Giovanni Cantoni, Cristianità n. 62-63 (1980)
Confermate le tendenze emerse il 3 giugno 1979
La «prova dell’8» giugno 1980!
Le recenti elezioni amministrative hanno confermato, ancora una volta, che la «lezione italiana» contro il «compromesso storico» continua. Scivolamento a destra dei votanti nell’area della sinistra. Evidente flessione democristiana rispetto alle elezioni politiche del 1979, che la stampa «ufficiale» ha artatamente cercato di «occultare». Incremento del «partito del rifiuto», che ha raggiunto la significativa consistenza del 17% dell’elettorato. L’attenzione verso i prossimi eventi di politica internazionale, soprattutto nella zona corrispondente ai nostri confini orientali, forse «chiave di volta» per comprendere il futuro del nostro paese.
Come appare con sempre maggiore evidenza anche agli osservatori meno attenti, le competizioni elettorali, che si susseguono con aumentata frequenza nel nostro paese, piuttosto che determinare chi debba comandare, sembrano avere lo scopo unico, e neppure troppo occulto e recondito, di informare, di aggiornare chi già comanda, e chi intende continuare a comandare, su che cosa senta a suo riguardo chi deve ubbidire.
In altre parole, le consultazioni elettorali sono sempre più chiaramente rilevazioni – e, talora, autentiche rivelazioni! – del consenso del corpo sociale piuttosto che indicazioni, o addirittura determinazioni, circa i gestori del potere.
Questa sempre più esplicita natura di censimento delle elezioni che si vanno svolgendo in Italia, e la scelta della «via democratica» per la conquista del potere nel nostro paese da parte della maggiore forza rivoluzionaria presente sulla nostra scena politica, cioè il Partito Comunista Italiano, fanno sì che, con una certa frequenza e in risposta alle necessità del processo politico cui è sottoposta la nostra nazione, le elezioni stesse vengano artatamente anticipate, cioè prodotte in modo aritmico e accelerato rispetto alle cadenze previste dal nostro ordinamento.
Il caso più recente e macroscopico di aritmia e di accelerazione elettorale si è dato in occasione della tornata del 3 giugno dello scorso 1979, anche se è stato ben coperto dalla coincidenza con le prime votazioni per il parlamento europeo.
Siccome tale consultazione elettorale ha avuto, come risultato di non scarso rilievo, quello di bloccare almeno temporaneamente la strategia di «compromesso storico» e di aprire la «tregua», gli insoddisfatti di tale esito hanno accolto con particolare gioia la scadenza amministrativa (regionale, provinciale e comunale) decorsa l’8 giugno di quest’anno, alla ricerca di una prova, di una verifica di quanto emerso il 3 giugno dello scorso anno, e quindi di quanto, sulla base dei risultati di quel 3 giugno, da loro deciso e determinato.
Tutto – salvo varianti minori, come in una «commedia dell’arte» che si va sclerotizzando – si è svolto come da copione, e l’unica cosa certamente non gradita alla classe politica italiana è stato il risultato, che ha confermato ad abundantiam le linee di tendenza emerse dal corpo elettorale un anno fa.
Infatti, per venire ai dati, in primis et ante omnia si è rivelato in ascesa il processo di scollamento tra la nostra classe politica e il corpo sociale, e tale disaffezione si è concretizzata nella elevata percentuale delle astensioni, delle schede bianche e di quelle nulle, che ha raggiunto il 17% degli elettori, con tre punti in più rispetto al 1979.
Si tratta, come si può facilmente notare, di un dato e di un fatto che incrina seriamente, sempre più seriamente, la rappresentatività dei partiti politici, anche se non è mancato chi – nel suo mondo autorevole, ma non per questo meno risibile – ha sostenuto che tanto più un regime è democratico, tanto minore è il numero dei votanti: si tratta di una tesi che, con ogni evidenza, se si vogliono denunciare le espressioni plebiscitarie della «democrazia popolare», non è priva di un suo senso paradossale, ma che mette in seria difficoltà, per dire il meno, la «democrazia liberale» in quanto tale, riaprendo la querelle relativa alla «democrazia formale» e alla «democrazia sostanziale»!
Venendo, poi, dal dissenso più o meno generico al consenso espresso alle liste dei partiti, colpisce il globale – anche se non vistoso – regresso della sinistra, nonostante l’ampio recupero dell’elettorato radicale soprattutto ad opera del Partito Socialista. Comunque, si deve notare lo scivolamento verso destra dei votanti, all’interno della sinistra stessa: non altrimenti si può e si deve leggere il sostegno preferenziale dato al Partito Socialista Italiano guidato dall’on. Craxi.
Fenomeno analogo, cioè di scivolamento verso destra, si osserva al centro, ove lo spettro dei risultati elettorali è caratterizzato dai successi liberale e socialdemocratico e dalla flessione democristiana. Quest’ultimo è certamente il dato di maggiore rilievo e più importante della consultazione, dato che si tenta da molti, se non da tutti, di coprire paragonando i risultati di oggi con quelli delle amministrative del 1975, senza tenere conto – o cercando di fare dimenticare – che, se tale confronto è certo «amministrativamente» e «contabilmente» corretto, l’unico confronto politico serio è però quello con le elezioni dello scorso anno. Ebbene, proprio rispetto a tali elezioni la Democrazia Cristiana ha perduto inesorabilmente terreno, sia a seguito – e principalmente – del confermato e perdurante non-collateralismo della gerarchia ecclesiastica centrale – che trova un ostacolo di rilievo nella vischiosità filodemocristiana di periferia -, sia per l’apertura di qualche «direttore di coscienza sociale» alla socialdemocrazia. Senza entrare, al momento, nel merito di questa «apertura», il fatto rimane, e così il danno per la Democrazia Cristiana.
Infine, la tornata elettorale ha confermato la stabilità dell’elettorato del Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale, che ha riassorbito la frangia demonazionale. Ma il risultato elettorale del Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale esprime anche, almeno implicitamente, un giudizio severo sulla politica di tale partito che, benché abbia potuto condurre una campagna elettorale in condizioni straordinariamente felici, non ha saputo conquistare spazi nuovi, se non in percentuali insignificanti, cioè non ha saputo assumere in modo rilevabile la rappresentatività del sempre più congruo dissenso, del «partito del rifiuto».
Questi i dati a un anno dal 3 giugno 1979. E questi dati confermano a chiare lettere il rifiuto da parte del corpo sociale della strategia di «compromesso storico», soprattutto attraverso il segno costituito dall’indebolimento della Democrazia Cristiana. Ma, per il comunismo in Italia non esiste «via nazionale» diversa dal «compromesso storico». Per questa ragione, dopo il piccolo revival centrista del primo gabinetto Cossiga, costituito da democristiani, socialdemocratici e liberali, siamo adesso al revival di centrosinistra del secondo governo Cossiga, formato da democristiani, socialisti e repubblicani. Per questa ragione, ancora, la «tregua» e quindi la «lezione italiana» continuano. Per questa ragione, infine, per vedere oltre bisogna forse guardare con sempre maggiore attenzione al quadro politico internazionale e a quanto succede ai nostri confini orientali.
Giovanni Cantoni