».
Puntualizzazione:
Si tratta di un principio di etica naturale, il cui valore è previo alla Dichiarazione, ma il limite all’arbitrarietà, certamente valido, contraddice il principio di libertà assoluta dell’articolo 3.
* «Articolo 10. Ogni individuo ha diritto, in posizione di piena uguaglianza, ad una equa e pubblica udienza davanti ad un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri, nonché della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta».
Puntualizzazioni:
a. La dichiarazione, così reiterata nel documento, di «piena uguaglianza», non può essere accettata senza riserva, perché la giustizia, alla quale si fa riferimento a seguire, e che comporta uguaglianza o aggiustamento, non si realizza consuetamente in forma tanto assoluta, ma in forma proporzionale, come proporzionati sono di solito i diritti delle persone. Ne deriva essere tanto ingiusto trattare in modo disuguale gli uguali quanto in modo uguale i disuguali.
b. Riesce illogico far riferimento a questo punto agli obblighi o doveri nell’ambito giudiziario dimenticandosi di essi nel corso della Dichiarazione, se si eccettua la breve e unica allusione dell’articolo 29.1. In realtà, a ogni diritto umano va annesso un dovere ugualmente universale e irrinunciabile, com’è indicato.
* «Articolo 11.1. Ogni individuo accusato di reato è presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata provata legalmente in un pubblico processo nel quale egli abbia avuto tutte le garanzie necessarie per la sua difesa».
Puntualizzazione:
Il diritto dell’accusato di un delitto alla presunzione d’innocenza, finché non venga provata legalmente la colpevolezza, ha vigore o vale in diritto positivo o legale, ma non necessariamente nell’ordine etico o diritto naturale, che la può ridurre o cancellare nella misura in cui gli indizi di colpevolezza siano più o meno evidenti. Chi è sorpreso in flagranti furto od omicidio viene presupposto legalmente innocente, finché non sia emessa sentenza di condanna, ma la presunzione morale di diritto naturale non può essere d’innocenza.
* «Articolo 11.2. Nessun individuo sarà condannato per un comportamento commissivo od omissivo che, al momento in cui sia stato perpetrato, non costituisse reato secondo il diritto interno o secondo il diritto internazionale. Non potrà del pari essere inflitta alcuna pena superiore a quella applicabile al momento in cui il reato sia stato commesso».
Puntualizzazione:
Non si possono evidentemente imporre pene legali per delitti che non sono legalmente punibili in diritto positivo nel momento in cui sono commessi. Ma il fatto non scagiona eticamente e in diritto naturale chi li commette, responsabilmente cosciente della loro malizia. Non sempre la sanzione legale è prova di maggior colpa morale.
* «Articolo 12. Nessun individuo potrà essere sottoposto ad interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza, né a lesioni del suo onore e della sua reputazione. Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze o lesioni».
Puntualizzazione:
Si tratta della limitazione della libertà abusiva degli altri e di una difesa della propria libertà correttamente esercitata. L’azione protettrice della Legge è vaga quanto l’enumerazione delle infrazioni del diritto. A che livello d’infrazione deve intervenire la Legge sanzionatrice?
* «Articolo 13.1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato».
Puntualizzazione:
A questo diritto manca il completamento del relativo dovere al quale attenersi nel nuovo luogo di residenza.
* «Articolo 13.2. Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese».
Puntualizzazione:
Questo diritto di emigrazione-immigrazione, indiscutibile in via di principio, è irrealizzabile senza i limiti imposti dai relativi doveri di cittadinanza, superamento di frontiere, etica internazionale.
* «Articolo 14.1. Ogni individuo ha diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni».
Puntualizzazione:
Nella misura in cui supponga l’obbligo di concedere l’ingresso e l’asilo a chi è giustamente perseguitato, non può riconoscere tale diritto, come viene riconosciuto in parte nel secondo paragrafo, ma piuttosto vi è obbligo o dovere di non ostacolare l’azione della giustizia rivendicativa.
* «Articolo 14.2. Questo diritto non potrà essere invocato qualora l’individuo sia realmente ricercato per reati non politici o per azioni contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni Unite».
Puntualizzazioni:
a. In diritto naturale la distinzione fra delitti comuni e specifici non tocca la colpevolezza e la punibilità giudiziale. Talora — per esempio — vengono chiamati delitti «politici» sabotaggi e attentati terroristici più mostruosi dei cosiddetti delitti «comuni».
b. Gli atti opposti ai propositi e ai princìpi delle Nazioni Unite non hanno ragione per essere più protetti o perseguiti di quelli opposti ai propositi e ai princìpi di altre nazioni e, soprattutto, di quelli opposti ai princìpi della legge naturale.
