Maurizio Dente, Cristianità n. 114 (1984)
La prevedibile escalation dal socialismo democratico al socialcomunismo totalitario in una situazione esemplare per vicinanza geografica e cronologica.
A conferma di uno «stile» e di una «natura»
L’attacco socialistico alla Chiesa e alla società di Malta
La crisi maltese sembra avvicinarsi a una svolta decisiva. Il socialismo – che si è artatamente riconfermato al potere nel 1981, benché uscito minoritario dalle elezioni – di fronte alla reazione del paese reale accelera la propria evoluzione totalitaria, invocando apertamente il regime a partito unico (1), mentre intensifica la battaglia per la conquista «delle menti», chiudendo otto delle diciannove scuole secondarie cattoliche dell’isola (2), e fa addestrare e armare la propria polizia dalla Corea del Nord (3).
La lotta ormai aperta alla Chiesa e alla tradizione cattolica – profondamente radicata sull’isola -, di cui si cerca di attenuare l’impatto sfavorevole sulla opinione pubblica interna attraverso contatti di vertice con il Vaticano (4); la manipolazione dei meccanismi elettorali; il controllo degli organi di informazione e il ricorso alla violenza di piazza e alla intimidazione degli avversari, sono i principali tasselli del mosaico totalitario che il socialismo sta lentamente componendo a Malta (5).
Il leader del Partito Nazionalista, Eddie Fenech Adami, relegato alla opposizione nonostante abbia conseguito alle ultime elezioni. la maggioranza assoluta dei voti, ha espresso i propri timori per la libertà dei maltesi in una intervista a Cristianità. «A Malta potrebbe instaurarsi un regime a partito unico», ha detto Adami, e ha aggiunto: «Ogni giorno che passa sono consapevole dei problemi nuovi creati dal socialismo. Se ci fossero elezioni libere noi vinceremmo con ampio scarto». Ma i socialisti permetteranno ancora elezioni libere a Malta?
Il totalitarismo a tappe: la lotta alla Chiesa
Una pubblicazione ufficiale del governo (6) documenta – attraverso un fitto carteggio tra Dom Mintoff, primo ministro e leader del Malta Labour Party, il MLP, e il Vaticano – lo sforzo dei socialisti maltesi per porre in contrasto la Chiesa locale e il Vaticano stesso, scavalcando l’arcivescovo, mons. Joseph Mercieca, che viene definito «incapace di comandare e di resistere alle pressioni di vecchi elementi che hanno fatto della Chiesa maltese una delle più arretrate della Cristianità» (7). Il governo ha approvato alla unanimità la decisione di «trattare direttamente con il Vaticano qualunque questione che riguardi lo Stato e la chiesa nei loro rapporti» (8).
Dall’altra parte – negli interlocutori della segreteria di Stato vaticana – non sono mancati atti di condiscendenza e anche cedimenti a danno della Chiesa locale (9): senza ottenere, peraltro, risultati. E il Papa si vedeva costretto, ricevendo Dom Mintoff nel novembre del 1981, a chiedere per la Chiesa «la libertà che le compete avendo ricevuto da Dio il mandato – che è dovere e diritto – di annunziare il Vangelo in forme adeguate alla natura stessa di questo messaggio, ed alla umana dignità di coloro che ne sono i destinatari» (10).
In realtà la strategia di attacco contro la Chiesa era stata programmata: Dom Mintoff, parlando a una manifestazione delle donne del Malta Labour Party nel 1980, aveva annunciato imminenti «battaglie» con la Chiesa a proposito di scuole e di ospedali (11).
Ed ecco alcune tra le principali tappe della escalation anticattolica del socialismo maltese:
1. Soppressione di feste religiose. Il 10 febbraio, festa dell’apostolo san Paolo, naufragato a Malta nella baia che porta il suo nome e autore, secondo la tradizione, della conversione dei maltesi (12), dal 1977 non è più riconosciuta tra gli «official public holidays» e diviene, per lo Stato, giorno lavorativo. Ogni celebrazione religiosa viene omessa, poi, in occasione della festa nazionale del 31 marzo.
