di Silvia Scaranari
«Signore, insegnaci a pregare» (Lc 11,1), chiedono i discepoli a Gesù e Lui insegna loro il Padre nostro.
Siamo creati a immagine e somiglianza di Dio. Dio è Trinità, comunione interpersonale e per questo anche noi siamo chiamati a comunicare con il Padre e con i fratelli: questo è pregare.
La forma più alta di preghiera è la santa Messa, come insegna il Santo Padre nell’udienza generale di mercoledì 15 novembre: «la Messa è preghiera, anzi, è la preghiera per eccellenza, la più alta, la più sublime, e nello stesso tempo la più “concreta”». La santa Messa è un incontro con l’Amore infinito, un incontro vero e speciale con Lui nella Sua parola, e mediante il Corpo e il Sangue di Gesù. Aggiunge ancora il Pontefice: «[…] l’Eucarestia è il momento privilegiato per stare con Gesù, e, attraverso di Lui, con Dio e con i fratelli».
Saper pregare è prima di tutto saper restare in silenzio perché il silenzio è preparazione, è raccoglimento, è capacità di ascolto di Lui che si fa sentire nel nostro cuore. Gesù stesso, durante la propria vita, spesso si ritira in luoghi appartati per poter pregare. Lui ha bisogno di restare in ascolto del Padre; noi come lui dobbiamo sapere dire Padre, dobbiamo riconoscere che abbiamo bisogno che Lui c’insegni a pregare.
«Questo è il primo punto: essere umili, riconoscersi figli, riposare nel Padre, fidarsi di Lui. Per entrare nel Regno dei cieli è necessario farsi piccoli come bambini. Nel senso che i bambini sanno fidarsi […] sapere che Dio si ricorda di te, si prende cura di te, di te, di me, di tutti».
Seconda condizione per saper pregare è lasciarci sorprendere perché quando ci mettiamo in dialogo con Dio entriamo in comunione con una Persona viva, in chiesa non andiamo in un museo ma in un luogo dove siamo certi di incontrare il Signore Gesù vivo.
Ma noi siamo deboli, ci lasciamo facilmente prendere da mille cose da fare, da mille impegni ma una cosa sola è importante, saper stare con il Signore. Se perdiamo di vista questo perdiamo la parte più importante di noi stessi, la nostra vita del cuore. Ma non dobbiamo perdere la fiducia nel Signore perché ci viene incontro, ci accoglie sapendoci deboli e così quando facciamo la comunione siamo certi che il «Signore incontra la nostra fragilità per riportarci alla nostra prima chiamata: quella di essere a immagine e somiglianza di Dio».