Glossando il recente viaggio in Ungheria e Slovacchia, il Papa esalta quei popoli per la difesa delle radici cristiane del Continente, denuncia con durezza l’operato in senso contrario della UE e rimarca l’importanza della questione demografica. L’orgoglio degli ungheresi e degli slovacchi per la loro professione di fede si manifesta in particolare nell’elevata natalità
di Michele Brambilla
L’udienza di mercoledì 22 settembre è, come di consueto dopo grandi viaggi apostolici, un’esegesi dello stesso. Papa Francesco condensa in poche parole il significato della visita compiuta in Ungheria e Slovacchia: «lo riassumerei così: è stato un pellegrinaggio di preghiera, un pellegrinaggio alle radici, un pellegrinaggio di speranza. Preghiera, radici e speranza».
La Messa celebrata a Budapest per la conclusione del Congresso eucaristico internazionale è stata certamente un grande momento di preghiera: «il popolo santo di Dio, nel giorno del Signore, si è riunito davanti al mistero dell’Eucaristia, dal quale continuamente è generato e rigenerato. Era abbracciato dalla Croce che campeggiava sopra l’altare, a mostrare la stessa direzione indicata dall’Eucaristia, cioè la via dell’amore umile e disinteressato, dell’amore generoso e rispettoso verso tutti, della via della fede che purifica dalla mondanità e conduce all’essenzialità».
La tappa successiva è stata in Slovacchia: «anche là, a Šaštín, presso il Santuario della Vergine dei Sette Dolori, un grande popolo di figli è accorso per la festa della Madre, che è anche la festa religiosa nazionale. Il mio è stato così un pellegrinaggio di preghiera nel cuore dell’Europa, cominciato con l’adorazione e concluso con la pietà popolare». Il Papa esorta per due volte a «pregare, perché a questo è chiamato anzitutto il Popolo di Dio: adorare, pregare, camminare, peregrinare, fare penitenza». Ammonisce: «ciò ha una particolare importanza nel continente europeo, dove la presenza di Dio viene annacquata – lo vediamo tutti i giorni: la presenza di Dio viene annacquata – dal consumismo e dai “vapori” di un pensiero unico – una cosa strana ma reale – frutto del miscuglio di vecchie e nuove ideologie». Questi fenomeni vogliono soffocare le radici cristiane del nostro continente, ma «anche in tale contesto, la risposta che risana viene dalla preghiera, dalla testimonianza e dall’amore umile».
«È quello che ho visto», testimonia il Papa, «nell’incontro con il popolo santo di Dio. Cosa ho visto? Un popolo fedele, che ha sofferto la persecuzione ateista. L’ho visto anche nei volti dei nostri fratelli e sorelle ebrei, con i quali abbiamo ricordato la Shoah. Perché non c’è preghiera senza memoria. Non c’è preghiera senza memoria. Cosa vuol dire, questo? Che noi, quando preghiamo, dobbiamo fare memoria della nostra vita, della vita del nostro popolo, della vita di tanta gente che ci accompagna nella città, tenendo conto di qual è stata la loro storia»: tutto il contrario di chi pensa che per avere un futuro bisogna “dimenticare” il passato.
Francesco richiede, quindi, una preghiera immersa nelle radici culturali e spirituali dell’Europa: «incontrando i fratelli Vescovi, sia a Budapest sia a Bratislava, ho potuto toccare con mano il ricordo grato di queste radici di fede e di vita cristiana, vivide nell’esempio luminoso di testimoni della fede, come il Cardinal Mindszenty e», per la Slovacchia, «il Cardinal Korec, come il Beato Vescovo Pavel Peter Gojdič. Radici che scendono in profondità fino al nono secolo, fino all’opera evangelizzatrice dei santi fratelli Cirillo e Metodio, che hanno accompagnato questo viaggio come una presenza costante. Ho percepito la forza di queste radici nella celebrazione della Divina Liturgia in rito bizantino, a Prešov, nella festa della Santa Croce. Nei canti ho sentito vibrare il cuore del santo popolo fedele, forgiato da tante sofferenze patite per la fede».
Il Papa esalta la capacità di ungheresi e slovacchi di proteggere le proprie radici contro ogni incursione ideologica. La fede è ancora viva nel popolo perché, appunto, non si limita alle enunciazioni: «più volte ho insistito sul fatto che queste radici sono sempre vive, piene della linfa vitale che è lo Spirito Santo, e che come tali devono essere custodite: non come reperti da museo, non ideologizzate e strumentalizzate per interessi di prestigio e di potere, per consolidare un’identità chiusa. No. Questo vorrebbe dire tradirle e sterilizzarle! Cirillo e Metodio», presi a modello di una missione che si trasforma in autentica inculturazione, «non sono per noi personaggi da commemorare, ma modelli da imitare, maestri da cui sempre imparare lo spirito e il metodo dell’evangelizzazione, come pure dell’impegno civile – durante questo viaggio nel cuore dell’Europa ho pensato spesso ai padri dell’Unione Europea, come l’hanno sognata non come un’agenzia per distribuire le colonizzazioni ideologiche della moda». Il Santo Padre domanda con molta franchezza: «ricordiamo le nostre radici? Dei padri, dei nonni? E siamo collegati ai nonni che sono un tesoro? “Ma, sono vecchi …”. No, no: loro ti danno la linfa, tu devi andare da loro e prendere per crescere e portare avanti. Noi non diciamo: “Va’, e rifugiati nelle radici”: no, no. “Va’ alle radici, prendi da lì la linfa e vai avanti. Vai al tuo posto”. Non dimenticatevi di questo. E vi ripeto quello che ho detto tante volte, quel verso tanto bello: “Tutto quello che l’albero ha di fiorito gli viene da quello che ha di sotterrato”».
Le radici dell’albero sono quindi anche il nostro futuro, se la linfa continua a scorrere fino alle foglie. Il fatto che la Chiesa sia ancora capace di grandi realizzazioni caritative, come Casa Betlemme a Bratislava o la missione nei campi Rom della Slovacchia, è un indubbio segno di vitalità, ma il Pontefice mette al centro la questione demografica: «ho visto tanta speranza negli occhi dei giovani, nell’indimenticabile incontro allo stadio di Košice. Questo anche mi ha dato speranza, vedere tante, tante coppie giovani e tanti bambini. E ho pensato all’inverno demografico che noi stiamo vivendo, e quei Paesi fioriscono di coppie giovani e di bambini: un segno di speranza. Specialmente in tempo di pandemia, questo momento di festa è stato un segno forte e incoraggiante, anche grazie alla presenza di numerose coppie giovani, coi loro bambini».
Giovedì, 23 settembre 2021