Battesimo del Signore
(Is 42, 1-4.6-7; Sal 28; At 10, 34-38; Mt 3, 13-17)
Il Giordano è il fiume che percorreva verticalmente non solo tutta la Terrasanta ma anche tutta la Bibbia. Nato nell’Hermon, nel nord della Palestina, si getta in quella fossa che prende il nome proprio dal fiume, attraversa il lago di Tiberiade, (i rabbini immaginavano che le acque del Giordano non si fondessero con quelle del lago) e si avvia con un percorso tortuosissimo (più di 300 Km su una linea di 104 Km) alla sua morte nel lago posto nel punto più basso della superficie della terra, il mar Morto, a 400 m sotto il livello del mare. Il Giordano, però, percorre anche tutta la Bibbia, dalla Genesi quando Lot scelse come sua sede proprio la valle del Giordano (13,10) sino al Nuovo Testamento quando sulle sue rive apparve un profeta straordinario, il Battista. Su Gesù di Nazaret, i cui piedi affondano nelle acque del Giordano, si apre un orizzonte luminoso, un’epifania divina. Già sul misterioso Servo del Signore, figura messianica cantata dal Cap. 42 di Isaia, si squarciavano i cieli, scendeva lo Spirito vivificatore di Dio e si udiva questa solenne investitura: “Ecco il mio Servo, il mio eletto in cui mi compiaccio”. Lo stesso quadro si riproduce sulle rive del Giordano ove su Gesù irrompe in pienezza lo Spirito Santo di Dio e la voce celeste innalza la proclamazione a un livello più alto: “Questi è il Figlio mio prediletto in cui mi sono compiaciuto”. Non più solo “Servo” ed “eletto” ma “Figlio” e “prediletto”. Pietro, infine, nella sua catechesi al primo pagano che sta per farsi cristiano, il centurione Cornelio di Cesarea Marittima, rievoca quella scena presentando Dio che effonde lo Spirito Santo sul Cristo, sede della presenza divina (“Dio era con lui”).
Il battesimo è, quindi, un abbraccio con l’infinito, è comunione con Dio, è la nostra adozione a figli ottenutaci dal Figlio per eccellenza, secondo la celebre dichiarazione paolina. Il legame che ora intercorre tra Dio e l’uomo non è più quello fra il Creatore e la creatura, tra il Signore glorioso e la fragile realtà mortale simile all’erba dei campi che al mattino fiorisce e a sera è avvizzita. Ora il legame si colora di intimità e di amore, è quello che sboccia in una relazione di paternità e filiazione: come dice Osea, Dio si china e ci solleva alla sua guancia come il padre fa con il bimbo per farlo mangiare (11,4).
C’è anche un secondo possibile sguardo orizzontale che si stende sulla terra e sulla storia.
Il Servo del Signore, infatti, “porta il diritto alle nazioni”, annunzia la salvezza a tutto il mondo. Continua Isaia: egli non spezza la canna incrinata ma sa come riutilizzarla, non spegne il lucignolo che fumiga ma gli aggiunge olio perché brilli, cerca quindi ciò che era emarginato e perduto. E Pietro pone sulla vita terrena di Gesù un’epigrafe che dovrebbe essere incisa anche sulla vita di ogni autentico credente: “Gesù passò facendo del bene e risanando tutti”. L’amore verticale di Dio e per Dio genera amore “orizzontale” per i fratelli: “Carissimi, se Dio ci ha amati anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Da questo si distinguono i figli di Dio dai figli del diavolo: chi non pratica la giustizia non è da Dio, né lo è chi non ama il suo fratello” (1Gv 4, 11; 3, 10).
(cfr G. Ravasi – Secondo le Scritture, Anno A – p. 56-58 – Piemme)
Domenica, 8 gennaio 2023