Di Michele Brambilla
Papa Francesco spiega alla recita dell’Angelus del 15 settembre che «il Vangelo di oggi (Lc 15, 1-32) inizia con alcuni che criticano Gesù, vedendolo in compagnia di pubblicani e peccatori, e dicono con sdegno: “Costui accoglie i peccatori e mangia con loro” (Lc 15,2)». Sembrava infatti contraddire l’intera etica ebraica fondata sul Salmo 1, nel quale si dice chiaramente: «beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi, non resta nella via dei peccatori e non siede in compagnia degli arroganti» (Sal 1,1).
Ma Gesù, sottolinea il Papa, non ha paura di “contaminarsi”: «Gesù accoglie i peccatori e mangia con loro. È quello che accade a noi, in ogni Messa, in ogni chiesa: Gesù è contento di accoglierci alla sua mensa, dove offre sé stesso per noi». Al banchetto eucaristico partecipano ricchi e poveri, giusti e peccatori, uomini dalla fede granitica e uomini dubbiosi. Le porte della chiesa rimangono sempre aperte, sia per chi vuole accendere una candela, sia per il vandalo che entra per “accendere” le tovaglie dell’altare.
Gesù illustra questo concetto con tre parabole. «Oggi sarebbe bello», invita Francesco, «che ognuno di voi prendesse il Vangelo, il Vangelo di Luca, capitolo 15, e leggesse le tre parabole. Sono stupende. Nella prima parabola», la più nota, dice: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta?» (Lc 15,4). Ovviamente nessuno. Sarebbe infatti un procedimento irrazionale e “antieconomico” abbandonare la maggior parte dei capi, che vale una fortuna, per inseguire un’unica pecora. Ognuno di noi cercherebbe di preservare ciò che rimane del gregge e inventerebbe una buona scusa per non venire licenziato dal padrone di lavoro.
«Dio invece non si rassegna», spiega il Pontefice, «a Lui stai a cuore proprio tu che ancora non conosci la bellezza del suo amore, tu che non hai ancora accolto Gesù al centro della tua vita, tu che non riesci a superare il tuo peccato, tu che forse per le cose brutte che sono accadute nella tua vita non credi nell’amore». Tutti gli uomini debbono quindi sentirsi quella pecora smarrita e ritrovata, ma anche la moneta perduta nella casa della donna della seconda parabola. «Nella seconda parabola», prosegue il Santo Padre, «tu sei quella piccola moneta che il Signore non si rassegna a perdere e cerca senza sosta: vuole dirti che sei prezioso ai suoi occhi, che sei unico». Un messaggio espresso in maniera ancora più pregnante nella terza parabola, quella del figliol prodigo, già meditata alle soglie della Quaresima.
C’è sempre il rischio che qualcuno rifiuti l’amore instancabile di Dio, ma Lui non si arrende. «Come si fa a sconfiggere il male? Accogliendo il perdono di Dio e il perdono dei fratelli. Succede ogni volta che andiamo a confessarci: lì riceviamo l’amore del Padre che vince il nostro peccato».
Lunedì, 16 settembre 2019