* «Articolo 15.1. Ogni individuo ha diritto ad una cittadinanza».
Puntualizzazione:
Chiaramente questo diritto, come la stessa divisione dell’Umanità in nazionalità, è di diritto positivo o, al massimo, di diritto delle genti. L’ipotetico uomo cosmopolita non si sentirebbe sminuito nel proprio diritto dal fatto di non avere una nazionalità definita.
* «Articolo 15.2. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza, né del diritto di mutare cittadinanza».
Puntualizzazione:
Indicando i limiti all’arbitrarietà in entrambi i casi, non viene determinato in quali casi sarà ragionevole — non arbitrario — privare della propria nazionalità o non permetterne il cambio.
* «Articolo 16.1. Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione. Essi hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all’atto del suo scioglimento».
Puntualizzazione:
A parte le possibili restrizioni, più o meno estese per ragioni di nazionalità o di salute oppure per motivi di separazione, bisognerà sempre aver presenti le limitazioni o impedimenti che toccano la liceità o validità del matrimonio per diritto naturale o divino positivo.
* «Articolo 16.2. Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi».
Puntualizzazione:
Non solo attraverso il libero e pieno consenso; mancano altre condizioni più o meno indispensabili di ordine civile o religioso.
* «Articolo 16.3. La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato».
Puntualizzazione:
È l’unica volta in cui la Dichiarazione fa riferimento al naturale. In realtà, più naturale e fondamentale della famiglia è la persona, sulla quale si fondano la famiglia e la società.
* «Articolo 17.1. Ogni individuo ha il diritto ad avere una proprietà privata sua personale o in comune con gli altri».
Puntualizzazione:
Indicando in modo indistinto entrambe le forme di proprietà, non garantisce il diritto alla proprietà privata di fronte all’assorbimento collettivistico, e neppure la dimensione o funzione sociale, limite naturale della proprietà individuale o privata.
* «Articolo 17.2. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua proprietà».
Puntualizzazione:
Si tratta di un diritto proclamato in modo così vago da prestarsi facilmente all’arbitrarietà. Non si fa riferimento, come nel paragrafo precedente, alle due forme di proprietà: quella privata — che non può essere annullata senza una proporzionata causa grave — e quella collettiva, che non può essere accaparrata dalle persone private, neanche in un sistema di proprietà privata, nel quale molti beni e servizi devono essere pubblici, come aria, mare, vie di comunicazione, servizi ecologici, e così via.
* «Articolo 18. Ogni individuo ha il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti».
Puntualizzazioni:
a. Una cosa è la facoltà di pensare e di agire liberamente per la religione o per qualunque altro atto umano, oggetto di diritto naturale come la facoltà stessa, e altra cosa è l’esercizio polivalente di questa facoltà, che può essere perfettivo e dignificante, o indegno e degradante, come l’errore e le pratiche religiose aberranti o antireligiose.
b. Esiste diritto naturale inviolabile, come pure il corrispondente dovere, a pensare secondo verità e a scegliere correttamente; non vi è nessun diritto, né naturale né positivo, a errare e a scegliere non rettamente sia in religione che in qualunque ambito dell’agire umano. Il diritto, come indica il nome stesso, è una pratica retta e l’errore è una deviazione.
c. Il diritto naturale alla verità e al bene nell’ambito religioso e personale si estende naturalmente alla manifestazione esterna, individuale o associata, dal momento che l’uomo è naturalmente sociale; per contro, non si estende all’errore e alle pratiche aberranti di religiosità o di antireligiosità. Se il potere civile, con giudizio di autenticità religiosa, lo permette o lo tollera, non sarà sulla base di un diritto dell’errante all’errore o al male, ma per il diritto della società a non essere ostacolata senza causa proporzionata nell’esercizio della libertà.
d. Il diritto alla libertà religiosa era stato proclamato nella Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino della Rivoluzione francese, del 1789, al punto 10: «Nessuno può essere disturbato per le sue opinioni, comprese quelle religiose, purché la loro manifestazione non turbi l’ordine pubblico stabilito dalla legge». Il limite dell’ordine pubblico è indicato anche dalla Dichiarazione Dignitatis humanae del Concilio Vaticano II, nn.2 e 7.
* «Articolo 19. Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere».
