Nuove discriminazioni verso le minoranze religiose in India. Il mondo indù sempre più rigido verso gli altri
di Silvia Scaranari
Nel villaggio di Kistaram, nello Stato indiano di Chhattisgarh, circa 30 famiglie cristiane avevano costruito una piccola cappella per pregare sul terreno di un fedele. Il 3 febbraio il capo villaggio sporge denuncia contro questa piccola comunità e il 4 la cappella viene data alle fiamme. Le autorità non hanno mosso un dito, anzi, pare che abbiano ammonito i fedeli a non ricostruire il luogo di culto. Fatto analogo l‘8 febbraio a Mangalore, città dello Stato indiano di Karnataka, dove l’edificio di una chiesa è stato demolito dagli estremisti indù.
Nello stesso Stato e negli stessi giorni è stata emanata una legge che vieta alle giovani studentesse di indossare l’hijab nei locali scolastici. Decine di studenti hanno circondato alcuni edifici scolastici per protesta e centinaia di giovani e adulti sono scesi nelle piazze a Kundapur per chiedere il ritiro della legge, considerata discriminatoria verso la comunità islamica, mentre il ministro dell’educazione B.C. Nageshda a New Delhi afferma che le norme rientrano in una banale riorganizzazione dell’abbigliamento scolastico.
Il Karnataka è lo Stato di incubazione della politica dell’hindutva, la filosofia nazionalista indù che vuole estendersi a tutta l’India, portata avanti dal partito Bharatiya Janata Party (BJP), soprattutto contro musulmani e cristiani. Se l’esperimento funzionasse, potrebbe essere esteso ad altre zone dello Stato federale.
Il 14 febbraio migliaia di cittadini di ogni estrazione sociale hanno manifestato in India perché venga ritirata la legge anti-conversioni in discussione al Palamento federale. «Queste leggi anti-conversione sono tentativi di intimidire la comunità cristiana; la legge pianificata in Karnataka è sulla stessa linea», osserva Punyani, ex-professore di ingegneria biomedica, e promotore dei diritti umani. «Ovunque sia stata approvata la legge anti-conversione, ironicamente chiamata ‘legge sulla libertà di religione’, essa è diventata una giustificazione per la persecuzione delle minoranze religiose e di altri gruppi emarginati. Gli attacchi alle minoranze sono cresciuti notevolmente negli ultimi anni da quando questa legge è stata usata come arma contro cristiani e musulmani, in particolare appartenenti ad “adivasi, dalit e donne”». Secondo padre Ajay Kumar Singh, prete cattolico, «un dalit convertito al cristianesimo o all’islam perde la protezione dello Stato, ma non la perde se si converte al sikhismo, al giainismo o al buddismo».
Non a caso lo scorso gennaio, alla pubblicazione del Rapporto dell’ONG Open Doors (ente fondato da fratel Andrew in Olanda nel 1955), si è parlato con preoccupazione dell’India, entrata fra i primi 10 Paesi al mondo per discriminazione e persecuzione verso i cristiani, dato che conferma un altro rapporto, Cristiani sotto attacco in India, presentato in conferenza stampa a Nuova Delhi lo scorso 23 ottobre ad opera di United Against Hate e United Christian Forum, secondo cui la violenza di matrice religiosa è diventata un vero dramma.
In effetti l’India, il paese del Mahatma Gandhi e di Madre Teresa, il Paese che nella seconda metà del secolo scorso evocava nelle giovani generazioni immagini di pace e di meditazioni metafisiche (anche se talora favorite da qualche polverina locale), è piombato in un clima di tensione religiosa. I rapporti fra le comunità indù e le minoranze religiose non sono mai stati felici, ma nel XXI secolo assistiamo ad una escalation. All’intolleranza, che potremmo definire di base, fra agricoltori (i cosiddetti “difensori delle mucche”) e allevatori, si aggiunge una sempre più discriminatoria politica del governo federale e dei governi locali.
I cristiani in India sono circa 69 milioni, circa il 5% della popolazione, mentre i musulmani rappresentano circa il 14,5%. Entrambe le confessioni religiose sono per loro natura missionarie e sono state pesantemente discriminate, accusando di conversione forzata insegnanti che operano nelle istituzioni scolastiche missionarie e, proprio per questo, i Salesiani hanno dovuto chiudere la loro Compagnia per lo Sviluppo Tribale Don Bosco, che dal 1976 operava a favore delle comunità più emarginate del Tamil Nadu.
La Costituzione della Repubblica dell’India garantisce la libertà religiosa all’articolo 25, nel quale si afferma che «tutte le persone hanno egualmente diritto alla libertà di coscienza e al diritto di professare, praticare e diffondere liberamente la propria religione». La Carta costituzionale dedica, inoltre, una specifica disposizione, l’articolo 26, alla salvaguardia della libertà di «ogni confessione religiosa» di «stabilire e mantenere istituzioni per scopi religiosi e caritatevoli» e di «gestire i propri affari in materia di religione».
Tuttavia, è stata emanata una «Legge sulla regolamentazione dei contributi esteri», che dal 2020 è usata per estendere il controllo sulle realtà civili, in particolare su quelle religiose, impedendo loro di ricevere sovvenzioni tramite fondazioni o enti stranieri. Proprio su questa base le Suore di Madre Teresa di Calcutta si sono viste sottrarre concessioni di terreno e possibilità di esercitare le proprie attività caritative a favore degli orfani all’inizio di gennaio.
Le leggi forniscono un clima di tensione e un’opportunità ai funzionari locali e alle organizzazioni suprematiste indù per atti vandalici a danno di luoghi di culto o, peggio, per aggredire e intimidire i membri delle comunità minoritarie, soprattutto le donne, che subiscono violenze e, spesso, rapimenti a scopo di conversione e matrimoni forzati. Possiamo restare indifferenti di fronte ad una sempre maggiore persecuzione religiosa verso i cristiani, convinti che siano fenomeni in Paesi lontani? Ma forse dovremmo renderci conto che la libertà religiosa è messa in pericolo anche nella democraticissima Europa, visto che è attesa in Finlandia per il 30 marzo la sentenza contro l’ex-ministro agli interni Päivi Räsänen, madre di cinque figli e medico, e il vescovo luterano Juhan Pohjola, accusati di aver insultato la minoranza LGBT citando san Paolo (Rm 1,24-27) e il Vecchio Testamento.
Se l’India è lontana, la Finlandia è un Paese dell’Unione Europea. E’ questa libertà che vogliamo lasciare in eredità ai nostri figli?
Venerdì, 4 marzo 2022