2. Chiusura degli ospedali cattolici. Nel 1981 vengono espulse dall’isola le religiose dell’ordine delle Blue Sisters, che gestivano un ospedale. Inutili i tentativi di mediazione da parte del Vaticano e la visita a Malta, nel gennaio del 1981, del segretario del Consiglio degli Affari Pubblici, mons. Achille Silvestrini. L’ospedale viene chiuso. Le suore sono costrette a partire in piena notte. All’arcivescovo mons. Mercieca viene negato anche il permesso di incontrarle privatamente. Quattro anni dopo l’inizio della «battaglia» annunciata da Dom Mintoff sono tre gli ospedali cattolici chiusi sull’isola.
3. Divieto all’arcivescovo di Malta, mons. Mercieca, e al vescovo di Gozo, mons. Nikol G. Cauchi, di visitare i detenuti in carcere.
4. Sospensione della cappellania all’aeroporto di Luqa e dei servizi religiosi per la Quaresima per il personale dei cantieri navali e in varie fabbriche.
5. Revoca delle possibilità, in precedenza accordate alla Chiesa, di fornire assistenza spirituale agli alunni delle scuole pubbliche, attraverso la facoltà concessa ai vescovi di compiere visite nelle scuole, tenere istruzioni formative e dare corsi di esercizi spirituali in preparazione della Pasqua (13).
6. Soppressione della facoltà di teologia nella università, in seguito alla legge di riforma del 1978.
7. Legge di esproprio dei beni immobili della Chiesa, con la sola eccezione degli edifici adibiti a luoghi di culto, del 1983 (14).
L’attacco alla scuola cattolica
Un esame a parte, all’interno della strategia contro la Chiesa, merita l’attacco alla scuola cattolica. Nel 1971, appena insediatosi al potere, il socialismo maltese aveva compiuto uno dei primi passi per impadronirsi del sistema educativo, chiudendo due collegi per la formazione di insegnanti retti dai fratelli delle Scuole Cristiane e dalle suore del Sacro Cuore. La formazione degli insegnanti, viene assunta dalla università. Ora l’antico collegio dei fratelli delle Scuole Cristiane ospita un istituto per insegnanti libici. Con una legge del 1974 venivano aboliti interi dipartimenti della università. Tra essi, quelli di storia, di filosofia, di teologia e di lingue. Agli universitari veniva prospettato il modello maoista dello studente-lavoratore. Intanto lo sconvolgimento della scuola secondaria – con l’abolizione dei licei, l’abbassamento del livello culturale dell’insegnamento, l’abolizione degli esami – cominciava a produrre un vero e proprio esodo verso la scuola cattolica, che è giunta a raccogliere il 30% degli studenti.
Allora è cominciata la seconda fase della «battaglia per le menti»: con una circolare del febbraio del 1978 il ministero della Pubblica Istruzione «congelava» fino a nuova disposizione le rette delle scuole cattoliche, già ferme ai livelli del 1972.
Quanto ai contributi statali, il loro ammontare era quello fissato otto anni prima, nel 1970, dall’ultimo governo retto dal Partito Nazionalista.
L’arcivescovo mons. Mercieca fece osservare che, mentre nella scuola di Stato il costo per studente era di 316,91 lire maltesi, le rette delle scuole cattoliche erano ferme a un costo di circa 72. Come risposta, nel giugno del 1980 si arriva alla sospensione dei contributi statali, con la intenzione di fare morire di indigenza la scuola cattolica. Di fronte alla sua vitalità – grazie al largo appoggio delle famiglie maltesi – e dopo una brevissima tregua tattica prima delle elezioni politiche del dicembre del 1981, vengono decise altre misure discriminatorie. Agli studenti delle scuole di Stato, nelle prove di ammissione alla università, che è a «numero chiuso», vengono automaticamente accreditati venti punti in più rispetto ai loro colleghi provenienti dalla scuola cattolica. Anche se aveva conseguito migliori votazioni, uno studente proveniente dalla scuola cattolica poteva essere escluso a vantaggio di un alunno della scuola di Stato. Intanto si meditava sui mezzi per fare cessare la solidarietà dei cattolici maltesi con le loro scuole, testimoniata dai contributi elargiti a titolo di donazione: con un emendamento alla legge in vigore, il 10 dicembre 1982 il governo proibiva le donazioni.
