Trent’anni fa, nel 1993, finiva in Italia l’era della Democrazia Cristiana
di Marco Invernizzi
Ho letto con attenzione e partecipazione l’articolo di Marcello Veneziani su La Verità del 26 luglio. Intellettuale sempre coerentemente rimasto a destra, Veneziani ricorda l’importanza della DC nella storia italiana, i lati oscuri del partito, ma anche la sua capacità di essere «un ombrello materno per ripararsi dalla bufera del Novecento», perché «non so se la DC sia stata un bene o un male; da ragazzo pensavo che fosse un male, condividevo Pasolini che la definiva ‘il nulla ideologico mafioso’. Ora penso – continua Veneziani – che sia stata una via di mezzo, a ogni livello; ci poteva andare meglio, ci poteva andare peggio».
Credo che il tema sia importante e di grande rilevanza per comprendere la storia italiana, ma anche per costruire oggi e domani una presenza pubblica del cattolicesimo minoritario rimasto nel Paese. Il cattolicesimo democratico rappresenta una parte lunga e rilevante della storia della presenza pubblica dei cattolici, ma non riguarda soltanto il partito della DC del secondo dopoguerra, bensì è un atteggiamento di fronte alla modernità, una scelta culturale che risale all’indomani della Rivoluzione francese e, in Italia, al modo di porsi dei cattolici di fronte al Risorgimento. Se non si ha la pazienza di studiare e ricostruire la presenza dei cattolici nell’Ottocento e nel Novecento saremo condannati a dividerci fra democristiani e antidemocristiani (di destra e di sinistra), senza capire come e con quali ideali il movimento cattolico abbia operato nella storia italiana.
Intanto è necessaria una premessa da tenere sempre presente. Il movimento democratico-cristiano, e a maggior ragione la DC, non sono la Chiesa, ma non sono neppure qualcosa che possa prescindere dalla presenza della Chiesa nella società italiana nei due secoli successivi al 1789. Ovvero, chi vuole capirne il senso deve mettersi all’interno della storia del movimento cattolico, non al di fuori, giudicandolo alla luce di altre categorie ideologiche, come hanno fatto il marxismo, il fascismo o il laicismo.
A mio avviso chi ha meglio compreso la natura della questione democristiana è stato Giovanni Cantoni, nei suoi scritti ma soprattutto nei suoi interventi orali, che hanno accompagnato la storia di Alleanza Cattolica dagli anni Sessanta per oltre mezzo secolo. Cantoni aveva colto nel pensiero democratico-cristiano uno sguardo benevolo nei confronti della Rivoluzione francese, che aveva dato origine al mondo moderno, esattamente contrario a quanto fece negli stessi anni la scuola controrivoluzionaria con Edmund Burke e Joseph de Maistre. Per i dc, nella Rivoluzione erano presenti segni evangelici che andavano valorizzati, mentre gli eccessi della Rivoluzione, i suoi massacri e le sue ingiustizie erano, appunto, dovuti alla mancanza di una presenza cristiana alla guida della Rivoluzione stessa. Al contrario, per i controrivoluzionari e per i conservatori questi eccessi erano espressione di un male radicale presente nel processo rivoluzionario e potevano anche scomparire o essere mitigati, ma la Rivoluzione sarebbe stata comunque inaccettabile, anche senza violenza. I democratici cristiani, inoltre, non colsero nella Rivoluzione il carattere di processo, cioè di un moto prodotto dalle forze rivoluzionarie teso a sovvertire la realtà, a cambiare radicalmente la condizione storica di un Paese spingendo il processo rivoluzionario sempre “oltre” ogni limite. Pertanto, i democratici cristiani saranno sempre favorevoli a rimediare ai guasti della società liberale dell’Ottocento alleandosi coi socialisti favorendo la Rivoluzione e non, al contrario, cercando di fermare il processo rivoluzionario, che rischiava di andare di male in peggio, passando dall’egemonia liberale a quella socialista.
