di Marco Invernizzi
«Una familiarità senza comunità, una familiarità senza il Pane, una familiarità senza la Chiesa, senza il popolo, senza i sacramenti è pericolosa. Può diventare una familiarità – diciamo – gnostica, una familiarità per me soltanto, staccata dal popolo di Dio».
Il Papa ha pronunciato queste parole nell’omelia della Messa celebrata a Santa Marta venerdì 17 aprile. La familiarità con Gesù è la preghiera da cui nasce la comunione, quella preghiera che faceva dire al santo curato d’Ars di un contadino che trascorreva ore davanti al Santo Sacramento: «io lo guardo, lui mi guarda», come possono fare due innamorati o una mamma con il suo bambino.
La familiarità ha bisogno di diversi ingredienti: il pane che diventa il corpo di Cristo e che viene conservato nel Tabernacolo, la Chiesa come la comunità di chi adora quella Presenza reale del corpo diventato Cristo.
Ora, una Chiesa che dimentica questi fondamentali rischia lo gnosticismo, cioè quella malattia dello spirito che confonde il cristianesimo con una via astratta e intellettualistica, rivolta a pochi iniziati che non hanno bisogno dei segni concreti a cui il popolo fa invece sempre riferimento.
Con molta umiltà il Papa ha ricordato il rimprovero di un vescovo, che gli ha detto, prima della celebrazione in San Pietro senza fedeli: «Stia attento a non viralizzare la Chiesa, a non viralizzare i sacramenti, a non viralizzare il popolo di Dio. La Chiesa, i sacramenti, il popolo di Dio sono concreti. È vero che in questo momento dobbiamo fare questa familiarità con il Signore in questo modo, ma per uscire dal tunnel, non per rimanerci».
Spesso noi cittadini del Terzo Millennio un po’ intellettualizzati da una fede riconquistata ma spesso priva di radici popolari, facciamo fatica a comprendere l’importanza dei “segni”.
Gli Apostoli capirono invece il senso della familiarità con il Signore: «questa è la familiarità degli apostoli: non gnostica, non viralizzata, non egoistica per ognuno di loro, ma una familiarità concreta, nel popolo. La familiarità con il Signore nella vita quotidiana, la familiarità con il Signore nei sacramenti, in mezzo al popolo di Dio».
Nel tempo attuale l’emergenza sanitaria costringe a privarsi di questi “segni”, ma non si deve dimenticare il senso di questa privazione, cioè la salute di tanti, oltre a quella di ciascuno di noi. Tuttavia il Papa ricorda che si deve uscire dal tunnel, non rimanerci. Che non si deve dare ascolto a chi dice che si può pregare ovunque, anche in bagno: non perché non sia vero, in assoluto, ma perché va contro il mistero dell’Incarnazione, che riporta al fatto che Dio si sia fatto uomo, assumendo tutte le caratteristiche dell’umano, tranne il peccato, che ha lasciato in eredità all’uomo una presenza reale, che vuole che l’uomo viva la fede nella comunità, il suo popolo.
Ogni tanto si ha l’impressione che qualcuno abbia dimenticato queste caratteristiche essenziali della fede cristiana.
Venerdì, 17 aprile 2020