Salvatore Napoli, Cristianità n. 132 (1986)
Intervista con il dottor Pedro Joaquín Chamorro B.
Le ragioni dei «contra»
Il dottor Pedro Joaquín Chamorro B. è una delle figure più note della cultura e del giornalismo del Nicaragua. È stato per vari anni direttore del più importante quotidiano nicaraguense, La Prensa, fondato dal padre, Pedro Joaquín Chamorro C., uno dei maggiori oppositori del regime del dittatore Anastasio Somoza Debayle prima di essere assassinato nel 1978 in circostanze poco chiare, secondo alcuni dai somozisti, secondo altri dalla fazione marxista dell’opposizione. Negli ultimi anni La Prensa, sotto la guida di Pedro Joaquín Chamorro B., ha combattuto una quotidiana battaglia con la censura del governo marxista, che l’ha spesso costretta a uscire con ampi spazi in bianco. Da circa un anno e mezzo Pedro Joaquín Chamorro B., sottoposto a minacce e a pressioni di ogni genere, vive in esilio in Costarica, dove pubblica – con altri esuli nicaraguensi – il settimanale Nicaragua Hoy, che si propone di diffondere sistematicamente le notizie sulla situazione in Nicaragua che vengono censurate o nascoste dalla stampa di regime. È vicino alla UNO, l’Unión Nicaragüense Opositora, che ha riunito tutte le forze della Resistenza sia armata che morale al regime di Managua, e della quale Pedro Joaquín Chamorro B. è considerato una sorta di portavoce non ufficiale. In occasione di un viaggio in Europa, l’ho intervistato a Lisbona nel marzo del 1986.
D. Il governo del Nicaragua ha proclamato la sospensione totale di tutti i diritti civili «escluso il diritto alla vita». Qual è la sua opinione su questa formula, che può sembrare un poco strana?
R. Evidentemente il governo del Nicaragua non può dichiarare di avere soppresso anche il diritto alla vita, perché sarebbe una confessione che si tratta di assassini. Ma in realtà al popolo nicaraguense non è garantito neppure il diritto alla vita: il regime marxista ha ucciso, spesso ha torturato a morte un grande numero di persone arrestate, senza bisogno di decreti che neghino il «diritto alla vita». In ogni caso, un governo che confessa che tutti i diritti sono soppressi salvo il diritto alla vita è un governo che confessa un grado di totalitarismo fra i più estremi che si conoscano.
D. Che cosa rimane in Nicaragua, oggi, della libertà di stampa?
R. La libertà di stampa è stata completamente cancellata da oltre quattro anni. La censura della stampa in Nicaragua ha già battuto qualunque record di durata in America Latina, superando di gran lunga qualunque censura messa in opera da un regime militare. Né è mai esistita in America Latina una censura così rigorosa e feroce, una censura che sospetta la «Contro-Rivoluzione» non solo in ogni articolo, ma in ogni fotografia. In Nicaragua tutti conoscono l’episodio delle rondini, che risale all’ultimo periodo della mia permanenza nel paese. Come sa, tutte le fotografie, prima di poter essere pubblicate, devono essere approvate dall’ufficio dei Mezzi di Informazione del governo, che in realtà dovrebbe piuttosto essere chiamato ufficio dei Mezzi di Disinformazione. Il numero di fotografie censurate era così alto che, a La Prensa, avevamo l’abitudine di preparare sempre anche una fotografia di riserva, per non lasciare lo spazio in bianco. Ci capitò però di vedere una fotografia censurata inaspettatamente, senza avere preparato la fotografia di riserva. Decidemmo allora di pubblicare una fotografia di rondini, che non aveva nulla a che fare con l’articolo e che avevamo già pubblicato il giorno prima. L’idea piacque, e cominciammo a sostituire varie fotografie censurate sempre con la stessa immagine delle rondini. Alla fine l’ufficio dei Mezzi di Informazione ci fece sapere che la fotografia delle rondini aveva un contenuto «sovversivo» e «controrivoluzionario». Così oggi in Nicaragua sono censurate anche le rondini, perché sospettate di fare parte della «Contro-Rivoluzione». …
D. Il governo del Nicaragua afferma di essere stato legittimato dalle elezioni del 4 novembre 1984. Che cosa pensa di questa affermazione?
R. Non conosco nessun paese al mondo in cui si siano celebrate elezioni libere durante uno stato d’assedio. Chiedo ai democratici europei che razza di elezioni pensano si siano potute svolgere in Nicaragua con lo stato d’emergenza, con la censura sulla stampa, con i prigionieri politici in carcere, con l’aggressione sistematica, da parte delle turbas scatenate dal governo, di chiunque cercasse di organizzare manifestazioni dove si esprimeva anche un blando dissenso!
D. Si sente dire, talora, che il movimento sandinista è scivolato verso il marxismo e verso l’alleanza con l’Unione Sovietica a causa degli errori degli Stati Uniti. Sarebbero stati gli stessi americani a determinare l’involuzione marxista della Rivoluzione in Nicaragua. Le sembra una tesi attendibile?
