
Bisogna amare Gesù, che ci ama per primo, prima di applicare i suoi precetti
di Michele Brambilla
Nel Vangelo di Marco, spiega Papa Francesco nel testo per l’udienza del 9 aprile, c’è un interlocutore di Gesù che non ha nome. Viene presentato semplicemente come «un tale» (Mc 10,17), per poi specificare che «si tratta di un uomo che fin da giovane ha osservato i comandamenti, ma che, malgrado questo, non ha ancora trovato il senso della sua vita. Lo sta cercando», ma «forse è uno che non si è deciso fino in fondo, nonostante l’apparenza di persona impegnata. Al di là, infatti, delle cose che facciamo, dei sacrifici o dei successi, ciò che veramente conta per essere felici è quello che portiamo nel cuore», altrimenti, denuncia il Santo Padre, siano navi eternamente trattenute nel porto dalle zavorre interiori.
Il giovane ricco porge a Gesù una domanda fondamentale: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Il Papa osserva che egli sta ancora pensando al “fare”, «non conosce il vocabolario della gratuità», dato che è cresciuto con un’idea seccamente retributiva della Legge mosaica. L’applicazione è sempre stata rigorosa e il giovane «mette davanti a Gesù il suo bel curriculum».
Cristo, però, non vuole essere semplicemente obbedito. «Il verbo che usa Marco è molto significativo: “guardandolo dentro”»: Gesù non ci conosce superficialmente e vuole instaurare con noi anzitutto un rapporto vivo e vivificante. «Cosa avrà visto infatti dentro questa persona? Cosa vede Gesù quando guarda dentro di noi e ci ama, nonostante le nostre distrazioni e i nostri peccati? Vede la nostra fragilità, ma anche il nostro desiderio di essere amati così come siamo», ribadisce infatti il Pontefice. «Guardandolo dentro – dice il Vangelo – “lo amò” (Mc 10,21). Gesù ama quest’uomo prima ancora di avergli rivolto l’invito a seguirlo. Lo ama così com’è. L’amore di Gesù è gratuito: esattamente il contrario della logica del merito che assillava questa persona. Siamo veramente felici quando ci rendiamo conto di essere amati così, gratuitamente, per grazia. E questo vale anche nelle relazioni tra noi: fin quando cerchiamo di comprare l’amore o di elemosinare l’affetto, quelle relazioni non ci faranno mai sentire felici», evidenzia il Santo Padre.
Quindi «la proposta che Gesù fa a quest’uomo è di cambiare il suo modo di vivere e di relazionarsi con Dio. Gesù infatti riconosce che dentro di lui, come in tutti noi, c’è una mancanza. È il desiderio che portiamo nel cuore di essere voluti bene. C’è una ferita che ci appartiene come esseri umani, la ferita attraverso cui può passare l’amore», pertanto «per colmare questa mancanza non bisogna “comprare” riconoscimenti, affetto, considerazione; occorre invece “vendere” tutto quello che ci appesantisce, per rendere più libero il nostro cuore»: l’elemosina come opera di misericordia materiale ne è un’immagine significativa, fa notare Francesco.
«Infine Gesù invita quest’uomo a non rimanere da solo. Lo invita a seguirlo, a stare dentro un legame, a vivere una relazione. Solo così, infatti, sarà possibile uscire dall’anonimato», o meglio dal nostro egocentrismo. «Forse oggi, proprio perché viviamo in una cultura dell’autosufficienza e dell’individualismo, ci scopriamo più infelici, perché non sentiamo più pronunciare il nostro nome da qualcuno che ci vuole bene gratuitamente», osserva il Pontefice.
Purtroppo «quest’uomo non accoglie l’invito di Gesù e rimane da solo, perché le zavorre della sua vita lo trattengono nel porto. La tristezza è il segno che non è riuscito a partire. A volte pensiamo che siano ricchezze e invece sono solo pesi che ci stanno bloccando. La speranza è che questa persona, come ognuno di noi, prima o poi possa cambiare e decidere di prendere il largo». Il Papa invoca allora su tutte le solitudini del nostro tempo la benedizione del Sacro Cuore di Gesù, Cuore eternamente innamorato degli esseri umani.
Giovedì, 10 aprile 2025