XIV domenica del Tempo ordinario
(Is 66,10-14c; Sal 65; Gal 6,14-18; Lc 10,1-12.17-20)
Il brano odierno contiene delle precisazioni importanti sulla missione. Dice che Gesù, questa volta, non manda solo i «Dodici» (Mc 3,14), ma settantadue discepoli, cioè praticamente tutti quelli che aveva in quel momento, o almeno quelli che lo seguivano con una certa assiduità e costanza. Si tratta della missione «alle città e ai villaggi vicini»: la missione, per così dire, “interna”. E’ un appello rivolto a tutti i battezzati. Non è agli operai che sono già nel campo che si fa notare come la messe sia molta ed essi siano pochi (si scoraggerebbero!), ma è agli altri, perché vadano nel campo. Questo è un discorso missionario destinato a tutto il popolo cristiano. E’ il caso di ascoltarlo bene, perché ci farà forse cambiare idea su cos’è la missione e chi sono i missionari. Noi celebriamo ogni anno, in ottobre, la Giornata missionaria e, in quell’occasione, si presentano al popolo cristiano le necessità delle missioni perché preghino e diano offerte. L’attenzione è proiettata lontano, sui missionari, in genere sacerdoti o religiosi che si sono recati in terre remote a impiantare la fede e la Chiesa. Ma sta avvenendo, o è già avvenuto, nella missione della Chiesa, un ribaltamento di prospettiva. La situazione è cambiata rispetto a quando nacquero le missioni. Al tempo di san Francesco, che fu tra i pionieri delle missioni all’estero, c’era un Europa cristiana e il resto del mondo mussulmano o pagano. Il compito era dunque chiaro: portare il Vangelo ai pagani (per san Francesco erano i Saraceni). Ma oggi chi sono i pagani e dove sono i Paesi di missione? E’ un equivoco aver identificato così rigidamente i Paesi di missione con i Paesi del terzo mondo (come se la fede si identificasse con il benessere e con la civiltà cristiana dell’Occidente!): oggi, quei Paesi non vogliono più essere chiamati «terra di missione». Alcuni di quei Paesi, infatti, sono poveri di risorse economiche, ma più ricchi di fede di noi.
Non ci siamo accorti in tempo – o pochi se ne sono accorti – che la situazione sta cambiando e che, dal punto di vista della fede, le parti si invertono: la fede cresce nei popoli dove i missionari sono andati e diminuisce, invece, tra i popoli da cui erano partiti. Gli stessi missionari che ritornano, dopo vari anni, tra di noi si trovano spaesati e vogliono ritornare nelle loro comunità lontane: c’è più fede – dicono – tra i miei fedeli laggiù! Il Paese di missione è dunque in mezzo a noi. Noi continuiamo a spiegare la parabola della pecorella smarrita e non ci accorgiamo di quanto la situazione sia mutata rispetto a quella prospettata da Gesù. Non più le novantanove pecorelle nell’ovile e una fuori, ma una pecorella nell’ovile e novantanove fuori! Il peggio è che il pastore, anziché andare a cercare le novantanove perdute, passa quasi tutto il tempo a custodire l’unica rimasta nell’ovile! La pastorale attuale della Chiesa, a guardare bene, è quasi per intero occupata ad alimentare, anzi a superalimentare – Messe, sacramenti, predicazioni -, i pochi che vanno spontaneamente in chiesa. Chi pensa a portare la parola di Dio fuori della chiesa o dall’oratorio, nelle case?
Certo, questi “novantanove” non sono pagani; in genere, sono battezzati; ma si può essere battezzati, senza essere cristiani; si può essere registrati in qualche libro dei battesimi, ma se non si fa nulla, che differenza fa? La differenza, anzi, c’è, ma è contro chi è battezzato. Il pericolo che corre è più grande di quello di un pagano, che non ha mai sentito parlare del Vangelo. Se all’inizio delle missioni si trattava di impiantare delle comunità cristiane in un mondo di pagani, ora si tratta di creare comunità di cristiani in mezzo a un mondo di battezzati! Si tratta di risuscitare la fede e ravvivare battesimi dimenticati. Se il Paese di missione è qui tra di noi, i missionari chi sono? Chiaramente tutti noi.
Così ha voluto che fosse il nostro Maestro: che chiunque avesse sperimentato la sua salvezza, andasse a proclamarla agli altri, a partire da quelli della sua casa: «Tu va e annunzia il Regno di Dio!» (Lc 9,60).
Domenica, 3 luglio 2022