Da Avvenire del 19/03/2020. Foto da articolo
La Nuova Zelanda strappa sull’aborto. E lo fa con il governo di coalizione guidato dalla laburista Jacinda Ardern: l’interruzione volontaria di gravidanza sarà depenalizzata. Il Parlamento di Wellington, ieri, ha approvato in terza lettura la legge che cancellerà il provvedimento che per più di 40 anni ha circoscritto l’aborto, previa valutazione di due medici, a gestazioni incompatibili con la tutela della salute fisica e mentale della madre. La normativa, passata con 68 voti favorevoli e 51 contrari, taglia l’aborto dalla lista dei reati contemplati dal codice penale legittimandone il ricorso entro le prime 20 settimane.
La decisione, che segna in profondità la società, è arrivata dopo un lungo dibattito parlamentare durante il quale i margini del consenso governativo si sono assottigliati. Lo scorso agosto, con l’approvazione in prima lettura, il provvedimento era sostenuto da una maggioranza di 94 deputati erosa nelle tornate successive con l’introduzione del voto in libertà di coscienza. La coalizione è tuttavia riuscita a evitare, proprio nell’ultima fase dello scrutinio parlamentare, che il nuovo provvedimento venisse sottoposto a un referendum. Cassato invece l’emen- damento con cui veniva chiesta l’istituzione di una «zona cuscinetto » allestita lungo il perimetro delle cliniche abortiste per tenere lontane le associazioni pro-life.
Quello dell’interruzione volontaria di gravidanza è uno dei nodi più controversi del panorama politico e sociale della Nuova Zelanda, paese che registra tassi di aborto tra i più alti del mondo: i casi dichiarati nel 2018 sono stati 13,5 ogni 1.000 donne tra i 15 e i 44 anni, valori doppi, per esempio, rispetto a quelli di Germania (7,1) e Italia (6,2). Eppure, detta dal ministro della giustizia Andrew Little, il “tagliando” alla legge del 1977 è stato necessario per «consentire alle donne di ricorrere all’aborto per vie più veloci e sicure».
«L’aborto – ha sottolineato – d’ora in poi non sarà più considerato un crimine ma mera procedura medica ». A nulla è valsa l’opposizione delle associazioni anti-abortiste secondo cui il governo non aveva un mandato pubblico per introdurre un cambiamento così vistoso. Inascoltati anche l’appello e le documentate riserve dei vescovi della Chiesa cattolica secondo cui la nuova legge introdurrà l’aborto “on demand”. «La legge è così vaga sui criteri per l’aborto oltre le 20 settimane – lamentava due settimane fa Cynthia Piper, membro della Commissione per la Giustizia sociale della diocesi di Hamilton – che sarà potenzialmente possibile ricorrervi fino alla nascita».