Oggi, come ai tempi di Gesù, chi testimonia la Verità viene perseguitato, ma siamo noi credenti coloro che sono davvero liberi, come testimoniano le storie dei martiri
di Michele Brambilla
«Il Vangelo di oggi ci fa visitare in carcere Giovanni il Battista, che si trova prigioniero a motivo della sua predicazione (cfr Mt 14,3-5)», dice Papa Leone XIV nell’Angelus del 14 dicembre, III domenica di Avvento, che coincide con il Giubileo dei carcerati.
Nonostante sia prigioniero, san Giovanni Battista «non perde la speranza, diventando per noi segno che la profezia, anche se in catene, resta una voce libera in cerca di verità e di giustizia». L’infuocato predicatore in vesti di cammello approfitta della situazione per mandare alcuni suoi discepoli a porre a Gesù una domanda fondamentale: è davvero Lui il Messia atteso da Israele?
«La risposta di Gesù porta lo sguardo su coloro che Lui ha amato e servito. Sono loro: gli ultimi, i poveri, i malati a parlare per Lui. Il Cristo annuncia chi è attraverso quello che fa. E quello che fa è per tutti noi segno di salvezza», che il Regno di Dio è davvero tra noi nella persona stessa di Gesù. «Infatti, quando incontra Gesù, la vita priva di luce, di parola e di gusto ritrova senso: i ciechi vedono, i muti parlano, i sordi odono», tutte cose che nell’Antico Testamento sono annunciate come i caratteri distintivi dei tempi messianici. «L’immagine di Dio, deturpata dalla lebbra, riacquista integrità e salute. Persino i morti, del tutto insensibili, tornano alla vita (cfr v. 5). Questo è il Vangelo di Gesù, la buona notizia annunciata ai poveri: quando Dio viene nel mondo, si vede», cioè si fa esplicitamente riconoscere, commenta il Papa.
Comprendiamo, quindi, che «dalla prigione dello sconforto e della sofferenza ci libera la parola di Gesù: ogni profezia trova in Lui il compimento atteso. È Cristo, infatti, che apre gli occhi dell’uomo alla gloria di Dio. Egli dà parola agli oppressi, ai quali violenza e odio hanno tolto la voce; Egli vince l’ideologia, che rende sordi alla verità; Egli guarisce dalle apparenze che deformano il corpo». E’ per questo che possiamo dire con verità: «“Gaudete in Domino semper – Siate sempre lieti nel Signore” (Fil 4,4). Proprio con questo invito si apre la Santa Messa di oggi, terza domenica di Avvento, chiamata perciò domenica Gaudete. Gioiamo, dunque, perché Gesù è la nostra speranza soprattutto nell’ora della prova, quando la vita sembra perdere senso e tutto ci appare più buio, le parole ci mancano e fatichiamo ad ascoltare il prossimo». Il punto più nero della notte è quello più vicino all’alba: non a caso i paramenti della domenica Gaudete sono rosa, una variazione cromatica che sta ad indicare proprio lo stemperarsi delle tenebre di fronte al Signore che si avvicina. Il colore rosa lo ritroveremo nella domenica Laetare (IV domenica di Quaresima), in prossimità della Pasqua, quando la luce del Risorto trionferà definitivamente sul peccato e sulla morte.
La presenza certa, costante, trionfante del Signore è sempre stata la forza “segreta” dei martiri. Giusto «ieri a Jaén, in Spagna, sono stati beatificati il sacerdote Emanuele Izquierdo e cinquantotto Compagni, insieme al sacerdote Antonio Montañés Chiquero e sessantaquattro Compagni, uccisi in odio alla fede nella persecuzione religiosa degli anni 1936-38. E sempre ieri, a Parigi, sono stati beatificati Raymond Cayré, sacerdote, Gérard-Martin Cendrier, dell’Ordine dei Frati Minori, Roger Vallé, seminarista, Jean Mestre, laico e quarantasei Compagni, uccisi in odio alla fede negli anni 1944-45» in Germania, dove assistevano i prigionieri francesi, ma sono tanti coloro che anche ai giorni nostri pagano con la vita la loro fedeltà a Gesù. Il Pontefice segue, in proposito, con attenzione il riaccendersi degli scontri «nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo. Mentre esprimo la mia vicinanza alla popolazione, esorto le parti in conflitto a cessare ogni forma di violenza e a ricercare un dialogo costruttivo, nel rispetto dei processi di pace in corso».
Lunedì, 15 dicembre 2025