Contemporaneamente stabiliva che le rette scolastiche dovessero restare immutate ai livelli del 16 novembre 1982, che erano poi quelli del 1972. Infine, nell’aprile del 1984, l’ultima mossa per liquidare definitivamente la scuola cattolica: si tratta di alcuni emendamenti all’Education Act, del 1974. Viene istituita una «licenza» governativa, concessa di anno in anno, per il funzionamento delle scuole non statali. Esse sono anche obbligate a tenere un registro ispezionabile in ogni momento da funzionari governativi. Il comma 13 precisa che il governo «può revocare in qualsiasi momento la licenza concessa» (15).
Il comma 15 stabilisce che il governo può subentrare ai privati nella direzione delle scuole che risultassero non conformi alle disposizioni di legge, mantenendo a loro carico le spese di gestione. Può essere particolarmente interessante la lettura del paragrafo finale del testo, in cui si chiariscono «obiettivi e scopi» della nuova normativa, che si propone di «completare le riforme avviate dal governo socialista». Vi ricompare quel concetto di «Libertà tirannia» che aveva ispirato saggi di padre Luigi Taparelli d’Azeglio e che Rousseau aveva delineato nel suo Contratto sociale, in alternativa al concetto tradizionale di «libertà» con la minuscola e al plurale – come poteri concreti non derivanti dallo Stato, di cui il singolo e le società, naturali e volontarie, cioè i corpi intermedi, erano titolari (16).
«E così – conclude il testo di questa legge statalistica e oppressiva – il principio della libera educazione, già stabilito nella scuola statale, sarà esteso a quella privata».
A «rifiutarsi di essere coattivamente libero», però, a resistere al totalitarismo di cui i socialisti stanno ponendo le basi, è l’intero paese reale maltese. Il 10 agosto 1984, a Sliema, almeno cinquemila persone – genitori, studenti e insegnanti -, circondate e quasi isolate da un imponente spiegamento di polizia, hanno manifestato contro la decisione governativa di vietare la riapertura di otto delle diciannove scuole secondarie cattoliche, rispondendo a un appello della Federazione delle Associazioni di genitori e insegnanti cattolici, la FPTA. «Una scuola libera, un paese libero» era lo slogan della manifestazione. Tra la gente spiccavano cartelli con scritto: «Manteniamo Malta pulita dal comunismo» e «Governo, dimissioni come in Francia». Il 19 settembre 1984, alla riapertura dell’anno scolastico, solo 230 dei 3.800 studenti cui era stato imposto il passaggio alla scuola di Stato, si sono recati a scuola. Oltre 3.500 si sono radunati per protesta nella chiesa di S. Teresa, a Birkirkara, con l’arcivescovo mons. Mercieca. Nello stesso giorno decine di migliaia di maltesi – centomila, secondo alcune fonti – hanno manifestato per la libertà scolastica a La Valletta.
Lo scatenamento della violenza socialistica
Come una triste profezia, a poche settimane di distanza dalla intervista a Cristianità, le affermazioni di Fenech Adami hanno trovato verifica in un crescendo impressionante di violenze e di intimidazioni scatenate dai socialisti. Sia pure con un «sorprendente» ritardo: (17) e non senza reticenze e omissioni, anche la grande stampa italiana ha dovuto prenderne atto (18).
Si può comprenderne l’imbarazzo di fronte a questi socialisti che devastano cappelle e profanano tabernacoli «con un furore iconoclasta da rossi della guerra civile spagnola» (19), rinnovando manifestazioni di odio anti-cristiano che sono frequenti nella storia di questa ideologia (20).
E si può comprendere la grande disponibilità alla mediazione nella crisi maltese da parte dell’on. Craxi, amico personale di Dom Mintoff – come assicurano gli organi di informazione – e suo alleato nella Internazionale socialista, che avrebbe interposto i suoi buoni uffici anche per l’incontro tra il leader dei socialisti maltesi e il cardinale segretario di Stato, Agostino Casaroli, svoltosi nella sede della nunziatura apostolica in Italia ai primi di ottobre (21).
