L’acqua che il Signore chiede alla samaritana e il «Sitio» della Passione secondo Giovanni. In entrambi i casi è un appello a non dimenticarci della sete altrui
di Michele Brambilla
Come dice Papa Francesco all’inizio dell’Angelus del 12 marzo, «questa domenica il Vangelo ci presenta uno degli incontri più belli e affascinanti di Gesù, quello con la samaritana (cfr Gv 4,5-42). Gesù e i discepoli fanno sosta vicino a un pozzo in Samaria. Arriva una donna e Gesù le dice: “Dammi da bere”».
Il Papa si sofferma su questo apparente comando del Signore, osservando che «la scena ci mostra Gesù assetato e stanco, che si fa trovare al pozzo dalla samaritana nell’ora più calda, a mezzogiorno, e come un mendicante chiede ristoro. È un’immagine dell’abbassamento di Dio: Dio si abbassa in Gesù Cristo per la redenzione, viene da noi. In Gesù, Dio si è fatto uno di noi, si è abbassato; assetato come noi, soffre la nostra stessa arsura». Il Pontefice cita in proposito il servo di Dio don Primo Mazzolari (1890-1959), il quale, personalizzando la richiesta rivolta alla samaritana, si meraviglia che Cristo «mi chiede da bere. Ha quindi sete come me. Ha la mia sete. Mi sei vicino davvero, Signore! Sei legato alla mia povertà – non posso crederlo! – mi hai preso dal basso, dal più basso di me stesso, ove nessuno mi raggiunge» (P. Mazzolari, La Samaritana, Bologna 2022, 55-56). Gesù ha sete del nostro amore, continua Francesco, tanto che il medesimo verbo «emergerà nel momento culminante della passione, sulla croce; lì, prima di morire, Gesù dirà: “Ho sete” (Gv 19,28). Quella sete dell’amore che lo ha portato a scendere, ad abbassarsi, ad essere uno di noi».
Colui che ci chiede da bere è anche Colui che ci dona l’acqua viva, l’eternità. Allora «queste parole non sono solo la richiesta di Gesù alla samaritana, ma un appello – a volte silenzioso – che ogni giorno si leva verso di noi e ci chiede di prenderci cura della sete altrui. Dammi da bere ci dicono quanti – in famiglia, sul posto di lavoro, negli altri luoghi che frequentiamo – hanno sete di vicinanza, di attenzione, di ascolto», ma soprattutto «ce lo dice chi ha sete della Parola di Dio e ha bisogno di trovare nella Chiesa un’oasi dove abbeverarsi. Dammi da bere è l’appello della nostra società, dove la fretta, la corsa al consumo e soprattutto l’indifferenza, questa cultura dell’indifferenza generano aridità e vuoto interiore».
Riecco, quindi, l’appello missionario, perché «davanti a queste sfide, il Vangelo di oggi offre ad ognuno di noi l’acqua viva che può farci diventare fonte di ristoro per gli altri. E allora, come la samaritana, che lasciò la sua anfora al pozzo e andò a chiamare la gente del villaggio (cfr v. 28), anche noi non penseremo più solo a placare la nostra sete, la nostra sete materiale, intellettuale o culturale, ma con la gioia di aver incontrato il Signore potremo dissetare altri: dare senso alla vita altrui, non come padroni, ma come servitori di questa Parola di Dio che ci ha assetato», ricorda il Santo Padre, che invitando tutti all’iniziativa “24h con il Signore” «nel pomeriggio di venerdì mi recherò in una parrocchia romana per la Celebrazione penitenziale». «Un anno fa, in tale contesto, abbiamo compiuto il solenne Atto di Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria, invocando il dono della pace» per il mondo intero, in particolare per Russia e Ucraina.
La missionarietà è forse la chiave del pontificato di Papa Francesco, che proprio nel giorno in cui escono queste righe compie i suoi primi 10 anni.
Lunedì, 13 marzo 2023