Puntualizzazioni:
a. Facendo riferimento al modo di pensare e di opinare interiore e personale, ovviamente in questo potere non si può interferire, né coattivamente né coercitivamente, almeno in forma diretta, da parte di un agente esterno. Questa facoltà psicologica è un dono di natura. Ma questa libertà psicologica non porta con sé la libertà morale di pensare e di opinare quello che si vuole; esiste il dovere-diritto di pensare secondo la verità e il bene oggettivi. Non esiste diritto a pensare erroneamente né a scegliere il male. Come diceva Giovanni Paolo II nel discorso al Parlamento Europeo di Strasburgo, l’11 ottobre 1988, la «[…] vera libertà, che non è mai libertà arbitraria e senza scopo, ma libertà per la verità e il bene» (n. 7); e «[…] non vi è democrazia senza assoggettamento di tutti alla legge e non legge che non sia fondata su una norma trascendente del vero e del giusto» (ibid., n. 9).
b. Il diritto a esprimere e a diffondere opinioni proprie o altrui dipende dall’autenticità e dalla veracità delle stesse. Le opinioni false non sono mai garantite dal diritto naturale, e nei casi di possibile riconoscimento della loro falsità o manipolazione interessata non devono trovare protezione di fronte al diritto positivo, lasciando sempre un ampio margine di tolleranza in favore di un ambiente di libertà di ricerca quando la veracità non è facilmente riscontrabile.
c. Il diritto alla libertà di ricerca non deve avere limiti da parte della verità da scoprire, anche se si tratta della verità del male, compreso il male dell’errore, ma può invece averli da parte dei mezzi per giungere a essa. Non è lecito fare tutto quanto si può perseguire nella ricerca: per esempio, fare la ricerca genetica sacrificando esseri umani, violare il segreto professionale del medico o del sacerdote per conoscere la situazione di una persona, prescindere dalle fonti della Rivelazione per una sentenza teologica.
d. Il diritto di espressione, che la Dichiarazione della Rivoluzione francese del 1789, al numero 11, considerava «uno dei diritti più preziosi dell’uomo», quando si tratta di realizzarlo attraverso i mezzi di comunicazione sociale è più illusorio che reale per l’immensa maggioranza, perché sono pochi quelli che hanno, giustamente o ingiustamente, accesso a essi.
* «Articolo 20.1. Ogni individuo ha il diritto alla libertà di riunione e di associazione pacifica».
Puntualizzazione:
Perché una riunione o un’associazione siano lecite e legali non basta siano «pacifiche» nel senso più corrente del termine. Possono esservi e vi sono altre associazioni «pacifiche», che attentano al bene comune, intollerabili, come associazioni per l’uso della droga, per la tratta delle bianche, per l’eutanasia.
* «Articolo 20.2. Nessuno può essere costretto a far parte di un’associazione».
Puntualizzazione:
Ma a restare in essa finché dura il suo impegno libero e responsabile di permanenza in qualunque ambito, purché lecito.
* «Articolo 21.1. Ogni individuo ha diritto di partecipare al governo del proprio paese, sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti».
Puntualizzazione:
Nel senso che questa partecipazione democratica e in queste forme si debba realizzare in ogni paese e sempre, non si può considerare come un diritto fondamentale, da osservare inviolabilmente. Sono possibili altre forme di governo, più o meno democratiche, più o meno transitoriamente valide.
* «Articolo 21.2. Ogni individuo ha diritto di accedere in condizioni di eguaglianza ai pubblici impieghi del proprio paese».
Puntualizzazione:
Non con il criterio dell’ugualitarismo, ma del discernimento di qualità del candidato in proporzione alla competenza che esige la carica pubblica. Non tutti valgono ugualmente per tutto. Come osserva il Concilio Vaticano II, «senza dubbio, non tutti gli uomini sono uguali per la varia capacità fisica e per la diversità delle forze intellettuali e morali» (Gaudium et spes, n. 29).
* «Articolo 21.3. La volontà popolare è il fondamento dell’autorità del governo; tale volontà deve essere espressa attraverso periodiche e veritiere elezioni, effettuate a suffragio universale ed eguale, ed a voto segreto, o secondo una procedura equivalente di libera votazione».
Puntualizzazioni:
a. Né nella forma di governo democratico, né nelle altre forme di governo legittimo, l’autorità del potere pubblico si basa sulla volontà del popolo come sua fonte prima. Dio conferisce al popolo la facoltà di autogovernarsi, e questo la trasferisce al governante in modi diversi. Il governante non può esercitare la propria funzione contro la ragionevole volontà del popolo; e neppure il popolo e il governante possono istituire ed esercitare il potere politico contro la Legge di Dio, impressa nell’ordine naturale, sotto pena di illegittimità.
b. Il suffragio popolare, che legittima un governo democratico, non è più giusto o più democratico dal punto di vista qualitativo per il fatto di essere inorganico, cioè «universale ed eguale». Non tutti i voti valgono allo stesso modo dal punto di vista qualitativo.
