
I SS. Pietro e Paolo inaugurano l’ecumenismo del sangue, seme di unità e dato di fatto molto attuale in molte parti del mondo. L’unità della Chiesa, dice il Papa, è fortificata anche dalla capacità di perdonare e riaccogliere i peccatori, come furono entrambi gli apostoli festeggiati
di Michele Brambilla
Come dice Papa Leone XIV nell’introdurre l’Angelus del 29 giugno, «oggi è la grande festa della Chiesa di Roma, generata dalla testimonianza degli Apostoli Pietro e Paolo e fecondata dal loro sangue e da quello di molti altri martiri». Il Papa denuncia che «anche ai nostri giorni, in tutto il mondo, vi sono cristiani che il Vangelo rende generosi e audaci persino a prezzo della vita. Esiste così un ecumenismo del sangue, una invisibile e profonda unità fra le Chiese cristiane, che pure non vivono ancora tra loro la comunione piena e visibile». «Voglio pertanto confermare in questa festa solenne che il mio servizio episcopale è servizio all’unità e che la Chiesa di Roma è impegnata dal sangue dei Santi Pietro e Paolo a servire la comunione tra tutte le Chiese», rimarca il Pontefice.
“Pietro” viene da “pietra” e «la pietra, da cui Pietro riceve anche il proprio nome, è Cristo. Una pietra scartata dagli uomini e che Dio ha reso pietra angolare (cfr Mt 21,42). Questa Piazza e le Basiliche Papali di San Pietro e di San Paolo ci raccontano come quel rovesciamento continui sempre» nella storia, basti pensare al fatto che gli attuali santuari erano un tempo fuori dalle porte delle Mura Aureliane, ma oggi sono i cardini indiscussi della città. «Ciò che a noi appare grande e glorioso è stato prima scartato ed espulso, perché in contrasto con la mentalità mondana. Chi segue Gesù si trova a camminare sulla via delle Beatitudini, dove la povertà di spirito, la mitezza, la misericordia, la fame e la sete di giustizia, l’operare per la pace trovano opposizione e anche persecuzione. Eppure, la gloria di Dio brilla nei suoi amici e lungo il cammino li plasma, di conversione in conversione», osserva il Papa.
«Cari fratelli e sorelle, sulle tombe degli Apostoli, meta millenaria di pellegrinaggio, anche noi scopriamo che possiamo vivere di conversione in conversione. Il Nuovo Testamento non nasconde gli errori, le contraddizioni, i peccati di quelli che veneriamo come i più grandi Apostoli», ma essi hanno cercato e incontrato il perdono del Signore. «Il Risorto, più di una volta, è andato a prenderli per rimetterli sul suo cammino. Gesù non chiama mai una volta sola», ma ci conferma continuamente il suo amore. Il perdono ricrea l’unità «a cominciare dalle nostre famiglie e dalle nostre comunità. Se infatti Gesù si fida di noi, anche noi possiamo fidarci gli uni degli altri, nel suo Nome».
Il Santo Padre, tale perché vescovo di Roma, loda quindi meritatamente il suo clero diocesano: in particolare «un pensiero carico di affetto voglio mandarlo ai parroci e a tutti i sacerdoti che lavorano nelle parrocchie romane, con riconoscenza e incoraggiamento per il loro servizio. In questa festa si celebra anche la Giornata dell’Obolo di San Pietro, che è un segno di comunione con il Papa e di partecipazione al suo ministero apostolico. Ringrazio di cuore quanti con il loro dono sostengono i miei primi passi come Successore di Pietro».
La carità del Papa è universale come la Chiesa. «Sorelle e fratelli, continuiamo a pregare perché dovunque tacciano le armi e si lavori per la pace attraverso il dialogo» tra le parti in guerra. Ai pellegrini ucraini ci tiene a far sapere che «prego sempre per il vostro popolo».
Lunedì, 30 giugno 2025