R. No, è una tesi assolutamente ingenua. Il Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale è stato marxista-leninista fin dalle sue origini. Carlos Fonseca Amador, il fondatore del Fronte Sandinista, aveva detto molte volte che il Nicaragua, dopo la vittoria del suo partito, sarebbe stato un paese comunista. Molti responsabili del governo attuale sono stati educati per lunghi anni a Mosca o a Cuba ed erano allineati con le posizioni sovietiche già prima di prendere il potere.
D. Negli ultimi mesi il governo di Managua ha incontrato crescenti difficoltà in politica estera come dimostra, fra l’altro, la rottura delle relazioni diplomatiche da parte dell’Ecuador. Tuttavia, alcuni grandi paesi dell’America Latina – come il Brasile e il Messico – mantengono relazioni tutto sommato amichevoli con il governo nicaraguense, e altri proseguono nel tentativo di mediazione del gruppo di Contadora …
R. Il problema centrale della politica estera del Nicaragua consiste nel fatto che il governo comunista si considera come un’avanguardia della Rivoluzione e appoggia in altri paesi, come in Salvador, la guerriglia armata oppure, come in Costarica, finanzia scioperi selvaggi e attività terroristiche. Alcuni paesi reagiscono a queste iniziative del governo di Managua assumendo una posizione ostile verso il Nicaragua. Altri – geograficamente più lontani dal Nicaragua – si illudono di poter fare diminuire l’appoggio di Managua alla sovversione nei loro paesi mantenendo un atteggiamento amichevole: è il caso del Messico e del Brasile. Quanto al gruppo di Contadora, io sono convinto che le buone intenzioni non bastano per raggiungere la pace. Non è possibile nessuna mediazione e nessuna pacificazione senza la restaurazione dei diritti civili in Nicaragua. Il gruppo di Contadora si sforza di far scendere la febbre, ma non cura veramente la malattia.
D. La stampa comunista internazionale insiste nel sostenere che la resistenza dei contra e della UNO è in realtà una «aggressione degli Stati Uniti» o un tentativo delle «guardie di Somoza» di riprendere il potere. Che risposta meritano queste accuse?
R. La base dell’opposizione armata al governo comunista è formata principalmente da giovani contadini, sia al Nord che al Sud; l’età media dei combattenti, in molte zone, è intorno ai diciassette anni. Quando l’attuale governo ha preso il potere questi giovani avevano undici anni: come potevano essere «somozisti»? I combattenti della Resistenza sono contadini, indios, militanti cattolici che reagiscono alla persecuzione religiosa: tutti questi sarebbero «mercenari della CIA»? Si tratta di accuse ridicole per chiunque conosca il Nicaragua, ma che evidentemente vanno bene per una propaganda che trova eco in pubblicazioni compiacenti all’estero. Le tre persone che dirigono in questo momento la UNO hanno tutte lottato contro il regime di Anastasio Somoza: due, l’ingegner Alfonso Robelo e il dottor Arturo Cruz, hanno perfino appartenuto per qualche mese al primo governo di coalizione con i sandinisti, e il terzo, il dottor Adolfo Calero Portocarrero, era uno dei più vecchi oppositori della dittatura somozista. Il comandante Edén Pastora – la cui importanza nella Resistenza è peraltro molto diminuita, a causa delle sue posizioni politiche ondeggianti – aveva, come tutti sanno, combattuto Anastasio Somoza come sandinista.
D. Come valuta la situazione militare in Nicaragua?
R. La UNO può contare su una forza che va da diciottomila a ventimila uomini. La sua è una guerriglia che potrebbe facilmente trasformarsi nell’occupazione permanente di settori di territorio nicaraguense se la Resistenza potesse disporre di batterie contraeree; in assenza di questo tipo di armi la trasformazione aperta della guerriglia in occupazione progressiva del territorio esporrebbe la Resistenza ad attacchi da parte dell’aviazione governativa, il cui costo in vite umane sarebbe eccessivo. Come sa, i famosi «aiuti americani» alla Resistenza, di cui tanto si parla, sono, per il momento, soltanto aiuti «umanitari» in cibo, vestiario e medicine e non comprendono armi. Questo tipo di aiuti sembra indicare che lo scopo degli Stati Uniti consiste nel tenere viva la Resistenza in Nicaragua senza tuttavia voler dare un aiuto decisivo per una sua offensiva finale.
D. Accettate di essere chiamati contra?
R. Per il governo contra è un’abbreviazione di «contro-rivoluzionario». Se la Rivoluzione è la repressione del popolo, se la Rivoluzione consiste nel combattere la Chiesa e i vescovi, nello sterminare gruppi indiani come i miskitos, e nell’arrestare qualunque nicaraguense che si opponga al totalitarismo comunista; se Rivoluzione significa condurre alla bancarotta l’economia nicaraguense e portare il popolo alla situazione di miseria più tragica della sua storia, allora noi, che siamo contro questa «rivoluzione», ci sentiamo orgogliosi di essere «contro-rivoluzionari».
a cura di Salvatore Napoli