Giovanni Paolo II, Cristianità n. 285-286 (1999)
Discorso ai Presuli della Conferenza Episcopale Austriaca in visita ad limina Apostolorum, del 20-11-1998, nn. 11-13, in L’Osservatore Romano, 21-11-1998. Traduzione del quotidiano vaticano e titolo redazionale.
La verità non è il prodotto di una «Chiesa dal basso»
Nei documenti conciliari la Chiesa viene descritta come «creatura Verbi», in quanto «nella parola di Dio è insita tanta efficacia e potenza da essere sostegno e vigore della Chiesa e per i fedeli della Chiesa saldezza della fede, cibo dell’anima, sorgente pura e perenne della vita spirituale» (Dei Verbum, 21; cfr. Lumen gentium, 2). Questa consapevolezza ha risvegliato nel Popolo di Dio un vivo interesse per la Sacra Scrittura con indubbi vantaggi per il cammino di fede di ciascuno.
Purtroppo non sono mancati anche fraintendimenti ed errate interpretazioni: si sono insinuate alcune concezioni della Chiesa che non corrispondono né ai dati biblici né alla Tradizione della Chiesa apostolica. L’espressione biblica «popolo di Dio» (laos tou theou) è stata intesa nel senso di un popolo strutturato politicamente (demos) secondo le norme valevoli per ogni altra società. E poiché la forma di regime più consona all’odierna sensibilità è quella democratica, si è diffusa tra un certo numero di fedeli la richiesta di una democratizzazione della Chiesa. Voci di questo genere si sono moltiplicate […]. Allo stesso tempo, l’interpretazione autentica della parola divina e l’annuncio della dottrina della Chiesa hanno lasciato a volte il posto ad un malinteso pluralismo, in virtù del quale si è pensato di poter individuare la verità rivelata per mezzo della demoscopia e in maniera democratica.
Come non provare profonda tristezza nel constatare questi erronei concetti riguardo alla fede e alla morale che, insieme con certi temi della disciplina della Chiesa, sono invalsi nelle menti di tanti membri del laicato? Sulla verità rivelata nessuna «base» può decidere. La verità non è il prodotto di una «Chiesa dal basso», ma un dono che viene «dall’alto», da Dio. La verità non è una creazione umana, ma è dono del cielo. Il Signore stesso l’ha affidata a noi, successori degli Apostoli, affinché — rivestiti di «un carisma sicuro di verità» (Dei Verbum, 8) — la trasmettiamo integralmente, la cu- stodiamo gelosamente e l’ esponiamo fedelmente (cfr. Lumen gentium, 25).
Con affettuosa partecipazione alle sollecitudini del vostro ministero, vi dico: venerati Fratelli, abbiate il coraggio della carità e della verità! È certo giusto non voler riconoscere alcuna verità se priva della carità. È però altrettanto doveroso non accettare una carità che sia priva di verità! Annunciare agli uomini la verità nella carità — questo è il vero rimedio contro l’errore. Vi chiedo di adempiere questo compito con tutte le vostre forze. A ciascuno di voi sono rivolte le parole di Paolo al discepolo Timoteo: «Insieme con me prendi anche tu la tua parte di sofferenze, come un buon soldato di Cristo Gesù. […] Sforzati di presentarti davanti a Dio come un uomo degno di approvazione, un lavoratore che non ha di che vergognarsi, uno scrupoloso dispensatore della parola della verità. […] Annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina» (2 Tim. 2, 3.15; ibid., 4, 2).
[…] Proprio la cultura della vita si muove entro i poli della verità e della carità. Perseverate con coraggio nel rendere testimonianza alla dottrina tramandata, rimanendo saldi in essa. In particolare, per quanto concerne il matrimonio, anche se l’esperienza umana si trova spesso impotente di fronte allo sfascio di tante unioni coniugali, il matrimonio sacramentale è e rimane per volontà divina indissolubile. E così pure: anche se la maggior parte della società decidesse diversamente, la dignità di ciascun essere umano rimane inviolabile dal concepimento nel seno materno fino al suo termine naturale voluto da Dio. E ancora: nonostante le rinascenti contestazioni, come se si trattasse soltanto di una questione disciplinare, la Chiesa non ha ottenuto dal Signore l’autorità di conferire l’ordinazione sacerdotale alle donne (cfr. Lettera ap. Ordinatio sacerdotalis, 4).
Giovanni Paolo II