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La Lega e il futuro dell’Italia

14 Marzo 2018 - Autore: Marco Invernizzi

di Marco Invernizzi

La Lega è l’altra forza politica uscita vittoriosa dalle elezioni politiche del 4 marzo. Non più Lega Nord, ma con un risultato molto importante in tutto il Nord e in particolare in Lombardia, dove, nonostante il cambio di candidato all’ultimo momento nelle concomitanti elezioni per la presidenza della Regione, ha sfiorato il 50% dei suffragi.

È bene ricordare un po’ di storia del più antico partito oggi presente in parlamento, il primo dei partiti nati dopo l’“epoca delle ideologie”, fuori dunque dallo schema Destra-Sinistra, comunismo-anticomunismo, che ha diviso l’Occidente dal secondo dopo guerra fino alla caduta del Muro di Berlino nel 1989.

La Lega Nord nasce dalla cultura dell’autonomia dei popoli, per valorizzare le loro identità e proteggerle, mettendo in discussione lo stesso principio fondante dell’unità nazionale, quell’idea di Stato-nazione che sta a fondamento del Risorgimento italiano. Il partito guidato da Umberto Bossi eredita dall’intellettuale e politico valdostano Bruno Salvadori (1942-1980) il patrimonio culturale dell’autonomismo, ma presto lo traduce in un linguaggio politico, sfruttando i disagi prodotti dell’immigrazione interna, da sud a nord, e rivendicando i diritti dei popoli del Nord contro l’invasività del centralismo statale. Cresce e si radica soprattutto in Veneto, dove vive la memoria della gloriosa tradizione della Serenissima Repubblica di Venezia, ma anche in Lombardia, e più modestamente in Piemonte e in Liguria.

La guida passa poi da Bossi a Roberto Maroni e quindi, nel 2013, a Matteo Salvini, il quale viene progressivamente occupando lo spazio politico libero lasciato libero sulla destra dello schieramento parlamentare dalla fine di Alleanza Nazionale. La Lega mette quindi altrettanto progressivamente in secondo piano la propria identità storica originaria di “sindacato del territorio” e tenta di accreditarsi come partito di portata e respiro nazionali, con il proposito di contrastare non più l’egemonia romana quanto quella di Bruxelles, mettendo in risalto anche i pericoli presenti nel flusso d’immigrati che entrano in Italia e che vi rimangono da clandestini.

La Lega diventa dunque vero un partito nazionale nelle elezioni del 4 marzo; anzi, il principale partito della coalizione di Centro-destra con il suo segretario, Salvini, che potrebbe un domani, forse nemmeno troppo lontano, diventare premier del Paese.

È evidente che, soprattutto oggi in epoca di relativismo e di dominio del pensiero debole, le elezioni si vincono sui grandi temi della sicurezza, della disoccupazione e della diminuzione della pressione fiscale. Tuttavia, affinché il consenso ottenuto non scompaia di fronte alle inevitabili difficoltà e sconfitte, un partito che voglia durare nel tempo deve fondarsi su princìpi solidi e proporre una narrazione che tenga unito almeno un pezzo base dell’elettorato, il cosiddetto “zoccolo duro”. Per questo la Lega, pur collocata a destra, non può passare dall’autonomismo al nazionalismo, ma deve proporre la riforma dello Stato in senso federalista, esaltando così le peculiarità dei diversi popoli d’Italia, senza pregiudicare l’unità nazionale. Deve cioè dimostrare che un partito di destra può essere federalista senza essere divisivo, può applicare i princìpi della solidarietà e della sussidiarietà che sono patrimonio della dottrina sociale cristiana raccogliendo il consenso dei ceti più deboli senza cadere nel pauperismo ma senza disprezzare il risparmio e lo sviluppo delle diverse componenti della società.

La Lega ha incontrato anche il consenso di molti cattolici, particolarmente di quelli attenti a mettere la famiglia (uomo, donna, figli) al centro della società e a richiedere politiche concrete diverse dal mero assistenzialismo per favorire una inversione di tendenza che affronti il più grande problema politico italiano di oggi: l’“inverno demografico” che sta portando la nazione al suicidio.

Rispondendo a queste chiamate, la Lega potrebbe effettivamente diventare, e rimanere per molto tempo, un importante punto di riferimento politico per molti milioni di italiani. Non è facile, ma è possibile.

Giovedì, 15 marzo 2018, San Clemente Maria Hofbauer

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Info Marco Invernizzi

Marco Invernizzi nasce a Milano nel 1952. Nel 1977 si laurea in filosofia all'Università Cattolica del Sacro Cuore con una tesi su Il periodico "Fede e Ragione" nell'ambito della storia del Movimento Cattolico italiano dal 1919 al 1929, relatore il professor Luigi Prosdocimi. Dopo gli studi universitari continua ad approfondire, in modo non puramente intellettualistico - dal 1972 milita in Alleanza Cattolica, della quale è stato responsabile per la Lombardia e per il Veneto fino al 2016-, le vicende del movimento cattolico in Italia. Ha pubblicato, fra l'altro, L'Unione Elettorale Cattolica Italiana. 1906-1919. Un modello di impegno politico unitario dei cattolici(Cristianità, Piacenza 1993); La Chiesa, la politica, il potere attraverso i secoli (contributo a Processi alla Chiesa. Mistificazione e apologia, a cura di Franco Cardini, Piemme, Casale Monferrato 1994); e, con altri, I Papi del nostro secolo, parte prima Da Leone XIII a Pio XII (Italica Libri/Editoriale del Drago, Milano 1991); e Guida introduttiva alla storia della Chiesa cattolica (Mimep-Docete, Pessano [Milano]). Collabora a Cristianità e ad altre riviste e quotidiani. Dal 1989 conduce a Radio Maria la trasmissione settimanale La voce del Magistero. Nella linea di quanto già edito si pone Il movimento cattolico in Italia dalla fondazione dell'Opera dei Congressi all'inizio della seconda guerra mondiale (1874-1939), un'opera di sintesi in cui viene ripercorsa la storia del movimento cattolico, con particolare attenzione alle sue espressioni politiche, dalla Breccia di Porta Pia alla vigilia del secondo conflitto mondiale. Dal 28 maggio 2016 è Reggente Generale di Alleanza Cattolica.

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