di Michele Brambilla
Buran, il temutissimo vento russo, infuria sull’Italia, ma la diplomazia internazionale vive ore febbrili attorno al tavolo della Siria. Ne è consapevole Papa Francesco, che infatti all’Angelus di domenica 25 febbraio rivolge il pensiero «[…] all’amata e martoriata Siria, dove la guerra si è intensificata, specialmente nel Ghouta orientale. Questo mese di febbraio è stato uno dei più violenti in sette anni di conflitto», fino a fargli esclamare: «Fratelli e sorelle, tutto questo è disumano. Non si può combattere il male con altro male. E la guerra è un male. Pertanto rivolgo il mio appello accorato perché cessi subito la violenza, sia dato accesso agli aiuti umanitari – cibo e medicine – e siano evacuati i feriti e i malati. Preghiamo insieme Dio che questo avvenga immediatamente».
Anche Cristo ha sofferto, come ricorda la Quaresima. Ha detto il Pontefice: «Il Vangelo di oggi, seconda domenica di Quaresima, ci invita a contemplare la trasfigurazione di Gesù (cfr Mc 9,2-10). Questo episodio va collegato a quanto era accaduto sei giorni prima, quando Gesù aveva svelato ai suoi discepoli che a Gerusalemme avrebbe dovuto «soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere» (Mc 8,31)».
Il solo pensiero del dolore mette in crisi l’uomo di oggi come quello di allora. La reazione dei discepoli all’annuncio di quanto accadrà a Gesù a Gerusalemme è infatti di sconcerto e angoscia. «Questo annuncio», prosegue il Santo Padre, «aveva messo in crisi Pietro e tutto il gruppo dei discepoli, che respingevano l’idea che Gesù venisse rifiutato dai capi del popolo e poi ucciso. Loro infatti attendevano un Messia potente, forte, dominatore, invece Gesù si presenta come umile, come mite, servo di Dio, servo degli uomini, che dovrà donare la sua vita in sacrificio, passando attraverso la via della persecuzione, della sofferenza e della morte. Ma come poter seguire un Maestro e Messia la cui vicenda terrena si sarebbe conclusa in quel modo? Così pensavano loro». Come tutti gli uomini, infatti, di fronte alla sofferenza anche i discepoli faticano a vedere la luce. Si rende dunque necessario il miracolo della Trasfigurazione. Se il 6 agosto si commemora l’evento storico, in Quaresima si contempla l’episodio narrato da san Marco come anticipo e prefigurazione del mattino di Pasqua.
«Questo evento della Trasfigurazione», spiega Francesco, «permette così ai discepoli di affrontare la passione di Gesù in modo positivo, senza essere travolti. Lo hanno visto come sarà dopo la passione, glorioso. E così Gesù li prepara alla prova. La trasfigurazione aiuta i discepoli, e anche noi, a capire che la passione di Cristo è un mistero di sofferenza, ma è soprattutto un dono di amore, di amore infinito da parte di Gesù» che è un’iniezione di fiducia. «Il Padre rinnova […] la sua dichiarazione messianica sul Figlio, già fatta sulle rive del Giordano dopo il battesimo, ed esorta: “Ascoltatelo!” (v. 7). I discepoli sono chiamati a seguire il Maestro con fiducia, con speranza, nonostante la sua morte; la divinità di Gesù deve manifestarsi proprio sulla croce, proprio nel suo morire “in quel modo”, tanto che l’evangelista Marco pone sulla bocca del centurione la professione di fede: “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!” (15,39)» nel momento stesso in cui il Messia spira. Il centurione non ha capito una sola parola delle grida in aramaico, ma comprende il significato del gesto e ne individua il significato, convertendosi.
Lunedì, 26 febbraio 2018, Sant’Alessandro