di Marco Respinti
In un anno dall’elezione e in nove mesi di guida del Paese più importante del mondo, il presidente degli Stati Uniti Donald J. Trump sembra essere stato meno sensibile alla tutela della libertà religiosa nel mondo e alla difesa dei cristiani perseguitati di quanto non sia invece stato, a suo tempo, il presidente George W. Bush Jr. Lo ha notato qualche osservatore, e giustamente. Ma oramai dovremmo avere imparato tutti che con Trump non bisogna mai dire gatto finché non lo si ha nel sacco. La sua Amministrazione sembra infatti fatta apposta per smentire tutto quello che si crede di sapere sul suo conto. A farsi portavoce del nuovo, felice ribaltone questa volta è il vicepresidente Mike Pence, ospite, mercoledì 25 ottobre, della serata di gala organizzata da una fondazione dal nome inequivocabile “In Defense of Christians”. Perché mercoledì il vicepresidente Pence ha detto al mondo, su mandato esplicito del suo principale Trump, che l’Amministrazione statunitense farà a meno dell’inanità delle Nazioni Unite mentre in mezzo mondo i cristiani vengono disinvoltamente ammazzati . Quindi farà da sé. Fatti, non parole: «È mio privilegio annunciare», ha detto Pence, «che il presidente Trump ha ordinato al Dipartimento di Stato di smettere di finanziare gl’inutili sforzi di assistenza profusi dalle Nazioni Unite. Da ora in avanti gli Stati Uniti daranno appoggio direttamente alle comunità perseguitate attraverso lo USAID», ovvero l’Agenzia per lo sviluppo internazionale (United States Agency for International Development).
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Un preciso indirizzo di politica estera, che obbedisce a un criterio fondamentale. In Medioriente è in corso un vero e proprio genocidio dei cristiani. Chi, tra gli altri, ne è pienamente convinto sono i Cavalieri di Colombo, la più grande charity cattolica del mondo, che infatti si sono dati alacremente da fare affinché anche le istituzioni americane lo riconoscessero. E così è stato, quando il 14 marzo 2016 il Congresso federale ha finalmente pronunciato la parola “genocidio”. Quel che invece è sempre mancato è stata invece la firma di Barack Obama, il presidente americano allora in carica. Perché? Perché altrimenti avrebbe dovuto tirarne le conseguenze, visto che un riconoscimento di quel calibro avrebbe, per la legge americana, impegnato la Casa Bianca all’azione. Il Cielo ha voluto che alla guida del Paese vi fosse però, mesi dopo, ben altra compagine politica. Quella che ora le conseguenze di quella proclamazione del Congresso federale le tira.
I cristiani perseguitati hanno dunque un amico potente in più. Per questo l’annuncio solenne e vincolante dato mercoledì dal vicepresidente Pence ha scatenato, nel salone delle conferenze dov’è stato pronunciato, un applauso che vale come quell’amen di suggello e sigillo che i cristiani protestanti pronunciano a voce alta ogni qualvolta il predicatore proferisce una verità biblica ineluttabile (uso il paragone con i protestanti perché Pence è protestante e lo faccio senza vergogna di farlo da cattolico visto che Pence di vergogna non ne ha nel dire ai cattolici che la non cattolica Amministrazione in carica è decisamente al loro fianco ).