Ancora escluso dai colloqui è rimasto l’arcivescovo mons. Joseph Mercieca, che a Malta subisce in prima persona le violenze e le intimidazioni degli attivisti del Malta Labour Party. È stata dunque accolta la richiesta di Dom Mintoff di non trattare con l’arcivescovo, ma direttamente con Roma, nello sforzo di accreditare a Malta e nella opinione pubblica internazionale la immagine di «due Chiese», una delle quali, quella locale, che tiene la propria scuola chiusa di fronte alla sopraffazione del governo, difenderebbe solo superati privilegi invece che diritti naturali e libertà concrete. Contemporaneamente, un’altra dialettica viene accreditata con la compiacenza di alcuni organi di informazione (22). Quella tra i socialisti «estremisti» del viceprimo ministro maltese Carmelo Mifsud Bonnici, che Mintoff in persona ha designato come suo successore e i «moderati» di Dom Mintoff stesso: si tratta di una tattica già nota, e ampiamente sperimentata nella serie degli «incidenti di percorso» del socialismo reale, che coincidono praticamente con la sua storia. Resta solo da vedere se funzionerà ancora una volta per disorientare e fiaccare la reazione del paese reale maltese, che attualmente è in rivolta contro il socialismo, di cui ha sperimentato gli effetti, e non contro questo o quel dirigente. La leadership della reazione è affidata, dal punto di vista morale e spirituale, alla Chiesa maltese che, almeno per il momento, si è orientata verso la resistenza passiva, preferendo non riaprire tutte le sue scuole, che sono 70, con circa 18 mila alunni, e appellandosi alla Corte Costituzionale piuttosto che sfidare la violenza governativa. Ma sul terreno immediatamente politico, che appare decisivo, la guida è affidata al Partito Nazionalista di Fenech Adami, che aderisce alla Internazionale democristiana. Centomila maltesi – quasi uno su tre – sono scesi in strada il 19 settembre 1984, a La Valletta, per difendere le libertà scolastiche. Non meno di 60-70 mila hanno acclamato Fenech Adami il 30 settembre a Floriana, nel corso della manifestazione di protesta indetta dal Partito Nazionalista dopo l’assalto di due giorni prima all’arcivescovado. La mobilitazione di queste energie è solo in funzione delle lontane, e a questo punto perfino improbabili elezioni politiche del 1986, che – se pure si svolgessero – sarebbero condizionate da un clima ampiamente prevedibile? Anche dalla risposta a questo interrogativo dipende la libertà di Malta.
Maurizio Dente
Note:
(1) «Siamo giunti al momento in cui Malta può essere governata senza un partito di opposizione?», si chiedeva il viceprimo ministro e leader designato del Malta Labour Party, Carmelo Mifsud Bonnici, alla fine dello scorso anno (quotidiano L-Orizzont, 5-12-1983). Il concetto – avanzato allora con qualche cautela – è stato ribadito dallo stesso Bonnici in una intervista al settimanale maltese The Sunday Times. Bonnici ha affermato che sarà preferibile non tenere le prossime elezioni piuttosto che tenerle «con interferenze straniere» o con «interferenze della Chiesa» (The Sunday Times, 12-8-1984; cfr. anche il quotidiano maltese The Times, 17-8-1984).
(2) «In questo settore dell’Educazione – ha affermato il viceprimo ministro Bonnici, che è anche ministro della Pubblica Istruzione -, l’ultima parola è quella dello Stato, del Governo, cioè del popolo e di nessun altro» (The Sunday Times, 19-8-1984). Dom Mintoff, dal canto suo, aveva annunciato alla conferenza generale del movimento giovanile del Malta Labour Party che la sua amministrazione intende fare cessare l’opera di diffusione di idee nella mente della gente da parte della Chiesa. Esponenti del Malta Labour Party hanno parlato di «battaglia delle menti», riferendosi alla influenza della Chiesa come a «superstizione»: cfr. il dossier Mintoff government escalates war on Church schools, recentemente pubblicato dal Partito Nazionalista, p. 2.
(3) La polizia maltese – come di recente ha rivelato l’autorevole quotidiano svizzero Neue Zürcher Zeitung ripreso dal settimanale maltese The Democrat, dell’11 agosto 1984 – «è equipaggiata con speciali armi nordcoreane». Il quotidiano svizzero si chiedeva: «Dom Mintoff intende proteggersi dal suo stesso popolo con l’aiuto di Kim Il Sung?» Accompagnato da una folta delegazione, il primo ministro maltese, Dom Mintoff, ha compiuto nell’agosto del 1984 un viaggio in Bulgaria, in Cina e nella Corea del Nord.
