Come il femminismo radicale tradisce le donne.
Nel 1943, Clive S. Lewis (1898-1943) pubblicò L’abolizione dell’uomo. La negazione del diritto naturale e di valori oggettivi – argomentava in quest’opera il futuro creatore delle Cronache di Narnia – avrebbe avuto conseguenze disastrose per l’umanità. La tesi centrale de L’abolizione della donna – è improbabile che l’assonanza dei titoli sia casuale – è che esiste un femminismo radicalizzato e intollerante incapace di riconoscere dignità e diritto di espressione a voci femminili che non si riconoscono in qualcuno dei suoi imperativi. In particolare, tale indole oppressiva e prepotente si manifesta nei dibattiti sull’aborto (qui l’autrice, che si definisce una «femminista pro-life» parla per esperienza personale): una donna che, pubblicamente, si esprima non solo a favore dell’emancipazione femminile ma anche del diritto inalienabile alla vita di ogni essere umano innocente, compreso il bimbo non ancora nato nel grembo della propria madre, oppure che condivida in pubblico il dolore che la strazia per aver voluto abortire, viene redarguita, denigrata e trattata come una traditrice della causa.
Fiorella Nash prende inoltre in considerazione una serie di forme di oppressione cui donne, ragazze e bambine sono soggette nel XXI secolo e che il femminismo mainstream ignora più o meno consapevolmente. Per esempio, dopo aver dimostrato, dati alla mano e per ammissione dei suoi esponenti, come l’industria dell’aborto ricorra sistematicamente alla diffusione di dati menzogneri per promuoverne la legalizzazione nei Paesi dove è vietato, nel libro si denuncia la studiata omertà sui rischi cui vanno incontro le donne che decidono di sottoporsi a un aborto farmacologico, le cui vittime adulte, peraltro, non trovano femministe disposte a indignarsi.
L’autrice dedica inoltre ampio spazio al «gendercidio»: l’uccisione deliberata di un essere umano non ancora nato sulla base del suo sesso in Paesi come la Cina e l’India, nonché, in forme più «discrete», in Paesi come il Regno Unito quando si tratta di «scegliere» gli embrioni fecondati da impiantare in utero nelle tecniche di fecondazione in vitro.
Un’altra forma di oppressione femminile completamente ignorata dal femminismo radicale è la mercificazione del corpo sottesa dalla maternità surrogata, ai danni di donne povere spesso indotte dal contesto familiare o dall’indigenza economica a vendere i propri ovuli o a vivere in un regime di semi-schiavitù nei mesi in cui portano in grembo bimbi commissionati da facoltosi occidentali.
Solido quanto alla documentazione, il testo è caratterizzato dallo stile graffiante e senza complessi tipico dei libri di denuncia. Fiorella Nash, che in patria ha peraltro firmato opere di narrativa di successo, non nasconde il carattere «militante» del suo saggio. Per ciascuno dei fronti evocati, tuttavia, auspica che uomini e donne combattano «fianco a fianco» superando dialettiche stantie imposte dal femminismo radicale.
Nel libro non mancano consigli di «aggiustamenti di tiro» rivolti al mondo pro-life: per conseguire un consenso ancora maggiore questo dovrebbe aggirare gli stereotipi imposti dagli oppositori e mostrarsi più sensibile al tema delle gravidanze problematiche, manifestando una maggiore attenzione allo sfruttamento e all’abuso delle donne all’interno di una società sessualizzata.
Consigliato a chi ha veramente a cuore il ruolo sociale delle donne, tanto nell’Occidente, quanto nel mondo intero.
Categoria: Saggio
Autore: Fiorella Nash
Pagine: 240 pp
Prezzo: € 20,90
Anno: 2021
Editore: D’Ettoris Editori, Crotone
EAN: 9788893280884