L’ultima intervista del visitatore apostolico a Medjugorje
di Wlodzimierz Redzioch
Mons. Henryk Hoser è diventato un ecclesiastico molto conosciuto nel mondo da quando nel maggio del 2018, all’età di 76 anni, è stato nominato da Papa Francesco visitatore apostolico a carattere speciale per la parrocchia di Medjugorje. Ma non tutti sanno che l’arcivescovo Hoser, prima di entrare nella Società dell’Apostolato Cattolico (Pallottini) ed essere ordinato sacerdote nel 1974, si laureò in medicina nell’Accademia medica di Varsavia. Già da sacerdote si recò a Parigi, dove seguì un corso di medicina tropicale. Nel 1975 partì missionario per il Ruanda: in Africa rimase fino al 1996. Dopo il suo ritorno definitivo in Europa, dal 1996 al 2004 fu superiore della provincia pallottina di Francia e Belgio. Nel 2005 Giovanni Paolo II, apprezzando la sua esperienza missionaria, lo nominò segretario aggiunto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli e presidente delle Pontificie Opere Missionarie; il 19 marzo 2005 ricevette l’ordinazione episcopale. Nel 2008 Papa Benedetto XVI lo nominò arcivescovo della diocesi di Varsavia-Praga. L’8 dicembre 2017 Francesco accolse la sua rinuncia al governo pastorale della diocesi per raggiunti limiti di età, ma nel frattempo lo nominò inviato speciale della Santa Sede e, successivamente, visitatore apostolico per la parrocchia di Medjugorie, con compiti prettamente pastorali. Quest’anno si è ammalato di Covid-19 ed è stato curato a Varsavia. È morto il 13 agosto a causa delle complicazioni post-Covid.
Giovedì 19 agosto, nella chiesa del Seminario dei Padri Pallottini ad Ołtarzew, è stata celebrata la Santa Messa funebre per il defunto arcivescovo Hoser. L’Eucaristia è stata presieduta dal card. Konrad Krajewski. Insieme all’elemosiniere pontificio concelebravano, tra gli altri: mons. Tadeusz Wojda, arcivescovo di Danzica, già collaboratore di mons. Hoser nella Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, i vescovi Romuald Kamiński, Janusz Stepnowski e Adrian Galbas e alcuni sacerdoti pallottini, confratelli del defunto. L’omelia è stata tenuta da don Zenon Hanas, provinciale della Provincia Pallottina di Cristo Re, che ha ricordato le tappe più importanti della vita di mons. Hoser. All’Eucaristia ad Ołtarzew hanno partecipato i familiari del defunto, le suore e i rappresentanti delle comunità, delle associazioni e dei movimenti con cui l’arcivescovo ha collaborato.
Lo stesso giorno la bara con il corpo dell’arcivescovo Hoser è stata trasportato a Varsavia-Praga, dove alle 18.00, nella cattedrale di S. Michele Arcangelo e S. Floriano Martire, è stata celebrata un’altra Santa Messa. Invece venerdì 20 agosto, a mezzogiorno, nella stessa cattedrale ha celebrato la Messa funebre il metropolita di Varsavia, cardinal Kazimierz Nycz. Dopo l’Eucaristia, la bara è stata deposta nella cripta della cattedrale.
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L’arcivescovo Hoser era una persona molto discreta. Concedeva raramente delle interviste, particolarmente da quando era diventato visitatore apostolico a Medjugorie. Una di queste eccezionali interviste è stata pubblicata dall’Agenzia Cattolica d’Informazione (Katolicka Agencja Informacyjna – KAI) questa primavera. Pubblichiamo, per gentile concessione dell’Agenzia, la traduzione dal polacco degli ampi frammenti dell’intervista
KAI: A giugno di quest’anno sono passati 40anni da quando la Madonna è apparsa a sei bambini sulla collina del Podbrdo a Medjugorje. Questo fenomeno straordinario continua da quattro decenni. Ci sono già stati oltre 42mila incontri dei veggenti con la Gospa, che appare loro come la Regina della Pace. Qual è il contenuto essenziale di queste apparizioni? E poiché le apparizioni sono iniziate in un’era storica completamente diversa, i contenuti sono cambiati con il cambio del contesto storico?