* «Articolo 22. Ogni individuo, in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale, nonché alla realizzazione, attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale ed in rapporto con l’organizzazione e le risorse di ogni Stato, dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità».
Puntualizzazione:
Il diritto alla sicurezza sociale, intesa sia come protezione sanitaria, dalla disoccupazione o dall’invalidità, sia come protezione contro le difficoltà della vita e dell’impresa, contenuta nell’articolo 3, nasce dalla naturale socialità dell’uomo. Ma questo diritto di partecipazione passiva è inseparabile dal diritto della società o dello Stato a che i cittadini cooperino alla salute pubblica, all’apporto economico e agli altri fattori che costituiscono il bene comune, esigenza di giustizia legale. Si dimentica a questo proposito almeno, come nel resto della Dichiarazione, il capitolo dei doveri verso lo Stato. È eccessivamente individualista. Come diceva Giovanni XXIII, «coloro […] che, mentre rivendicano i propri diritti, dimenticano o non mettono nel debito rilievo i rispettivi doveri, corrono il pericolo di costruire con una mano e distruggere con l’altra» ( Pacem in terris, n. 13).
* «Articolo 23.1. Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione».
Puntualizzazione:
Il diritto alla scelta del lavoro a condizioni giuste e a non restare senza, porta con sé il corrispondente dovere dei responsabili dei settori e dei posti di lavoro di soddisfare questo diritto del lavoratore, e il dovere di questo di rendere nella produzione in modo onesto, vincendo poltronerie, trascuratezze, ricatti costituiti da scioperi «selvaggi» che, mentre rovinano le imprese, sono all’origine di chiusure forzate. Su questi doveri non vi è articolo nella Dichiarazione universale.
* «Articolo 23.2. Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro».
Puntualizzazione:
Non è umano materializzare in questo modo il lavoro facendo coincidere matematicamente il valore del lavoro con il suo prodotto economico, senza tener conto del rapporto con la persona che lo dignifica o lo umanizza. Non può essere paragonato al rendimento di una macchina o di una bestia, che si comprano o si affittano in vista del loro rendimento economico. «[…] il lavoro va remunerato in modo tale da garantire mezzi sufficienti per permettere al singolo e alla sua famiglia una vita dignitosa su un piano materiale, sociale, culturale e spirituale, corrispondentemente al tipo di attività e grado di rendimento economico di ciascuno nonché alle condizioni dell’impresa e al bene comune» (Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, n. 67; cfr. Giovanni Paolo II, Laborem exercens, n. 19).
* «Articolo 23.3. Ogni individuo che lavora ha diritto ad una remunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se necessario, da altri mezzi di protezione sociale».
Puntualizzazione:
Con questo paragrafo si addolcisce la valutazione puramente commerciale del lavoro del paragrafo precedente; ma non si giunge all’altezza della dottrina sociale della Chiesa sulla personalizzazione e socializzazione dello stesso (cfr. Gaudium et spes, n. 6); non si misura con il metro della dignità dello stesso soggetto del lavoro (cfr. Laborem exercens, n. 6). L’eventuale aiuto suppletivo di protezione sociale non ha le dimensioni del salario familiare legato al lavoro umanizzato.
* «Articolo 23.4. Ogni individuo ha il diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi».
Puntualizzazione:
Purché questi interessi non contrastino con i giusti interessi di terzi e del bene comune.
* «Articolo 24. Ogni individuo ha diritto al riposo ed allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e ferie periodiche retribuite».
Puntualizzazione:
L’articolo contempla soltanto i lavoratori che si occupano di beni altrui o comuni, e in questo caso la durata «ragionevole» del tempo di lavoro e delle ferie pagate dovrà essere inevitabilmente calcolata sulla base del prodotto dell’attività.
* «Articolo 25.1. Ogni individuo ha il diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia e in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà».
Puntualizzazioni:
a. Perché tutti e ciascuno di questi diritti vengano riconosciuti e soddisfatti devono essere completati dai rispettivi doveri, tanto della persona bisognosa come della società nazionale e internazionale, in ordine al loro possibile conseguimento o rivendicazione effettiva. Nel frattempo l’uomo può condurre una vita misera carica di diritto.
b. Di fatto, solo le Nazioni Unite firmatarie sono passate da questa proclamazione alle attenzioni concrete al bene comune internazionale, come si tornerà a ripetere all’articolo 28. Basterebbe parte del bilancio in armamenti per soddisfare questi molteplici diritti.