(4) «Gli osservatori hanno l’impressione – notava Luigi Accattoli sul Corriere della Sera, del 15 agosto 1984 – che il frequente invio di missioni diplomatiche in Vaticano, come anche l’altrettanto frequente ricevimento di inviati pontifici a La Valletta vengano utilizzati come copertura verso l’opinione pubblica internazionale, mentre di fatto il governo ritiene di poter procedere del tutto autonomamente».
(5) Una legge proibisce perfino l’uso in pubblico di alcune parole: è l’Act to Control and Regulate the use of Certains Words, in vigore dal 1º novembre 1978. È vietato l’uso delle parole «nazione» e «Malta», anche in ogni variante e derivazione. Per questo il quotidiano del Partito Nazionalista è stato costretto a mutilare la propria testata In Nazzjon Taghna. «La nostra nazione»: il giornale è diventato In … Taghna. Un altro quotidiano, l’indipendente The Times of Malta, dopo la legge è diventato The Times.
(6) Dokumenti dwar Problemi U Tilwim bejn KNISJA-STAT F’ MALTA mit-23 ta’ Dicembru, 1976 sat-30 ta’ Mejju, 1983 u mis-16 sat-23 ta’ Gunju, 1983, It-Tieni Edizzjoni, Malta 26-7-1983. I documenti sono in maltese, con traduzione in inglese, e in italiano.
(7) Lettera del primo ministro Dom Mintoff a SS. Giovanni Paolo II, del 6-2-1981, ibid., p. 192.
(8) Ibid., p. 193. In una nota del ministero degli Esteri alla segreteria di Stato, dell’11-2-1983, si confermava: «Quella decisione non è cambiata» (ibid., p. 220).
(9) Cfr., per esempio, lo scambio di messaggi tra Dom Mintoff e mons. Agostino Casaroli, dell’11 e del 12-3-1977, a proposito della soppressione unilateralmente decisa dal governo – della festività di san Paolo. A un secco messaggio di Mintoff, che affermava non esservi alcun obbligo per lo «stato laico» maltese «di fare delle feste religiose delle festività pubbliche», e che presentava come un gesto di magnanimità quello di avere lasciato sopravvivere altre festività antiche e radicate nel popolo maltese, minacciando contemporaneamente altre soppressioni di fronte a eventuali «atti ostili» della Chiesa locale, la segreteria di Stato replicava sommessamente, sottolineando la intenzione di «evitare che siano danneggiate, per questo, le attuali relazioni tra la chiesa e lo stato», e assicurando l’interessamento dell’arcivescovo mons. Mercieca per una «sollecita considerazione» della richiesta del governo maltese di trasferire alla domenica le feste patronali, anche queste profondamente radicate nell’isola (cfr. ibid., pp. 180-181).
(10) GIOVANNI PAOLO II, Discorso in occasione della visita del primo ministro maltese Dom Mintoff in Vaticano, dell’11-11-1981, ibid., p. 210.
(11) Cfr. il quotidiano maltese The Times, 11-8-1984.
(12) Il naufragio di san Paolo a Malta, nel 58 d.C., mentre veniva condotto a Roma con altri prigionieri, è riferito in Atti 28, 1.
(13) Questi atti di ostilità verso la Chiesa sono elencati come fatti «che non si può non vedere con viva preoccupazione» in una lettera del cardinale segretario di Stato, Agostino Casaroli, a Dom Mintoff, dell’11 agosto 1981 (cfr. Dokumenti dwar Problemi U Tilwim bejn KNISJA-STAT F’ MALTA mit-23 ta’ Dicembru, 1976 sat-30 ta’ Mejju, 1983 u mis-16 sat-23 ta’ Gunju, 1983, cit., p. 198).
(14) La legge, Devolution of Certain Church Property Act, è del 29 giugno 1983. È stata approvata con 34 voti, quelli del Malta Labour Party, contro 31, dal parlamento unicamerale maltese. Il 24 settembre 1984 la Corte Costituzionale l’ha annullata in seguito a un ricorso dell’arcivescovo mons. Mercieca. La reazione del governo è stata rabbiosa. Il viceprimo ministro Bonnici ha convocato per il giorno seguente tutti i giudici maltesi presso la presidenza del Consiglio.