Monsignor Henryk Hoser: Negli ultimi 40 anni la storia di Medjugorje ha attraversato tre periodi. Il primo fu il periodo della Jugoslavia comunista, quando l’oppressione dei servizi segreti era molto forte, più di quanto avremmo immaginato. Pertanto, le “apparizioni” hanno incontrato una reazione molto forte da parte delle autorità, che sono ricorse alla violenza per “spegnere” questo fenomeno. Poi è arrivata la disgregazione della Jugoslavia e la guerra fratricida dei primi anni ’90, che fortunatamente non ha toccato Medjugorje. Tuttavia, il paese rimaneva in una situazione di isolamento generale. E infine il terzo periodo, quello attuale, in cui si è costituito il nuovo stato di Bosnia Erzegovina, formato da tre comunità religiose: cattolica al sud, ortodossa a nord-est e in Bosnia, musulmana; il ruolo della comunità musulmana è in costante aumento.
In questo contesto che cambiava, il messaggio di Medjugorje, comunicatoci dai “veggenti”, rimaneva lo stesso. È un appello alla conversione, alla penitenza, alla fede, al ritorno alle pratiche religiose e alla fiducia in Dio, che è il Signore della storia nelle difficili situazioni sociali, familiari o individuali. Nei messaggi c’è anche un’esortazione a pregare per la pace. Secondo i “veggenti”, la Madonna si è presentata come la Regina della Pace, la pace che non c’è ancora nei Balcani.
Non ci sono nuovi, essenziali contenuti. Si tratta piuttosto di elementi non dogmatici, ma pastorali, spirituali. Anche la mia missione è strettamente pastorale e non è mio dovere e potere occuparmi delle “apparizioni” stesse, che sono al vaglio di altre istanze della Santa Sede.
(…)
– A quanto pare, la relazione della commissione vaticana guidata del card. Camillo Ruini, operante nel 2010-2014, suggerisce di riconoscere l’autenticità delle prime sette “apparizioni” che coinvolgono tutti i veggenti, e di lasciare ad una ulteriore valutazione le successive, individuali, ancora in corso. Forse quest’anno, il 40° anniversario delle apparizioni, potrebbe essere una buona occasione per pubblicare questo rapporto?
– Non lo so. La relazione è in Segreteria di Stato della Santa Sede e non so quali siano i prossimi passi. Probabilmente la Santa Sede sta ancora analizzando ed esaminando tutte le circostanze. Non conosciamo la decisione finale. D’altra parte, le indiscrezioni di stampa che si sono verificate indicano proprio che il rapporto propone di riconoscere solo i primi sette giorni delle apparizioni comuni a tutti i veggenti.
– Da un lato la Santa Sede non ha ancora riconosciuto l’autenticità delle apparizioni, dall’altro Papa Francesco ha permesso il pellegrinaggio a Medjugorje, confermando il valore pastorale di questo luogo e nominando il suo visitatore per la parrocchia del posto. Nel 2020 il Papa ha rivolto per la prima volta il suo messaggio ai partecipanti al festival dei giovani, che si sta svolgendo lì (l’ha fatto anche quest’anno, ndr). Come dovremmo interpretare questi fatti?
– A Medjugorje c’è un vero e proprio culto della Beata Vergine Maria, conosciuta come la Regina della Pace. È un termine utilizzato nelle Litanie Lauretane, introdotto da Papa Benedetto XV durante la Prima Guerra Mondiale. Molte parrocchie hanno questo titolo. Il culto mariano a Medjugorie, sviluppato da varie circostanze storiche, sta ancora crescendo, non necessariamente con un legame diretto con il fenomeno delle apparizioni.
– E qual è il ruolo di un visitatore apostolico?
– È piuttosto complesso. Il mio ruolo è, tra l’altro, di regolarizzare la situazione delle comunità che ci sono, di vigilare sulla regolarità della devozione mariana e di sviluppare la pastorale, nel senso di poter accogliere sempre più pellegrini. Ciò richiede alcune decisioni personali e organizzative, per esempio riguardo alle infrastrutture necessarie per realizzare un programma pastorale molto ricco che viene offerto ai pellegrini.
– I francescani si prendono cura della parrocchia di Medjugorje da lunghi secoli. Come può essere caratterizzato il loro lavoro e qual è il loro status?
