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L’anima, la Filanda

29 Agosto 2020 - Autore: Alleanza Cattolica

Poesia di Davide Rondoni


I

L’acqua, l’acqua…

Dove sono ?

Mormora l’acqua, Mormora è anche il nome della antica

roggia

cosa mormora qui ? che voci di donne

sento dai muri, o forse da lontani astri,

dalle strade qui fuori

o da celestiali stringhe…

le voci,

l’acqua, il carbone, le cinghie…

cosa è questo posto?

ora così bello, ordinato, composto…

le donne lavoravano qui, filavano –

cantavano ? chiedevano

di lavorare meno,

un po’ meno di dieci ore siùr padrù

meno…

il posto detto della pozzanghera

nelle pozze giocavano i loro bambini

cosa si muove qui, forse sento ancora

le pale degli antichi mulini…

fanno frrrr frrrr

trema la notte, trema l’anima mia…

qui al centro di un posto piccolo, laggiù Milano,

là Cremona,

è più lontana Pavia…

l’acqua, l’acqua qui sotto mormora

e tra le dita,

e come la vita

va via…

La nostra anima è di seta?

se la si potesse toccare

questa cosa che ci fa respirare, essere,

desiderare, questa cosa filata dentro di noi

dalle stelle o da cosa nei telai dell’universo

sarebbe lieve, liscia, sarebbe un quasi niente

meraviglioso tra le dita?

o è carbone, mulini, nel vento perso

è tirata imprigionata da cinghie

un padrone la sovrasta, la affama

anima quasi schiava…

anima bestia, anima peste…

cosa si tesse qui in paese

e nel nostro interiore paese

mentre l’acqua segretamente scorre, lava

i pensieri nella Filanda invisibile di me,

e qui, ombre che mi ascoltate, di voi?

la nostra anima è seta ?

o forse è solo infinita sete ?


II

l’acqua, la vita, mormora

spinge le energie si macina

la vita, si macinava nell’antico

mulino in un’ora

mezza somma

di formentone

nella nostra anima quanto tormento

si macina, deve spingere l’acqua, spingere il vento –

si macina nel petto, nelle ossa la vita

si macina nei baci, nei ti prego resta,

non andar via, si macina

anche quando sembra non ci sia più nulla

più nulla da macinare

vita tutta pèsta

e si vorrebbe finalmente restare

solo un pianto di acqua di seta sul viso

e le braccia poverissimi allargare –

e invece viene il vento, viene la fame

e ancora ancora macinare –

cosa succede in questa voce rotta di poesia

sono le voci della Filanda, del mulino

qualcosa di terribile, di bambino?

si macina la vita, si fila l’anima

nella terra di mezzo

tra Milano, Cremona, e là, lontana, Pavia

si fila l’anima di una gente, di un luogo, un cielo

con l’acqua, la fatica (siùr padrù

non dieci ore di lavoro, meno)

proprio qui

a Soncino

l’ho detto il nome, questo posto

grandioso e piccolino

la nostra anima è di seta, è sete

la nostra anima è un posto grandioso e piccolino

dove l’acqua mormora, mulini fantasma

girano, a volte in silenzio

a volte gridano…

la Filanda, la Filanda

si tiene a un filo il cuore

o – dicono qui –

el cör sö l’aspa

in una indefinibile ansia

quando scende immensa sulla pianura

la sera

o per strada l’occhio brilla ammirando

il passaggio tra le tante donne belle

di lei, silenziosa mite guerriera

che mormora solo: “ricordati le stelle…”

il suo invito

l’ansia della bellezza

lo sai, lo sai, tutta Italia è una dura carezza…


III

la Filanda lo sa

sa il profondo segreto

la bellezza nasce dall’acqua, dal fuoco

dal vento che rende il tempo inquieto

è bellissima la seta

tremenda la lotta,

quante ore

a filare, a filare

il dolore con l’amore, la fine con le nascite

la pazienza con l’insurrezione

qui prima società operaia a organizzarsi

siamo donne non siamo bestie

l’anima non è una bella veste

il lavoro di filare la vita, filare l’anima

è cosa da uomini non da animali

un tempo per il lavoro, un tempo per il riposo

e uno per camminare sotto i vasti

stellati cieli invernali, lungo il roseto brumoso

o lungo le nebbie del mattino

un tempo per guardare i tuoi occhi da vicino

la Filanda lo sa, lo mormora

alla rocca qui a Soncino

la vita è una guerra

contro la disperazione

contro la dispersione

la Filanda lo sa

l’identità è il problema della modernità

la Filanda che ha visto passare operai, padroni,

età:

se togli il filo del mistero, del cielo, del Dio

dell’universo

che nella nascita in un luogo ti offre al tuo cammino

ogni filo va in un casuale verso

o nel disegno disegnato dal potere

siùr padrù ci tolga della fatica, ci tolga

delle ore

la Filanda lo sa

se ti chiedono di colpo ehi, ehi

tu chi sei

– se un fantasma non sei –

balbetti qualche nome – io sono

di Soncino, o

io sono di Forlì

l’amico di Maria, di Gianluca, di Gino, io sono

la sorella di, la moglie di, il moroso di, cugino di

io sono innamorato di,

io sono di,

se no chi sono io ?

se no che cosa sono io

grida alle stelle, nel grande

vuoto, nel grande oblio

l’errante di ogni età –


III

la Filanda lo sa

e continua a tessere in silenzio

le anime di qui

la rocca difende i corpi

la Filanda tesse le identità

le prepara al battesimo, acqua

che mormora anche là,

che cosa sono io

se non sono di…se non sono di…

siamo tutti di…

la Filanda lo sa

si filava,

e ancora misteriosamente si fila qui,

contro ogni tentativo di spezzare,

di smagliare, di dimenticare

la splendida seta, la umile tessitura

del dire, del pregare, del piangere io sono di,

amore tienimi qui

– Filo e radice di ogni avventura

di ogni universale apertura

un filo, ti tiene legato, e continuamente

filato, rammagliato

a un posto grandioso e piccolino –

la vita naturale

non è essere a chiunque altro

uguale

se tutto è uguale a tutto

allora tutto

è solo del più forte

e su tutto domina in mille maschere

la morte –

Porta ancora il tuo filo alla Filanda, anima,

mormora

come acqua sulle labbra, come mulini

di gioia negli occhi,

con il tuo filo in mano:

io sono di

io sono dei tuoi occhi, mia mite guerriera,

di questa erba, di questa grande sera

di questi fossi, tessuto qui, io sono

di Soncino

niente lo può negare, la nascita lo grida

col primo grido nel parto

non lo cancella l’ultimo sospiro

prima di morire, né l’ultimo quarto

di luna

prima di svanire


IV

la Filanda, l’anima

l’anima da filare sempre

muovi i celestiali telai, amore,

l’anima sempre da macinare

muovi il vento, amore,

l’anima da dissetare sempre

muovi l’acqua che mormora, amore

l’anima da far nascere sempre

muovi ancora il tuo sospiro,

spargi il tuo seme di tigre e di quercia

il tuo grido, il tuo lieve giro

di luci sulla pianura e sul mare –

fila, macina, amore

tu che sei il mio filatore, il mio

macinatore

 

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