* «Articolo 25.2. La maternità e l’infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti i bambini, nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale».
Puntualizzazione:
Questo diritto delle madri e dei bambini nati dovrebbe essere esteso alle donne in stato di gravidanza e ai figli non nati.
* «Articolo 26.1. Ogni individuo ha diritto all’istruzione. L’istruzione deve essere gratuita almeno per quanto riguarda le classi elementari e fondamentali. L’istruzione elementare deve essere obbligatoria. L’istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla portata di tutti e l’ istruzione superiore deve essere ugualmente accessibile a tutti sulla base del merito».
Puntualizzazioni:
a. Ammettendo come valido il diritto naturale e universale all’educazione, che prolunga la formazione dell’individuo umano, l’articolo entra in formulazioni discriminatorie del diritto positivo inaccettabili almeno in generale.
b. Non è evidente né si giustifica il fatto che l’ istruzione elementare sia gratuita quando i genitori possono pagarla, né che quella tecnica e superiore non la sia quando dovrebbe esserlo per le persone con attitudine senza risorse. Alla fine del paragrafo l’ugualitarismo viene negato in conseguenza dell’attenzione a meriti disuguali degli educandi.
* «Articolo 26.2. L’ istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l’amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l’opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace».
Puntualizzazione:
Tutti questi obiettivi sono parti dell’educazione, ma non le uniche e neppure le principali. Si deve pure educare alla verità e al bene, alla giustizia e all’onestà, a rispettare i diritti di Dio e il diritto alla vita, a compiere i propri doveri e, anche, è chiaro, a sapere che non solo le Nazioni Unite aspirano alla pace. Tutte desiderano la pace, benché non sempre la cerchino.
* «Articolo 26.3. I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli».
Puntualizzazione:
Ma come si nega loro libertà di lasciare i propri figli senza educazione elementare (cfr. articolo 26. 1), si deve pure negare loro di fornire a essi un’educazione disumanizzante, o deformazione.
* «Articolo 27.1. Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, a godere delle arti e a partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici».
Puntualizzazione:
In qualche misura la partecipazione alla programmazione culturale e scientifica della nazione è di consueto obbligatoria, e va inclusa nell’apporto fiscale al Tesoro.
* «Articolo 27.2. Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore».
Puntualizzazione:
La protezione degli interessi morali, nel senso più proprio del termine, avrà ragion d’essere quando le produzioni siano moralmente degne, perché, se sono immorali, la società ha il dovere-diritto di disapprovarle.
* «Articolo 28. Ogni individuo ha diritto ad un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e le libertà enunciati in questa Dichiarazione possano essere pienamente realizzati».
Puntualizzazione:
Senza misconoscere i diritti della persona di fronte alla società nazionale e internazionale, è pretenzioso che un numero ridotto di Nazioni Unite proclamino, per pro- prio conto, alcuni diritti per tutte le persone rispetto a tutte le nazioni.
* «Articolo 29.1. Ogni individuo ha dei doveri verso la comunità, nella quale soltanto è possibile il libero e pieno sviluppo della sua personalità».
Puntualizzazione:
È la seconda volta che si menzionano doveri; ma si omette di far riferimento ai doveri della comunità rispetto alle persone, dal momento che, in ultima analisi, è piuttosto la comunità per la persona che la persona per la comunità, come precisava Pio XI (cfr. Divini Redemptoris, n. 29).
* «Articolo 29.2. Nell’esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà, ognuno deve essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento e il rispetto dei diritti e della libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della morale, dell’ordine pubblico e del benessere generale in una società democratica».
Puntualizzazioni:
a. La persona è soggetta alla legge, ma non solo alla legge civile; vi sono obblighi della legge morale che non si trasformano in legge civile.
b. Le esigenze della morale, dell’ordine pubblico e del benessere generale non sono esclusive di una società democratica stricto sensu. D’altra parte, i diritti degli altri e della stessa società non possono commisurare adeguatamente i doveri-diritti della persona, perché, come ha affermato molto saggiamente san Tommaso, «l’uomo non è ordinato alla società civile in forza di tutto il suo essere e di tutti i suoi beni […]. Invece l’uomo, in tutto quello che forma il suo essere, il suo potere e il suo avere, dice ordine a Dio» (I-II, 21, 4 ad 3).
* «Articolo 29.3. Questi diritti e queste libertà non possono in nessun caso essere esercitati in contrasto con i fini e i principi delle Nazioni Unite».
