di Michele Brambilla
Come dice Papa Francesco all’Angelus del 28 giugno, «in questa domenica», XIII del Tempo ordinario, «il Vangelo (cfr Mt 10, 37-42) fa risuonare con forza l’invito a vivere in pienezza e senza tentennamenti la nostra adesione al Signore. Gesù chiede ai suoi discepoli di prendere sul serio le esigenze evangeliche, anche quando ciò richiede sacrificio e fatica». Il Santo Padre si riferisce in particolare a questo versetto: «Chi ama padre o madre, […] figlio o figlia più di me non è degno di me» (Mt 10, 37).
Poiché sono parole facilmente fraintendibili, il Pontefice precisa: «Gesù non intende di certo sottovalutare l’amore per i genitori e i figli, ma sa che i legami di parentela, se sono messi al primo posto, possono deviare dal vero bene. Lo vediamo: alcune corruzioni nei governi, vengono proprio perché l’amore alla parentela è più grande dell’amore alla patria, e mettono in carica i parenti». Il Pontefice esemplifica anche in senso opposto: «quando invece l’amore verso i genitori e i figli è animato e purificato dall’amore del Signore, allora diventa pienamente fecondo e produce frutti di bene nella famiglia stessa e molto al di là di essa».
«Poi, Gesù dice ai suoi discepoli: “Chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me” (Mt 10, 38). Si tratta», prosegue Francesco, «di seguirlo sulla via che Egli stesso ha percorso, senza cercare scorciatoie». Il Papa ricorda che «non c’è vero amore senza croce, cioè senza un prezzo da pagare di persona. E lo dicono tante mamme, tanti papà che si sacrificano tanto per i figli e sopportano dei veri sacrifici, delle croci, perché amano». Si potrebbe chiamare in causa un altro versetto del Vangelo di san Matteo, «Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia – cioè per amore, per amore a Gesù, per amore al prossimo, per il servizio degli altri –, la troverà» (Mt 10, 39), che induce il Santo Padre a riflettere sulla dedizione dimostrata da molte persone in questi mesi di emergenza: «quanta gente, quanta gente, sta portando croci per aiutare gli altri! Si sacrifica per aiutare gli altri che hanno bisogno in questa pandemia. Ma, sempre con Gesù, si può fare. La pienezza della vita e della gioia si trova donando sé stessi per il Vangelo e per i fratelli, con apertura, accoglienza e benevolenza».
La generosità del popolo cattolico si manifesta nelle maniere più sorprendenti: «in questi giorni, ho sentito un prete che era commosso perché in parrocchia gli si è avvicinato un bambino e gli ha detto: “Padre, questi sono i miei risparmi, poca cosa, è per i suoi poveri, per coloro che oggi hanno bisogno per la pandemia”. Piccola cosa, ma grande cosa! È una riconoscenza contagiosa, che aiuta ciascuno di noi ad avere gratitudine verso quanti si prendono cura delle nostre necessità». Il Santo Padre ammonisce: «quando qualcuno ci offre un servizio, non dobbiamo pensare che tutto ci sia dovuto. No, tanti servizi si fanno per gratuità. Pensate al volontariato, che è una delle cose più grandi che ha la società italiana. I volontari… E quanti di loro hanno lasciato la vita in questa pandemia! Si fa per amore, semplicemente per servizio», perché si ama l’altro come se stessi. «La gratitudine, la riconoscenza, è prima di tutto segno di buona educazione, ma è anche» e soprattutto «un distintivo del cristiano. È un segno semplice ma genuino del regno di Dio, che è regno di amore gratuito e riconoscente».
Lunedì, 29 giugno 2020