Cosi, mentre noi siamo abituati a considerare la DC come la Balena Bianca dei moderati, dei cultori e difensori dello “status quo”, in realtà il movimento democratico-cristiano guardò con favore il diffondersi in Italia delle idee rivoluzionarie portate dalla baionette di Napoleone a cavallo del XIX secolo, così come un secolo dopo i democratici cristiani di don Romolo Murri volevano l’alleanza coi socialisti piuttosto che con i liberali moderati per non fermare il processo rivoluzionario, come avvenne di fronte al Patto Gentiloni nelle elezioni del 1913.
Insomma, la storia democratico-cristiana non è una storia moderata, tantomeno conservatrice, ma fino alla Prima guerra mondiale è stata una storia nata all’interno del movimento intransigente da parte di chi aveva come nemico assoluto il liberalismo e non riusciva ad avvedersi del fatto che il socialismo emergente avrebbe potuto essere un nemico ben peggiore.
Poi la storia italiana cambiò profondamente, con le due guerre mondiali e, in mezzo, il ventennio del fascismo.Durante la guerra civile tra antifascisti e fascisti (1943-1945), si costituì il partito dei cattolici, appunto la DC.In esso entrarono tutte le diverse espressioni del mondo cattolico di allora. La DC era un partito di centro che guardava a sinistra, frase sempre attribuita ad Alcide de Gasperi, e nei primi anni, fino alla segreteria Fanfani nel 1954, era soltanto un partito di notabili, che dipendeva in gran parte dalla base cattolica, dai militanti dell’Azione Cattolica, dai fedeli che si organizzavano nelle parrocchie. Luigi Gedda, vice-presidente dell’Azione Cattolica e fondatore dei Comitati civici, mi disse che soltanto nelle elezioni del 18 aprile 1948 riuscì a fare candidare uomini provenienti dalle file dell’associazionismo cattolico. Poi, a partire dal 1954, anche in seguito alla morte di De Gasperi, il partito diventerà sempre più autonomo, raccogliendo i finanziamenti soprattutto dall’occupazione del potere, così come emergerà negli anni Novanta, e staccandosi sempre più dal controllo del mondo cattolico, nonostante il tentativo dei Comitati civici di Gedda, costituiti proprio per controllare la DC ma da quest’ultima “silenziati”, come mi disse lo stesso Gedda. La DC verrà condotta progressivamente verso sinistra dalle sue classi dirigenti, attraverso diversi episodi che ne hanno contraddistinto la storia, come l’operazione Sturzo nel 1952, l’ostracismo al governo Tambroni (parlamentare DC) nel 1960, l’apertura a sinistra nel 1961, i governi di solidarietà nazionale d’accordo col PCI nel 1976-1979. La DC accompagnerà il processo di scristianizzazione in corso, in particolare dopo il 1968, senza opporsi in maniera significativa, arrivando coi suoi ministri a firmare nel 1978 la legge 194 che legalizzava l’aborto, pur di non rinunciare al potere. Anche questo attaccamento al potere non era un segnale soltanto di corruzione, ma nasceva dalla convinzione che le società cambiano solo se si ha il potere per determinarne il cambiamento, che è un principio opposto alla sussidiarietà insegnata dalla dottrina sociale della Chiesa.
Poi arrivò il 1993, la fine della DC e l’inizio di una storia molto diversa, con un nuovo sistema elettorale, la scomparsa dei partiti ideologici, la nascita delle due coalizioni che ancora oggi si confrontano alle elezioni. La DC si spaccò fra chi andò con il centro-sinistra e chi con il centro-destra. I cattolici diventeranno sempre più irrilevanti sulla scena pubblica, tranne nel periodo in cui il card. Camillo Ruini fu alla guida della CEI, dopo il Convegno della Chiesa italiana a Loreto nel 1985, ma periodicamente si può ascoltare il lamento di chi vorrebbe una maggiore visibilità pubblica, nonostante il fatto indubbio che i cattolici siano diventati una minoranza.
E tuttavia, qualsiasi rinascita o ripensamento di una presenza pubblica dei cattolici non potrà prescindere da una riflessione culturale e da una lettura condivisa dei principali passaggi della storia italiana.
Giovedì, 27 luglio 2023