Puntualizzazione:
Se il proposito delle Nazioni Unite è il riconoscimento dei diritti e delle libertà fondamentali, a tenore del sesto considerato, non ha molto senso volerne impedire il loro esercizio in qualche caso. Chi ha un diritto lo potrà o no esercitare, ma non gli si potrà impedire il suo esercizio trattandosi di un diritto inviolabile, come assicura la Dichiarazione.
* «Articolo 30. Niente nella presente Dichiarazione può essere interpretato nel senso di implicare un diritto di un qualsiasi Stato, gruppo o persona di esercitare un’attività o di compiere un atto mirante alla distruzione di alcuni dei diritti e delle libertà in essa enunciati».
Puntualizzazione:
Le Nazioni Unite potranno vietare ai loro soggetti o Stati firmatari di iniziare o di svolgere atti tendenti alla soppressione di diritti proclamati nella Dichiarazione, ma non alle altre persone, gruppi o Stati che non vedano in essa valori veramente universali di diritto naturale o delle genti, né compatibili con il diritto positivo, nel suo insieme o in alcuni suoi articoli o clausole parziali. La redazione ha ceduto ancora una volta al positivismo volontarista senza misura.
6. L’auspicabile perfezionamento della «Dichiarazione universale dei doveri e dei diritti dell’uomo»
Per René Cassin, segretario del Comitato di Redazione, la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo costituisce «una pietra miliare nella storia dell’umanità». Se la giudichiamo a posteriori, la sua efficacia pacificatrice e umanizzatrice è stata ben poca. Come ricordava Giovanni Paolo II a Puebla de los Angeles, il 28 gennaio 1979, «la nostra è, senza dubbio, l’ epoca nella quale molto si è scritto e parlato intorno all’uomo, l’epoca degli umanismi e dell’antropocentrismo. Tuttavia, paradossalmente, è anche l’epoca delle angosce più profonde dell’uomo circa la propria identità e il proprio destino, della retrocessione dell’uomo a livelli prima insospettati, l’epoca di valori umani conculcati come mai in precedenza» (I, 9). La Dichiarazione che ho presentato o riletto ci presenta l’uomo sovraccarico di diritto, ma minimamente soddisfatto. La solenne proclamazione del 1948, con le susseguenti Convenzioni europea, del 1950, e americana, del 1978, per la sua protezione, ha presupposto un notevole sforzo di umanizzazione dei rapporti umani. Esso è stato riconosciuto e celebrato fino all’esagerazione nei suoi quarant’anni di storia che sono stati commemorati. Nell’esposizione precedente ho indicato molte carenze o peccati d’origine, che spiegano in parte la sua inefficacia. Come capitolo complementare di segno positivo vorrei segnalare ora, in corrispondenza con la visione negativa d’insieme del secondo capitolo, le due dimensioni di possibile sviluppo progressivo della Dichiarazione, una in direzione orizzontale di universalità, e l’altra in direzione verticale di radicamento o motivazione.
A. Perfezionamento in universalità
Voglio dire che la Dichiarazione, per essere veramente universale, necessita di un ampliamento in diversi sensi, che posso solamente suggerire in modo sintetico:
a. Ampliamento del soggetto di diritti umani, superando lo stretto individualismo in cui è concepita quella del 1948. Oltre la persona considerata individualmente, in relazione alla famiglia, alla società e allo Stato, anche queste entità hanno diritti relativamente all’individuo. Basterebbe pensare al diritto dello Stato nei rapporti di giustizia sociale o legale relativamente all’individuo.
b. Visione più complessiva dell’Uomo, valutata non solo nei suoi diritti strettamente umani, cioè nel suo comportamento propriamente umano o responsabile, ma anche nella sua condizione nativa di uomo, dalla sua esistenza intrauterina all’uso di ragione. Alludo alla distinzione fra diritti dell’uomo e diritti umani, secondo la distinzione che faceva san Tommaso fra actus hominis e actus humanus (cfr. I-II, 1, 1).
c. Fondare sempre e immediatamente i diritti umani nei corrispondenti doveri umani, ugualmente universali e indispensabili, e più radicali degli stessi diritti. Perciò lo stesso titolo complessivo dovrebbe essere mutato in Dichiarazione universale dei doveri e dei diritti dell’uomo.
d. Con questo ampliamento, la Dichiarazione comprenderebbe tutto l’ambito della virtù della giustizia nei suoi postulati fondamentali di diritto naturale e delle genti, superando il senso anzitutto difensivo dei diritti e delle libertà dell’individuo di fronte al potere dello Stato che caratterizza la Dichiarazione del 1948. Dopo tutto, il valore o la dignità del comportamento sociale dell’uomo sta più nel compimento attivo dei doveri, esigiti o no legalmente, che nella titolarità passiva dei diritti. Non si è onesti per il fatto di avere diritti, ma di compiere doveri.
