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Le radici della nostra cultura nella basilica di Aquileia

9 Aprile 2022 - Autore: Francesca Morselli

Aquileia

I mosaici della basilica di Aquileia e i simboli che rappresentano le verità della fede attraverso le immagini

di Francesca Morselli

In un momento storico in cui incombe la minaccia della “cancel culture”, che vorrebbe imporre una nuova vita cancellando i pilastri e fondamenti della storia e della cultura europee, diventa ancora più impellente il bisogno di tornare alle radici attraverso le testimonianze che la storia ci ha lasciato per poterci ri-conoscere attraverso il nostro passato.

Uno dei “pilastri” della nostra storia è la Basilica di Aquileia, dedicata a Santa Maria Assunta. Si tratta del più antico edificio di culto cristiano dell’Italia nord-orientale, modello per altre chiese, anche al di fuori dei confini nazionali.

Dedicata alla Vergine e ai santi Ermacora e Fortunato, la basilica ha una storia architettonica le cui radici affondano negli anni immediatamente successivi al 313 d.C. quando, grazie all’Editto di Milano, che poneva termine alle persecuzioni religiose, la comunità cristiana ebbe la possibilità di edificare liberamente il primo edificio di culto. Nei secoli successivi, dopo la distruzione del primo fabbricato, destinato a sede vescovile, fu ricostruita per quattro volte, sovrapponendo le nuove costruzioni ai resti delle precedenti, in varie fasi: teodoriana, prima metà del IV secolo; post-teodoriana nord, metà del IV secolo; post-teodoriana sud, fine del IV secolo o dopo la metà del V secolo; massenziana, IX secolo; popponiana, prima metà dell’XI secolo; ricostruzione della copertura, dagli archi ogivali al tetto, XIV-XV secolo.

Adagiata in una pianura verde e ridente a pochi chilometri dal mare, si presenta con una facciata a spioventi preceduta da un atrio su colonne, a fianco un antico battistero e un campanile che svetta per 73 metri come un “faro” visibile da molto lontano. Ma ciò che fa della Basilica di Aquileia un “unicum“ di enorme rilevanza religioso-storico-artistica sono i suoi meravigliosi mosaici, risalenti alle fasi più antiche della Chiesa: è il pavimento a mosaico più vasto di tutto l’Occidente romano con  sui suoi 760 metri quadrati di estensione.

I mosaici policromi più antichi rappresentano illustrazioni simboliche e cosmologiche risalenti al IV secolo: piante, animali fantastici, cieli planetari, costellazioni per una chiesa che è giardino, prefigurazione del Paradiso. La condizione preliminare per il raggiungimento di quello stato di redenzione che deve portare l’uomo in questo giardino è la lotta del bene contro il male; infatti  accanto alle raffigurazioni cristiane del “Pesce”, del “Buon Pastore” e della “Vittoria eucaristica”,  si aggiunge una moltitudine di  figure  di animali che compongono il “Bestiario di Cristo”,  figure simboliche e allegorie figurate che indicavano ai fedeli la via della salvezza.

Di rilevanza assoluta è un motivo che raffigura in termini simbolici uno scontro epocale, la lotta tra il bene ed il male, tra la luce e le tenebre, raffigurato da un gallo (annunciatore di luce) ed una tartaruga (il regno delle tenebre, rinchiusa com’è nel suo guscio).  L’ultima campata ha un soggetto unico dove, su uno sfondo unitario, entro schematiche rappresentazioni di onde, galleggiano pesci, molluschi, crostacei ed altri animali legati alla vita marina e palustre. Una folla di putti alati sta pescando. La raffigurazione vuole significare quanto sia diversa la pesca spirituale degli Apostoli da quella degli uomini: i pesci muoiono una volta pescati, gli uomini invece vengono pescati perché vivano. In questo contesto si inserisce, nel mosaico, la storia di Giona, ambientata in un paesaggio marino in cui si vede Giona gettato a mare da una barca, Giona ingoiato da un mostro marino, Giona rigettato dal mostro su una spiaggia dopo tre giorni, Giona che si riposa sotto una pergola di frutti. La vicenda di Giona è la prefigurazione della morte e della resurrezione di Cristo.

Questo splendore che ha il potere di sbalordirci per la sua ricchezza policroma, il suo naturalismo e la sua capacità evocativa, ci ricorda come il lavoro paziente e amorevole, per la rappresentazione di concetti leggibili da tutti i fedeli, abbia arricchito e colorato il mondo dei nostri avi e continui a nutrire il nostro mondo e la nostra fede, creando un ponte tra gli albori dell’età cristiana fino ai nostri giorni.

Sabato, 9 aprile 2022

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