di Michele Brambilla
Si è aperta a Siena, il 22 ottobre, una mostra dedicata all’opera in città del pittore Ambrogio Lorenzetti (1290-1348), uno dei più rappresentativi del Trecento toscano. Vengono esposte temporaneamente, nel complesso dell’ospedale di Santa Maria della Scala (esso stesso un capolavoro architettonico, che fa percepire tutta l’etica cristiana del curare nel Medioevo), opere normalmente conservate in musei esteri, ma affreschi di Lorenzetti sono sparsi in buona parte degli edifici del meglio conservato centro storico medioevale d’Italia, tanto che la mostra crea di fatto un circuito virtuoso tra tutti i poli interessati (basilica di San Francesco, chiesa di Sant’Agostino, Palazzo Pubblico, Pinacoteca Nazionale di Siena).
“Virtuoso” non è un aggettivo a caso, ma richiama direttamente quello che forse è l’affresco più rappresentativo sia dello stile del pittore che della cultura di cui è espressione: la celebre allegoria del Buon governo in città e nel contado, realizzata tra il 1338 e il 1340 nella Sala della Pace del Palazzo Pubblico. Il tema è solo apparentemente “laico”: in realtà, anche in una città fieramente ghibellina (cioè schierata politicamente con l’imperatore, contro la Firenze guelfa), l’uomo della Cristianità vedeva unito ciò che l’uomo moderno separa in maniera radicale.
Il buon governo, secondo Lorenzetti, è quello guidato dalla pace, dalla fortezza, dalla prudenza, dalla magnanimità, dalla temperanza e dalla giustizia, insomma dalle virtù sia teologali sia cardinali, raffigurate esplicitamente con i propri attributi tradizionali. Accanto al Comune/Bene Comune, rappresentato come un saggio, anziano e vestito dei colori comunali (bianco e nero), siede a sinistra la Giustizia, in trono, cioè la giustizia umana che guarda, in alto, la bilancia di quella divina che pende verso la Terra, la sola che consenta ai giudici umani di amministrare il diritto in maniera equa. Il tutto ordinato gerarchicamente dalle virtù ai cittadini, che sono raffigurati in processione. L’effetto del buon governo è una città laboriosa e una campagna altrettanto prospera, con le botteghe aperte, le scuole affollate, le donne spontaneamente in festa e i campanili delle chiese alti e colorati.
Il saggio, che rappresenta il Comune/Bene Comune, è forse un’allusione anche al Vegliardo citato nell’Apocalisse (cfr. 1,14), che per l’evangelista san Giovanni è Cristo stesso. Che il buon governo corrisponda al radicarsi della regalità di Gesù nei cuori e nelle leggi è comprovato dal dialogo degli affreschi di Lorenzetti con la Maestà di Simone Martini (1284-1344), presente nello stesso Palazzo: la Madonna con il Bambino siede in trono ed è scortata in processione (sotto un sontuoso baldacchino processionale) dai patroni della città, i martiri Ansano, Savino, Crescenzio e Vittore, che rappresentano anche l’aspirazione alla santità di tutti i senesi, realizzatasi perlomeno in santa Caterina (1347-80), al quale crebbe istruita nella fede cattolica da questi affreschi.
Le chiese di San Francesco e, soprattutto, di Sant’Agostino sono state ristrutturate nei secoli successivi. Tuttavia in Sant’Agostino è ancora visibile una Maestà del Lorenzetti, che esprime il medesimo concetto di regalità sacrale della Madonna del Martini. Cosa significasse questa visione in concreto lo esprime compiutamente il maggiore spazio espositivo della mostra, l’ospedale di santa Maria della Scala, fondato anzitutto come luogo di ospitalità per i pellegrini (la concezione medioevale di “ospitale” è molto più ampia della nostra) nel 1090, un momento in cui fermentavano le condizioni per la convocazione della Prima Crociata, coincidenza, questa, non da poco. Le stanze sono ricoperte di affreschi della prima metà del Quattrocento, che respirano ancora di un clima artistico gotico nel quale la carità materiale è emanazione di una visione cosmologica in cui Dio è Signore indiscusso e, tramite il suo Vicario (Papa Celestino III concede privilegi all’Ospedale, e sono tutti indulgenze), dilata nel mondo terreno l’opera della Grazia, tanto che, come si vede nel Sogno del beato Sorore, gli assistiti vanno direttamente dalle sale dell’istituto al Cielo passando su una scala a pioli come quella degli angeli nella celebre visione di Giacobbe (cfr. Gn 28, 11-18).
La Siena del secolo XIV aspirava a diventare quella scala che permette agli uomini di elevarsi verso il loro Redentore. I visitatori della mostra, aperta fino al 21 gennaio, torneranno a casa certi che questa sia la vocazione autentica di ogni città terrena.
Sul decisivo tema del buon governo vale la pena di ripercorrere anche la mostra realizzata da Alleanza Cattolica, accompagnata dalla spiegazione di Lorenzo Cantoni.