– Innanzitutto, bisogna sapere che i francescani da secoli garantiscono la presenza della religione cristiana nei Balcani, anche durante i 400 anni dell’occupazione turca. Quindi godono di grande stima da parte degli abitanti dell’Erzegovina e della Croazia. (…) Sono responsabili della parrocchia e allo stesso tempo del luogo di pellegrinaggio. C’è un’équipe di dodici sacerdoti che si occupano soprattutto della liturgia e confessano continuamente. È un fenomeno tipico di Medjugorje il grande bisogno della gente di confessarsi, e spesso si tratta di confessioni dopo tanti anni e varie esperienze di vita. Cinquanta confessionali spesso non sono sufficienti per confessare le persone che vengono dalle parrocchie vicine in Bosnia Erzegovina o dalla Croazia.
– Lei parla della confessione come di un elemento caratteristico di Medjugorje, che spesso viene chiamato appunto “il confessionale dell’Europa di oggi”. E come descrivere gli altri carismi di questo luogo?
– Lo spazio di Medjugorje ha il carattere di un triangolo ed è racchiuso tra la chiesa parrocchiale, il monte delle apparizioni di Podbrdo e il monte della Santa Croce, eretto nel 1933 in occasione dell’Anno Santo della Redenzione – Krizevac. Questo triangolo viene legato dai sentieri del Rosario e dalla Via Crucis utilizzati dai pellegrini. È un grande spazio di preghiera. Non solo la liturgia della Santa Messa, soprattutto la Messa serale sulla Spianata, dove vengono tutti i pellegrini, ma anche l’adorazione del Santissimo Sacramento molto ben organizzata, e il venerdì l’adorazione della Croce.
Il programma pastorale include spesso vari tipi di ritiri, sessioni e persino congressi. Una settimana di ritiro a pane e acqua è una specialità di Medjugorje. L’elemento “digiuno” è fortemente enfatizzato. A Medjugorje la gente digiuna non solo il venerdì, ma anche il mercoledì. Anche i parrocchiani, che partecipano in gran numero a tutti gli eventi liturgici e le forme di devozione.
Ovviamente ora questo programma è ridotto dal fatto che abbiamo la pandemia e ci sono pochi pellegrini provenienti da fuori. Ma la gente di Medjugorje è molto fedele e la chiesa è sempre piena.
– A Medjugorje stanno nascendo molte vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa. Qual è la portata di questo fenomeno?
– Si stima che in 40 anni qui siano nate circa 900 vocazioni sacerdotali e religiose. Questo è un numero abbastanza grande. Vedo, per esempio, candidati al noviziato francescano che, sotto l’influenza di Medjugorje, entrano nell’Ordine. La Provincia Francescana locale (Erzegovina, con sede a Mostar) ha il maggior numero di candidati in tutta Europa. In alcuni paesi non ce ne sono affatto, e qui ogni anno una dozzina entra al noviziato.
– La nomina di un visitatore apostolico per Medjugorje ha comportato la sottrazione della parrocchia alla giurisdizione del vescovo della diocesi di Mostar-Duvno. I precedenti ordinari erano in conflitto con i francescani che gestivano la parrocchia di Medjugorje. Com’è situazione oggi?
– Medjugorje si trova nella diocesi di Mostar. Dall’anno scorso c’è un nuovo vescovo diocesano, Mons. Petar Palic. I rapporti con lui sono molto buoni, nello spirito della cooperazione missionaria.
– C’è una rete di preghiera intorno a Medjugorje che è mondiale. In molti paesi si incontrano persone che vivono la loro quotidianità con i messaggi veicolati dai veggenti. Il visitatore ha qualche influenza anche sulla formazione di queste persone?
– Il visitatore si concentra sulla parrocchia di Medjugorje. Ma abbiamo anche contatti informali con alcuni gruppi. Abbiamo inviato il parroco di Medjugorje in Corea del Sud e in Germania. Io stesso sono andato in Italia con la missione di spiegare cosa stava succedendo a Medjugorje. Sono stato anche due volte in Francia e una volta a Vienna solo per mantenere questo contatto e per essere sicuri che il culto svolto in questi gruppi fosse corretto, in modo che non ci siano abusi. Il numero di questi centri di spiritualità di Medjugorje in molti continenti è un fenomeno straordinario. La loro rete è molto fitta in Sud America, anche – e qui siamo sorpresi – in Germania e Austria. Questo è senza dubbio un sintomo della nuova evangelizzazione.
– E come spiega il fiorire di questa spiritualità, dal momento che le apparizioni stesse non sono ancora riconosciute dalla Chiesa?
