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La nascita della Regina

6 Settembre 2025 - Autore: Michele Brambilla

Ghirlandaio Natività di Maria

La Natività di Maria all’interno del ciclo di Domenico Ghirlandaio in S. Maria Novella a Firenze

di Michele Brambilla

La cappella maggiore della basilica domenicana di S. Maria Novella a Firenze è nota anche come Cappella Tornabuoni dal nome della famiglia che ne deteneva il patronato.

In origine esso competeva alla famiglia Ricci, ma essa fu travolta dal crollo delle banche fiorentine nel 1348. Subentrarono, allora, come patroni i Sassetti, altra famiglia di banchieri, ma Francesco Sassetti (1421-90) commise l’errore di pretendere l’inserimento di un ciclo dedicato al santo di cui portava il nome, ovvero san Francesco di Assisi: essendo allora molto accesa la “rivalità” tra gli ordini mendicanti, i frati domenicani si opposero alla richiesta. Il nuovo patronus, Giovanni Tornabuoni (1428-97), risolse la vertenza proponendo che gli affreschi fossero dedicati alla Madonna e a san Giovanni Battista, incaricandone Domenico Bigordi, detto “Ghirlandaio” (1448-94), che vi lavorò dal 1485 al 1490.

All’interno del ciclo sulla vita di Maria dipinto dal Ghirlandaio compare, ovviamente, l’episodio della nascita della Madonna, di cui tra pochi giorni celebreremo la festa (8 settembre). Come vuole la tradizione iconografica dell’Italia centrale, la scena è inserita in un contesto domestico. Di solito gli ambienti tratteggiati negli affreschi quattrocenteschi descrivono la semplicità delle case borghesi o contadine del tardo Medioevo, ma poiché era ormai da molti secoli naturale invocare Maria con il titolo di Regina il pittore pensò più ad una camera da letto aristocratica. In effetti, la camera in cui viene fatta accomodare sant’Anna è forse il ritratto della casa ideale che un nobile del Rinascimento desiderava per sé: un’ampia sala, con fregi, bassorilievi (si notino i putti danzanti e vendemmianti sulle pareti), festoni, soffitti in legno alti e preziosi, corridoi voltati, dossali in legno intarsiato. Tutto degno di un’antica domus romana. La stessa sant’Anna, benché il letto abbia cuscini, lenzuola e coperte medievali, assume una posa da triclinio mentre osserva attentamente la preparazione del bagno per la bambina appena nata.

Il bagno dei neonati, nella consuetudine ebraica, aveva anche la valenza di una purificazione rituale, dato che i liquidi della donna, di cui ogni bambino appena nato era sicuramente ricoperto, erano considerati fonte di impurità. Anche Maria deve essere lavata: Ghirlandaio era quindi “macolista”, ovvero non credeva all’Immacolata Concezione? La disputa, all’epoca, era accesissima, dopo gli scritti del domenicano san Tommaso d’Aquino (1225-74), contrario, e del francescano Duns Scoto (1265-1308), favorevole.

Può darsi che Bigordi non volesse andare allo scontro con i frati domenicani della basilica, alfieri, come ovvio, delle tesi dell’Aquinate. Se però l’occhio si spinge sulla scala rappresentata alla sinistra dell’affresco di Ghirlandaio, si noterà sulla cima la scena del bacio tra i santi Gioacchino ed Anna. Nel Quattrocento era normale condensare più episodi nel medesimo riquadro, ma il particolare più importante è che il pittore prese a riferimento per quella scena la Legenda Aurea di Jacopo da Varazze (1230-98), secondo il quale la Madonna fu concepita con un semplice bacio sotto la Porta d’Oro di Gerusalemme. Poiché il peccato originale si trasmette, per i comuni mortali, al momento del concepimento, la rappresentazione del bacio tra i genitori di Maria divenne, ai tempi di Ghirlandaio, un modo per alludere all’Immacolata Concezione. La prudenza suggerì al pittore di trasferire la scena dalle mura di Gerusalemme all’ingresso della casa coniugale dei nonni di Gesù. Bigordi realizzò così un affresco che, in termini moderni, potremmo definire “bipartisan”: è riuscito a rappresentare quelle che, con tutta probabilità, erano le sue convinzioni personali senza essere inutilmente provocatorio nei confronti della tesi avversaria. Anche perché, nel 1490, i domenicani potevano schierare l’uomo più potente di Firenze dopo Lorenzo de’ Medici (1449-92): fra Girolamo Savonarola (1452-98).

Sabato, 6 settembre 2025

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