XXVII domenica del Tempo ordinario
(Gn 2, 18 – 24; Sal 127; Eb 2, 9 – 11; Mc 10, 2 – 16)
Cristianesimo è anzitutto riconoscere Gesù come Signore e Maestro, Signore dei nostri cuori e delle nostre menti. E riconoscere Gesù come Signore e Maestro significa ritenere che il nostro modo di ragionare e di vivere deve conformarsi al suo insegnamento, anche e soprattutto quando il suo insegnamento è in contrasto con le idee, le norme e i comportamenti che nella nostra società appaiono dominanti. Oggi la parola di Dio ci richiama ad uno dei punti dove l’opposizione tra il Vangelo e il mondo è più netta, più stridente, più dolorosa: si tratta del diverso modo di concepire l’unione dell’uomo e della donna nel matrimonio.
E’ un argomento che tocca in profondo la nostra umanità, che provoca la nostra sensibilità e suscita la reazione degli animi, che è di estrema rilevanza per tutto il modo di condurre la nostra esistenza. Siamo chiamati a restare coerenti anche in questo campo con la nostra qualifica di cristiani.
Il racconto evangelico ci dice che i farisei vengono un giorno a interrogare Gesù a proposito del divorzio, e lo fanno per metterlo alla prova, cioè per avere un pretesto di accusarlo e un’occasione per renderlo impopolare. E’ una questione che ai nostri giorni “mette alla prova” anche la Chiesa e i pastori d’anime, che quotidianamente sono penosamente alle prese con le conseguenze di una legislazione che ha spezzato l’antica tradizione del nostro popolo e si è posta in conflitto con la parola di Dio. Il pensiero di Gesù era già noto, perché l’aveva espresso nel Discorso della Montagna: proprio per questo l’intervento dei farisei appare provocatorio, chiaramente finalizzato a dimostrare Gesù come soggetto non rispettoso della Legge mosaica.
Mosè aveva regolato questa materia, limitandosi a prescrivere che il marito dovesse mettere per iscritto le ragioni del ripudio. L’interpretazione rabbinica non era concorde sulla validità di queste possibili ragioni, che dovevano essere più o meno gravi, più o meno futili a seconda dei vari dottori della Legge, ma Gesù non si lascia impigliare in questa contesa. La sua risposta è come una spada di luce, che taglia tutte le discussioni. Egli dichiara che la verità va ricercata non nelle sottili argomentazioni dei dotti, ma nel progetto originario di Dio.
Secondo questo progetto, l’uomo e la donna che si uniscono nel matrimonio assumono tra loro un vincolo che è più tenace di quello che c’è tra un figlio e i genitori (Lascerà suo padre e sua madre…)
e ugualmente insopprimibile. Ciò che avviene, avviene per sempre. Quell’unione è difatti il naturale principio di una realtà che non si distruggerà più: la creatura chiamata all’esistenza dall’amore sponsale è immortale. In essa il padre e la madre restano come saldati tra loro, anche quando essi ritengono di essersi divisi in virtù di una legislazione compiacente.
Qui Gesù appare davvero il Figlio di Dio e il padrone dell’universo: solo Lui poteva introdurre qualcosa di veramente nuovo nella ripetitività dell’egoismo umano. L’indissolubilità del matrimonio era allora un fatto inaudito: né gli Ebrei, né i pagani la conoscevano, ma questo accadeva, dice Gesù, perché tutti si erano allontanati dal disegno del Creatore. Anche i suoi fedeli discepoli sono stupiti di questa novità e, rientrati a casa, lo interrogano ancora sull’argomento.E ancora Gesù ribadisce la sua affermazione, chiarendo in più che, a differenza di quel che tutti allora pensavano, non c’è diversità di condizione tra l’uomo e la donna. Fino a quel momento, l’uomo era, nelle varie legislazioni, un privilegiato: a lui solo, e non alla donna, era consentito di rompere il matrimonio. Il Figlio di Dio proclama per la prima volta l’uguale dignità e l’uguale diritto dei due contraenti.
Questo è ciò che il Signore pensa dell’unione sponsale. Pensare diversamente, vuol dire mettersi nel pericolo di percorrere una strada di malessere, di scontentezza, di sventure che spesso si ripercuotono sugli innocenti, cioè sui figli. Ai nostri ragazzi non mancano di solito le proteine, le vitamine, i mezzi di istruzione e di svago, ma purtroppo, altrettanto di frequente – da parte di chi disattende il comando di Cristo –, essi vengono derubati dei loro più importanti diritti: il diritto di crescere in una famiglia stabile, concorde, in pace; il diritto di avere dei genitori che sappiano sacrificarsi per il bene dei figli; il diritto di avere un padre e una madre che si integrino a vicenda nell’opera educativa; il diritto di non essere vezzeggiati e colmati di regali da un padre e da una madre in discordia fra loro e, quindi, in gara per accaparrarsi con i doni e le concessioni l’affetto della prole. Certamente il disegno di Dio è impegnativo, la sua proposta è altissima e, talvolta, sembra esigere troppo dalla nostra debolezza e dalla nostra fragilità. Proprio per questo bisogna che i giovani si accostino al matrimonio con serietà e con determinazione, senza lasciarsi fuorviare dalla frivolezza e dalla stupidità che troppo spesso caratterizzano i discorsi che si sentono in giro, gli spettacoli che si vedono, gli esempi sciagurati di molti personaggi famosi. Hanno una vita sola da vivere: se non la vogliono sbagliare, devono mettersi in ascolto della parola del Signore e chiedere a Lui nella preghiera tutta la luce e la forza necessarie per vivere secondo il Suo disegno.
Dalla mia esperienza di sacerdote, devo concludere che le cose nel matrimonio vanno a finire dove sono iniziate. Anzitutto, il fidanzamento deve essere una forte esperienza spirituale, che lascia i fidanzati sedotti e affascinati per quanto sta accadendo nella loro vita, considerando che quasi sempre non si sono neanche cercati, ma è Dio che ha fatto si che si incontrassero e si riconoscessero. Quanto vivono è ben superiore a quanto hanno fatto. Rappresentano, l’uno per l’altro, un grande miglioramento della loro esistenza e sono reciprocamente una via che li avvicina a Gesù e li responsabilizza. Escludano con grande fermezza qualunque idea di divorzio, che porta subitamente solo desolazione spirituale. La Sacra Scrittura, al culmine del suo processo di inculturazione, porta all’edificazione di uomini appassionati, lavoratori e padri di famiglia, e donne-madri, signore della custodia del cuore, ad imitazione della stessa Sacra Famiglia, il consorzio dal destino eterno in cui crebbe il Re dei re.
Domenica, 3 ottobre 2021