La pala di Lorenzo Lotto, che esalta con arguzia il dominio veneziano su Bergamo, ma anche la gloria dei santi accanto a Maria Regina
di Michele Brambilla
Nella chiesa domenicana dei SS. Bartolomeo e Stefano a Bergamo c’è una pala di Lorenzo Lotto (1480-1557) che ha una notevole importanza storica. Essa fu commissionata da Alessandro Martinengo Colleoni (?-1530), nipote del capitano di ventura Bartolomeo Colleoni (1395-1475), protagonista delle guerre tra i Visconti di Milano e la Repubblica di Venezia.
L’occupazione viscontea di Bergamo (1332-1428) era stata molto dura. La città guardò quindi con sollievo all’inizio del lungo dominio veneziano (1428-1796). Alessandro Martinengo Colleoni, che discendeva proprio da colui che più di altri aveva contribuito al trionfo della Serenissima, commissionò quindi nel 1513 una pala che celebrasse i benefici politici della nuova dominazione.
Lorenzo Lotto concepì, allora, una “sacra conversazione”, ovvero una tipologia di quadro che mette al centro la Madonna col Bambino in trono e le affianca alcuni santi cari alla teologia mariana o al luogo in cui si colloca l’opera d’arte. Nel caso della Pala Martinengo si tratta soprattutto di santi legati al carisma dell’ordine domenicano e alle vicissitudini della storia di Bergamo, con un occhio di riguardo agli avvenimenti più recenti.
I santi raffigurati sono, infatti, sant’Alessandro martire, notoriamente patrono di Bergamo, santa Barbara (la santa degli artiglieri), san Rocco, san Domenico di Guzman (il fondatore dell’ordine titolare della chiesa), san Marco evangelista, santa Caterina d’Alessandria (molto venerata nel Cinquecento nelle pianure lombarde: i Colleoni erano originari della Bassa Bergamasca), santo Stefano, sant’Agostino d’Ippona (i domenicani seguono la regola agostiniana), san Giovanni Battista e san Sebastiano. Non c’è quasi bisogno di ricordare che san Marco è il patrono e il simbolo di Venezia.
La scena è ritratta in un ambiente chiesastico a croce latina, sormontato da una cupola, e proprio sui pennacchi della cupola troviamo un’altra allusione alla Serenissima. Come usanza, i pennacchi della cupola ripresentano, infatti, l’immagine degli evangelisti. Dal cornicione della cupola spuntano angeli con stendardi e festoni, ma pende soprattutto una bilancia, simbolo della giustizia. Guarda caso, la bilancia, che ha come “fermo” uno spadone da condottiero, è alla stessa altezza del pennacchio di san Marco: si tratta di un esplicito giudizio politico sulla condotta di Venezia nei confronti dei bergamaschi. Se i Visconti si erano caratterizzati per un uso indiscriminato della violenza, i veneziani avevano restituito a Bergamo dignità, prestigio e ricchezza, in una sola parola la giustizia. La promozione del governo veneziano è sottolineata dall’uso dei rami di alloro, fin dai Romani segno di trionfo militare, per decorare la stessa bilancia.
Venendo ai simboli più religiosi, sulla destra della bilancia abbiamo un secondo festone, ornato soprattutto da palme martirali. Sulla verticale troviamo, infatti, santa Caterina d’Alessandria e santo Stefano, ma anche san Giovanni Battista e san Sebastiano, come noto tutti martirizzati, ma anche sant’Agostino, illustratore della perenne lotta della Città di Dio nella storia. Era uno sprone ai frati predicatori a non temere le opposizioni umane, se volevano sedere in Paradiso ai lati della Regina (due angeli, in posizione molto elevata, stanno incoronando Maria). Come si prega proprio nel prefazio della Messa di oggi (1° novembre) sia nel rito ambrosiano che nel rito romano, «verso la patria comune noi, pellegrini sulla terra, affrettiamo nella speranza il nostro cammino, lieti per la sorte gloriosa di questi membri eletti della Chiesa che ci hai dato come amici e modelli di vita».
Sabato, primo novembre 2025