e. Quanto a elementi universali di efficacia, sarebbe auspicabile che la Dichiarazione universale dei doveri e dei diritti dell’uomo, oltre la forza morale emanante dalla sua evidente onestà, godesse inoltre di forza legale per pretendere il compimento dei doveri e garantire giuridicamente i diritti, tanto nell’ambito internazionale che in quello nazionale. Questo sarebbe attualmente più fattibile, tenuto conto del gran numero di Stati che hanno ingrossato le Nazioni Unite e pensando che l’attuale perestrojka di Michail Gorbaciov potrebbe superare l’astensionismo del blocco comunista nella votazione del 1948 (URSS, Ucraina, Polonia, Cecoslovacchia, Jugoslavia).
B. Perfezionamento in radicamento
A mio modo di vedere questo è l’aspetto più debole della Dichiarazione delle Nazioni Unite. Si è preteso che il mondo abbia fiducia nelle sue parole e nelle sue garanzie di pace, ma i suoi piedi erano d’argilla: il suo positivismo volontarista chiuso ai princìpi e ai fini trascendenti. Necessita un affidamento più consistente.
a. Di taluni diritti universali e inviolabili vanno indicate radici più comuni e persistenti, che possono essere solamente la natura umana, comune a tutti gli uomini, con i suoi apprezzamenti o valutazioni pure comuni, facilmente riconoscibili da parte di tutti gli uomini di tutti gli Stati. Si tratta dei dettami di diritto naturale, impressi da Dio nel cuore degli uomini, e che non sono stati obnubilati neppure dal peccato originale, e del diritto delle genti, derivati immediatamente dalle sinderesi o princìpi di diritto naturale, e facilmente riconoscibili da tutte le genti. «L’uomo — afferma il Concilio Vaticano II commentando san Paolo — ha […] una legge scritta da Dio nel suo cuore: obbedire ad essa è la dignità stessa dell’ uomo, e secondo questa egli sarà giudicato» (Gaudium et spes, n. 16). «Il diritto delle genti — aggiunge san Tommaso — in qualche modo è naturale per l’uomo, essere ragionevole, in quanto deriva dalla legge naturale come conclusione quasi immediata dei principii» (I-II, 95, 4 ad 1; cfr. 94, 4 e 6).
b. Il che equivale a dire che i doveri e i diritti dell’uomo, universali e inviolabili, sono, anzitutto, quelli che traggono la propria ragion d’essere dalla legge naturale, perché è ben noto che, benché la legge non sia il diritto, ne è però la sua ragion d’essere — «lex non est ipsum ius, proprie loquendo, sed aliqualis ratio iuris» (san Tommaso, II-II, 57, e ad 2) —, e dalla legge umana derivata necessariamente dalla legge naturale e nota come tale alla comune delle genti (cfr. I-II, 94, 4). Possono avere qualità di doveri-diritti umani universali e inviolabili anche quelle derivazioni corrette più remote e recondite del diritto naturale, che conoscono con certezza solo i filosofi; e anche quelle determinazioni puramente positive di comportamento civico su cui si possono mettere d’accordo tutti gli Stati o la Communitas Orbis, di cui parlavano i teologi giuristi del secolo XVI, purché non contrastino con la legge naturale: «Una legge umana positiva in tanto ha natura di legge, in quanto deriva dalla legge naturale. Chè se in qualche cosa è contraria alla legge naturale, non è più legge ma corruzione della legge» (I-II, 95, 2).
c. Infine, e guardando al proposito che ha mosso le Nazioni Unite a redigere la Dichiarazione, cioè il consolidamento della pace, si deve dire che la pace autentica deve radicarsi nei valori previ della verità, della libertà, della giustizia e dell’amore. All’inizio ho già fatto constatare l’assenza del valore della verità nella Dichiarazione. Invece della libertà si parla molto, ma non si tratta sempre della libertà vera e giusta. Del diritto si parla continuamente, ma non è il diritto definito dal giusto in confronto armonioso con il dovere. Dell’amicizia si parla come di oggetto di diritto, ma non come di principio.
d. E perché la pace? Perché l’uomo si realizzi pienamente nella vita personale e sociale, rispondendo al piano di Dio. «Parere Deo libertas est», aveva detto Lucio Anneo Seneca (4 a.C.-65 d.C.) (De vita beata, 5).
