Tanti francesi che odiano la Francia. Ma è un problema di tutto l’Occidente. I frutti amari e complessi di un processo rivoluzionario
di Marco Invernizzi
C’è una frase ricorrente nei diversi commenti a quanto sta avvenendo in Francia a seguito della morte di un giovane diciassettenne ucciso da un poliziotto dopo che si era rifiutato di fermarsi a un posto di blocco. La frase è semplice e ripetuta e suona più o meno così: “ci sono pezzi di società che non si riconoscono nello Stato francese e cercano ogni pretesto per combatterlo”. Sono i giovani musulmani di terza generazione, che vivono nelle banlieu dove la polizia non può mettere piede se non al prezzo di una feroce guerriglia, sono stati i gillet gialli che hanno rifiutato l’aumento del prezzo del diesel che li avrebbe danneggiati gravemente, sono i milioni di francesi di diverse tendenze politiche che sono scesi in piazza per contestare l’aumento dell’età pensionabile. Può darsi che quanto accaduto nelle scorse notti sia riconducibile esclusivamente a islamisti che hanno voluto dare una prova di forza e di compattezza contro lo Stato e così segnalare il loro rifiuto di essere integrati nella proposta di Macron di un “islam francese”, ma rimane il dato di fatto che periodicamente la società francese esplode contro le proprie istituzioni e questo a partire dal 1789, passando dalla Comune del 1870, per arrivare al Maggio del 1968.
Milioni, forse decine di milioni di francesi non si riconoscono nelle istituzioni attuali per ragioni diverse e sarebbero pronti a un cambio di regime. A loro volta, questi rivoltosi o potenziali rivoltosi, sono diversi fra loro perché ci sono i contestatori per ragioni religiose, quelli per ragioni di interesse di categoria, quelli semplicemente per tornaconto personale. A sostenere le istituzioni sembrano essere rimaste soltanto quelle elite che beneficiano del potere attuale, perché inserite nella burocrazia di Stato o perché in qualche modo sono beneficate dall’attuale sistema di potere. Si è scritto molto negli anni scorsi, a proposito dell’ideologia populista, di una contrapposizione fra popolo ed elite, ma forse oggi anche questo tentativo di dare una descrizione ideologica dei conflitti in corso non è più adeguata.
L’impressione, infatti, è semplicemente che si stia realizzando quanto previsto da Aleksandr Solzenicyn a proposito dell’Occidente, cioè un “mondo in frantumi”, o, per usare la terminologia di Giuseppe De Rita, un mondo “coriandolizzato” cioè composto da individui soli e disperati, senza speranza e ricchi soltanto di rancore, quando non di odio. Il nostro è un mondo segnato dalla divisione, ma una divisione individualistica, che trova l’unità dei rivoltosi soltanto quando c’è un supermercato da saccheggiare, un plotone di polizia contro cui scagliarsi, una istituzione da offendere, e così via.
Non è la prima volta nella storia, naturalmente. La storia del declino della modernità, cioè del mondo nato nel 1789, racconta di una serie progressiva di divisioni. Prima le nazioni contro gli imperi, poi le nazioni in lotta fra loro in nome del nazionalismo che nulla c’entrava con l’amore per la propria patria, quindi la lotta fra le classi, in nome della Rivoluzione comunista che avrebbe dovuto portare pace e uguaglianza nel mondo intero. Infine, con il 1968, i figli contro i padri, gli studenti contro i professori, le femmine contro i maschi e viceversa. La Rivoluzione divide e semina odio, distrugge e crea rancore. Fintanto che c’erano delle ideologie si poteva cercare di smontarle, di provare a fare un ragionamento che ne mostrasse la falsità, oggi questo non è più possibile. Nessuno dei rivoltosi scesi in piazza nelle notti scorse nelle città francesi ascolterebbe un ragionamento o avvierebbe un dialogo.
Nessuno pensi che siamo di fronte a un fenomeno esclusivamente francese. Certo, ogni nazione ha le sue peculiarità e le sue debolezze, e le periferie italiane non sono così a rischio come quelle francesi. Ma il problema è a monte, è nella incomunicabilità che sta prendendo per mano le persone per portarle sempre più a servire i propri istinti, le proprie tendenze irrazionali, il proprio individualismo. Mettete insieme tanti individualismi, dategli un nemico comune, e avremo già pronta una rivolta. Servirà qualcosa in più per trasformarla in una Rivoluzione, ma certamente il materiale sarà già pronto.
Martedì, 4 luglio 2023