– Che è un appello alla conversione, alla penitenza, alla fede che è scomparsa, alla preghiera che ha cessato di essere praticata individualmente e nelle famiglie. Tornare a quei valori che ci legano direttamente a Dio è un fenomeno tipico della spiritualità di Medjugorje. La chiamo la dimensione verticale della fede, proposta nell’era di estremo “orizzontalismo” in cui viviamo. Il ritorno a forme perdute, in quanto ritenute meno importanti, in quanto meno pro-sociali, è oggi una novità per i cattolici di molti paesi. Preghiera, conversione, adorazione della Madre di Dio e di Gesù Cristo nelle forme classiche, digiuno: questi elementi convivono insieme a Medjugorje e lì vengono proposti.
– Vediamo lo sviluppo di questa spiritualità nel mondo, e soprattutto il fenomeno delle visite ripetute degli stessi pellegrini che, una volta venuti qui, sentono il bisogno di tornare. Molte comunità cattoliche si sono stabilite a Medjugorje. Qual è la loro natura?
– Ce ne sono una dozzina. Sono comunità straniere, prevalentemente di origine italiana. Una si è formata a Vienna. Canonicamente hanno lo status di associazioni pubbliche o private di fedeli. Tuttavia, non erano ancora state autorizzate dal vescovo locale della diocesi di Mostar-Duvno. Per anni, si è tollerata la situazione di provvisorietà. Solo ora siamo riusciti a regolare la situazione di sette di queste comunità. Ci sono anche assemblee clericali maschili. Ci sono già monfortani che vivono il carisma di san Luigi Maria Grignion de Montfort: hanno affittato una casa e hanno iniziato a lavorare. La Comunità delle Beatitudini ha anche i suoi cappellani, che aiutano nella parrocchia di Medjugorje. Anche altri sono promettenti. Queste comunità clericali sono necessarie, perché c’è bisogno di confessori in diverse lingue.
– Come è costruita “la squadra” che anima questo luogo?
– Innanzitutto, si impiegano sacerdoti che accompagnano i pellegrini, specialmente per la confessione. Se un pellegrinaggio proviene, ad esempio, dal Libano o dalla Corea, è molto importante avere sacerdoti che parlano arabo o coreano. È necessario e utile che questi sacerdoti si uniscano al servizio dei pellegrini – pastorale, liturgico – perché oltre alle comuni Messe serali nella chiesa, ci sono anche le Messe mattutine per i gruppi linguistici, che rispondono ai bisogni del gruppo che è attualmente a Medjugorje. Si tratta di mobilitare tutte le forze per servire i pellegrini.
– Anche i laici che gestiscono la radio e si occupano delle traduzioni svolgono un ruolo enorme…
– È uno sforzo enorme, soprattutto ora, durante la pandemia. Il nostro media center, che è una radio professionale e trasmette in molte lingue, dispone di 16 cabine per interpreti, che traducono continuamente i programmi, trasmessi in tutto il mondo. Quando il congresso di Medjugorje si è tenuto ad Augusta, in Germania, milioni di persone lo hanno seguito via radio o video. E’ per noi un canale di comunicazione estremamente importante. In questo modo il messaggio di Medjugorje può arrivare in tutto il mondo.
– Si può dire che il carisma di Medjugorje colpisce anche i suoi vicini ortodossi e musulmani?
– Queste relazioni si stanno lentamente allacciando, ma pesano i ricordi della guerra tra cristiani e musulmani e dei crimini di guerra commessi. Le ferite sono ancora fresche. Questa guerra fratricida provocò un enorme numero di vittime, i cui nomi si leggono oggi sui monumenti eretti nei cimiteri. Ma il tempo guarisce le ferite. I cristiani ortodossi cominciano a venire a Medjugorje. Ho permesso che celebrassero la loro liturgia, ne sono stati molto grati. D’altra parte, i greco-cattolici dell’Europa orientale, principalmente dall’Ucraina, vengono spesso a celebrare in rito bizantino.
– Spera che Papa Francesco sarà tra i pellegrini che verranno a Medjugorje?
– È il desiderio di tutti. Ma nelle circostanze odierne è molto difficile prevedere quando Papa Francesco verrà a Medjugorje. Sarà senza dubbio in qualche modo legato al riconoscimento dell’autenticità delle apparizioni. Questo non può essere ignorato, perché anche l’attività pastorale è in qualche modo condizionata da tutto quello che è accaduto 40 anni fa e sta accadendo ancora: “il flusso” delle apparizioni della Madonna. E forse il Santo Padre potrebbe venire solo dopo che tutte le questioni saranno state risolte.
Lunedì, 23 agosto 2021