C. Criterio di giudizio di Giovanni Paolo II
Dopo aver scritto il commento precedente, ho potuto leggere il magnifico discorso di Giovanni Paolo II, del 9 gennaio 1989, al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, nel quale ha toccato con grande precisione e autorità le idee che ho appena esposte. Si esprime in questo modo: «Dalla natura stessa dell’uomo derivano il rispetto della vita, dell’integrità fisica, della coscienza, del pensiero, della fede religiosa, della libertà personale di ogni cittadino. Questi elementi essenziali per l’esistenza di ciascuno non sono oggetto di una “concessione” dello Stato, che “riconosce” soltanto queste realtà anteriori al proprio sistema giuridico e che ha il dovere di garantirne il godimento.
«Questi diritti sono quelli della persona, necessariamente inserita in una comunità, poiché l’uomo è sociale per natura. La sfera inviolabile delle libertà deve dunque comprendere quelle che sono indispensabili alla vita di queste cellule fondamentali che sono la famiglia e le comunità di credenti: è in seno ad esse che si esprime questa dimensione sociale del- l’uomo» (n. 4).
«È stato giustamente posto in rilievo che la dichiarazione del 1948 non presenta i fondamenti antropologici ed etici dei diritti dell’uomo che essa proclama. Al giorno d’oggi appare chiaramente che un tale compito era all’epoca prematuro. È dunque alle diverse correnti di pensiero — in particolare alle comunità dei credenti — che spetta il compito di fornire le basi morali dell’edificio giuridico dei diritti dell’uomo.
«In questo campo la Chiesa cattolica — e forse anche altre famiglie spirituali — ha un contributo insostituibile da offrire, poiché essa proclama che è nella dimensione trascendente della persona che si trova la fonte della sua dignità e dei suoi diritti inviolabili. In nessun altro posto, dunque. Educando le coscienze, la Chiesa forma dei cittadini impegnati nella promozione dei valori più nobili. Benché la nozione di “diritto dell’uomo”, con la sua doppia esigenza dell’autonomia della persona e dello Stato di diritto, sia in qualche modo propria della civiltà occidentale, segnata dal cristianesimo, il valore su cui poggia tale nozione, e cioè la dignità della persona, è una verità universale, destinata ad essere accolta sem- pre più esplicitamente in tutti gli ambienti culturali.
«Da parte sua, la Chiesa è con- vinta di servire la causa dei diritti dell’ uomo quando, fedele alla sua fede e alla sua missione, proclama che la dignità della persona ha il suo fondamento nella sua qualità di creatura fatta ad immagine e somiglianza di Dio. Quando i no- stri contemporanei cercano su quale base fondare i diritti dell’ uomo, essi dovrebbero trovare nella fede dei credenti e nel loro senso morale i fondamenti trascendenti indispen- sabili perché questi diritti siano al riparo da tutti i tentativi di manipo- lazione da parte dei poteri umani.
«Lo vediamo, i diritti dell’uomo, più che norme giuridiche, sono innanzitutto dei valori. Questi valori devono essere custoditi e coltivati nella società, altrimenti essi rischiano di scomparire anche dai testi di legge. Anche la dignità della persona deve essere tutelata nei costumi, prima di esserlo nel diritto. Non posso qui tacere l’inquietudine che suscita il cattivo uso che alcune società fanno di questa libertà così ardentemente desiderata da altre.
«Quando la libertà di espressione e di creazione non è più orientata verso la ricerca del bello, del vero e del bene, ma si compiace, per esempio, nella produzione di spettacoli di violenza, di sevizie o di terrore, questi abusi frequentemente ripetuti rendono precarie le proibizioni dei trattamenti inumani o degradanti sancite dalla Dichiarazione universale dei Diritti dell’uomo e non lasciano presagire un avvenire al riparo da un ritorno agli eccessi che questo documento solenne ha opportunamente condannato.
«Accade lo stesso quando la fede e i sentimenti religiosi dei credenti possono essere trasformati in derisione in nome della libertà di espressione o per fini di propaganda. L’intolleranza rischia di ricomparire, sotto altre forme. Il rispetto della libertà religiosa è un criterio non solo della coerenza di un sistema giuridico, ma anche della maturità di una società di libertà».
Victorino Rodríguez y Rodríguez O.P. (1926-1997)
Nota:
(1) L’affermazione è di Pedro Crespo, protagonista del dramma di PEDRO CALDERÓN DE L A BARCA (1600-1681), El alcalde de Zalamea, datato fra il 1641 e il 1642, III, IX, vv. 2376- 2377 (trad. it., Il giudice di Zalamea, in IDEM, Teatro, Garzanti, Milano 1990, pp. 576-856 [pp. 804-805]) (ndr).