Da Avvenire del 19/03/2021
Brividi. Davanti al quadro confermato da Nunzia Ciardi, che guida la Polizia postale: «Dal 2019 al 2020 sono aumentati del 77% i reati in rete contro i minori e del 132% i casi di pedoporno- grafia sempre nella rete». Dunque ha ragione l’Associazione Meter a sgolarsi da anni e, presentando il suo ‘Report 2020’, ancora ieri: «La pedofilia e la pedopornografia non temono il Covid – spiega don Fortunato Di Noto, che presiede e ha fondato Meter nel 1989 –. Se nel 2020 è toccato a tutti restare a casa, ha significato affari d’oro per chi violenta i bambini e sfrutta questi piccoli schiavi dei tempi moderni». Costretti a subire nefandezze terrificanti, nient’affatto raccontabili.
I numeri. Link pedopornografici quasi raddoppiati (14.521 nel 2020 e 8.489 nel 2019), video più che raddoppiati (dai 992.300 del 2019 ai 2.032.556 del 2020), immagini segnalate quasi dimezzate (7.074.194 nel 2019 e 3.768.057 nel 2020), perché «evidentemente le ‘semplici’ foto non bastano più, i pedofili ricercano e producono più video per soddisfare la loro deviata perversione», annota Meter. Che ha registrato «un incremento del materiale tra febbraio e maggio 2020. Con le misure di confinamento «è aumentato l’utilizzo dei social media e il tempo dedicato a Internet dai minori». Prede quindi più facili.
I link. Dove si trovano i ‘domini’ dei siti pedofili, sarebbe a dire le “targhe” internazionali dei link pedofili scoperte da Meter? «Primo posto per Nuova Zelanda (453 link), poi Grenada (353) e Montenegro (241)». Nel 2019 al primo posto c’era Haiti (640 link), poi Francia (484) e Nuova Zelanda (410).
Social e messaggistica. Sono aumentate le chat scoperte con contenuti pedopornografici (da 323 nel 2019 a 456 nel 2020): Meter ha denunciato alla Polizia italiana e Polizie estere 92 gruppi su Whatsapp, 100 su Telegram e 262 su Facebook. Sfruttando il collegamento di Whatsapp con Facebook, «scambiavano materiale sfruttando la tecnologia end-to-end che assicura la privacy». Telegram? «I pedopornografi approfittano delle chat segrete che consentono l’autodistruzione di video e messaggi impostando il tempo di visualizzazione per il destinatario».
La piaga deep web. Dark web e Deep web (la parte nascosta di Internet) continuano a essere spazio libero e privilegiato dove le associazioni a delinquere mondiali espandono i loro traffici e dove «mettono radici le atrocità descritte e documentate in questo Report».
‘Pedomama’. È il fenomeno dell’abuso sessuale femminile, perpetrato cioè da donne spesso sui loro figli minori. Segnalato da Meter in 2.652 video e foto «all’interno di cartelle nominate ‘pedomam’, ‘familypedo’, ‘mamborn’». La crescita del ‘pedomama’ è progressiva, sebbene i numeri restino lontanissimi da quelli maschili. «Abbiamo scoperto un caso lo scorso anno – ha raccontato Marisa Scavo, Procuratore aggiunto vicario a Catania –, una madre che abusava sessualmente del figlio più piccolo facendo riprendere a quello più grande, per poi girare le immagini a un parente , che le rivendeva sul web».
Le ‘tipologie’ in rete. L’Associazione Meter, dopo trent’anni in trincea, traccia nel Report gli identikit dei pedofili in rete. C’è il ‘collezionista armadio’, che conserva gelosamente la sua collezione pedopornografica e non è mai coinvolto in prima persona negli abusi sui minori. Il ‘collezionista isolato’ che colleziona pedopornografia, sceglie una categoria particolare «ed è coinvolto nell’abuso sui minori». Il ‘collezionista casetta’, che «condivide la sua collezione e le sue attività sessuali con altri senza trarne profitto». Il ‘collezionista commerciale’, sfrutta personalmente i minori e «produce, copia vende materiale pedopornografico ». Infine ci sono i ‘pedocriminali organizzati’: organizzati in strutture, agganciano le vittime per metterle a disposizione di violenze sessuali e farne un business a base d’incontri reali o virtuali.
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