(15) Cfr. Act further to amend Education Act, 1974, del 19-4-1984.
(16) Cfr. PADRE LUIGI TAPARELLI D’AZEGLIO S.J., La libertà tirannia. Saggi sul liberalesimo risorgimentale, Edizioni di Restaurazione Spirituale, Piacenza 1960. «Chi rifiuterà di obbedire alla volontà generale, vi sarà obbligato […] il che non vuole significare altro che lo si forzerà ad essere libero» (JEAN JACQUES ROUSSEAU, Il contratto sociale, libro I, cap. VII, ed. it. a cura di Ci. Barni, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano 1974, p. 51).
(17) la Repubblica, per esempio, ha scoperto Malta solo il 30 settembre 1984. Sono stati necessari l’assalto e la devastazione dell’arcivescovado, e la profanazione delle cappelle dedicate a San Calcedonio e alla Madonna di Manresa perché questo quotidiano desse un poco di spazio alle vicende maltesi. Tutti gli avvenimenti precedenti, dalla guerra scolastica avviata dai socialisti, alla bomba collocata dinanzi alla residenza privata dell’arcivescovo mons. Mercieca, alla manifestazione dei centomila per le libertà scolastiche, evidentemente non «facevano notizia». Anche per Paese Sera Malta ha cominciato a esistere solo il 30 settembre. Il primato, comunque, spetta a l’Unità. Il quotidiano del partito comunista ha dedicato il primo articolo a Malta solo il 3 ottobre, ignorando totalmente gli incidenti e le violenze provocate dai socialisti per lamentare invece il fatto che «gli occhiuti censori ecclesiastici» maltesi pubblichino una rassegna critica dei film in programmazione nei cinema e alla televisione.
(18) «[…] la pacifica e solare Malta ha vissuto un fatto destinato a lasciare tracce profonde nella memoria del suo cattolicissimo popolo […]. Una cappella dedicata a San Calcedonio, l’ufficio dell’arcivescovo e del vicario generale hanno subito la furia vandalica dei “dimostranti”» (Corriere della Sera, 29-9-1984). «[…] un nutrito gruppo di banditi (non sapremmo come altrimenti definirli) ha attaccato sventolando bandiere rosse il Palazzo di Giustizia e la sede dell’arcidiocesi, a Floriana. Gli assalitori erano intruppati in un corteo organizzato dai laburisti “per garantire il rispetto della legge” […]», scrive Luciano Gulli, e aggiunge: «[…] gli assalitori hanno devastato la cappella di San Calcedonio, decapitato statue della Madonna e dei santi, imbrattato e sfondato pregevoli tele dell’800 raffiguranti soggetti sacri. Alcuni si sono poi diretti verso gli uffici della curia, devastandoli scientificamente. Stessa sorte hanno subito lo studio dell’arcivescovo Joseph Mercieca e quello del suo vicario. I vandali si sono poi accaniti contro la cappella grande sfregiando l’altare e schiavardando perfino il tabernacolo» (il Giornale, 29-9-1984).
(19) Il riferimento è di un insospettabile osservatore: si tratta di Domenico Del Rio (cfr. la Repubblica, 2-10-1984).
(20) Per un ampio affresco della storia mondiale del socialismo, che attinge a fonti documentali non note in Occidente, cfr. IGOR SAFAREVIC, Il socialismo come fenomeno storico mondiale, «La Casa di Matriona», Milano 1980.
(21) «È stato Craxi a procurargli l’incontro con Casaroli. […] Da indiscrezioni si è però saputo che Craxi ha consigliato a Dom Mintoff di essere più “soft” sulla questione della scuola cattolica e a trovare un accordo con la Chiesa» (il Giornale, 5-10-1984).
(22) Cfr., per esempio, Pier Giorgio Liverani, in Avvenire, del 2-10-1984: «[…] almeno metà dei laburisti sono cattolici praticanti e in dissenso con la leadership del partito». Secondo Domenico Del Rio (la Repubblica, 2-10-1984) «Prudente è […] Mintoff che in tutta la questione [la guerra scolastica (ndr)] non si espone». Al contrario «estremista» sarebbe Bonnici che «da puro socialista vuole che nessuno paghi a scuola, nemmeno a quelle cattoliche» (ibidem).