È ancora attuale oggi la tesi crociana secondo cui tutte le ideologie moderne derivano dal cristianesimo?
di Massimo Martinucci
La notte seguente alla solennità dell’Assunzione di Maria dell’anno 1942 il celebre filosofo, politico e scrittore italiano Benedetto Croce (1866-1952) non riuscì a dormire: preoccupato per l’andamento della guerra mondiale in corso e per il riemergere, nell’ideologia nazional-socialista, di non marginali aspetti atei e neo-pagani, era tormentato da molti pensieri riguardanti il ruolo centrale e unico del cristianesimo nella storia del mondo. Non sappiamo se, da agnostico impenitente, abbia meditato anche sul fatto che i suoi stessi nome e cognome sarebbero stati diversi: non avrebbe certo potuto chiamarsi né Benedetto né Croce se la predicazione di un certo Gesù di Nazaret non fosse avvenuta, quasi due millenni prima, e non avesse avuto le conseguenze planetarie che chiunque avrebbe potuto verificare avendole sotto gli occhi. Fu proprio dalle meditazioni di quella notte insonne che nacque il suo famoso saggio «Perché non possiamo non dirci “cristiani”» nel quale, pur ribadendo la sua posizione di non credente, ammette la centralità assolutamente decisiva del cristianesimo, che ha prodotto un cambiamento così radicale e definitivo da avere influenzato ogni avvenimento successivo della Storia.
Croce dunque riconosce i grandi meriti dell’opera di civilizzazione del cristianesimo e della Chiesa, soprattutto delle origini, ma non ne riconosce l’origine soprannaturale e non dà minimamente segno di una conversione. Nel 1927 Bertrand Russell (1872-1970) aveva professato il suo agnosticismo con uno scritto dal titolo simile ma più netto: «Perché non sono cristiano». Perché dunque Croce — evidentemente rifacendosi, nel suo saggio, al titolo del collega britannico — si professa invece, benché fra virgolette, cristiano? Qui sta l’aspetto a mio avviso veramente interessante del saggio crociano: l’affermazione che tutto ciò che nella cultura occidentale, e quindi “toccato” dal cristianesimo, è venuto dopo di esso ne è stato talmente influenzato da portarne comunque almeno in parte le caratteristiche, tanto da produrre anche nei più miscredenti una inevitabile appartenenza culturale. Certo, l’affermazione deriva dalla sua posizione di “storicismo assoluto”, ma appare piuttosto convincente la tesi di fondo secondo cui i pensatori vissuti in area cristiana siano stati inevitabilmente non solo influenzati da essa ma, in forza della straordinaria potenzialità del cristianesimo, l’abbiano “svolto” in teorie, ideologie, sistemi di pensiero addirittura alternativi e contrastanti, ma effettivamente derivati da esso, tanto da potersi essi stessi considerare “cristiani”.
Ma oggi dobbiamo fare i conti con «il mondo “post-moderno” nel quale viviamo dopo il 1989. Non è più il tempo delle ideologie moderne, delle grandi narrazioni teoriche che promettevano un “uomo nuovo” attraverso la purificazione rivoluzionaria, ma è il tempo del relativismo e dell’insignificanza, del “pensiero debole” e della “post-verità”, nel quale le persone sono molto più condizionate dalle sensazioni che dai princìpi, dalle immagini piuttosto che dai contenuti. Più di prima bisogna tenerne conto, […] perché “i fenomeni ai quali assistiamo oggi sono estremamente complessi. Sono fenomeni umani, molto più affettivi che intellettuali, molto più condizionati dai fatti che dalle teorie. Le teorie sono colte attraverso i fatti, trascinate dai sentimenti; le vediamo modificarsi tutti i giorni sotto i nostri occhi” (Gonzague de Reynold)» (cit. in Marco Invernizzi, Alleanza Cattolica fra Sessantotto e «morte» della cristianità).
A distanza di quasi ottant’anni possiamo chiederci se le riflessioni di Benedetto Croce — e in particolare la tesi secondo cui tutte le dottrine moderne, anche quelle rivoluzionarie, siano derivate bene o male dal cristianesimo — possano essere considerate attuali e valide ancor oggi, dopo che san Giovanni Paolo II ha ribadito la necessità di una Nuova Evangelizzazione, dato che la prima si è esaurita e la cristianità è finita, o se non siamo entrati, anche nell’ottica storicistica del filosofo idealista italiano, in una nuova fase che può “finalmente” prescindere dal cristianesimo.
Martedì, 8 settembre 2020