Il depliant per il sì diffuso da Renzi è peggio di una reclame comparativa. La logica è del tipo: “Vedi chi vende il prodotto concorrente? È un mix di arretratezza e repellenza politica!”
È peggio della pubblicità comparativa. Il depliant diffuso dal premier a sostegno del Sì non si limita a dire “compra il mio prodotto perché quello della concorrenza è peggiore”. Se fosse così, tutto sommato, saremmo ancora sul terreno di una propaganda tollerabile: non particolarmente gradevole, visto che l’elettore preferisce conoscere quali caratteristiche ha il tuo prodotto perché lui lo acquisti, più che sentire denigrare la merce dell’altro.
Ma qui il passo è ulteriore: la logica proposta è del tipo: “Vedi chi vende il prodotto alternativo al mio? È il mix dell’arretratezza e della repellenza politica!”. I garanti dell’affidabilità della merce diversa dalla mia sono dei signori anziani, male assortiti, in larga parte protagonisti di iniziative fallimentari, e ciò basta per qualificare quel che ti propongo come il meglio che circola, a prescindere dai contenuti.
Così lo sponsor numero 1 della riforma, nell’ordine: a) ha sviato l’attenzione da quel che dicono le modifiche dei 47 articoli della Costituzione per trasformare il referendum in un plebiscito sul governo che guida. Col risultato, segnalato dai sondaggi, che a dieci giorni dal voto solo una parte minima di italiani conosce i dati essenziali della posta in gioco; b) ha impostato un quesito referendario a mo’ di spot, collegando a esso l’informazione istituzionale: come apporre l’etichetta Brunello di Montalcino su una bottiglia di aceto; c) ha collegato la vittoria del No a una serie di sciagure, dall’innalzamento dello spread alla fuoriuscita dall’Unione Europea… mancano l’allargamento del buco dell’ozono e lo scioglimento dei ghiacci residui in Antartide (non dispero che siano evocati negli ultimi giorni della campagna elettorale); d) ha preteso il confronto mediatico sulla riforma solo con persone aventi una età media di 85 anni e una capacità attrattiva pari a quella dell’olio di ricino; e) ha fatto inviare agli italiani all’estero la scheda elettorale insieme con la propaganda per il Sì.
Quanti colori dimenticati
L’indicazione dei volti in bianco e nero dei fautori del No supera però ogni limite di decoro: corrisponde alla volontà del premier di scegliere, oltre che i propri amici, anche i propri avversari. Questo non gli è consentito. Non che il resto lo sia, ma questo oltrepassa tutto. Il bianco e il nero costituiranno i colori con i quali è abituato a catalogare il mondo attorno a sé, all’insegna del “o con me o contro di me”, ma non sono i colori di piazza San Giovanni (20 giugno 2015) o del Circo Massimo (30 gennaio 2016) o dei tanti luoghi nei quali, da Trento a Ragusa, negli ultimi mesi si è manifestata la contrarietà, motivata nel merito, verso una riforma scombiccherata e insensata.
Sono i colori delle famiglie italiane, che provano a farcela, nonostante i problemi causati in modo diretto o indiretto dal bombardamento cui la famiglia è stata sottoposta nell’arco della legislatura coperta dai quasi tre anni di governo Renzi. Sono i colori dei ragazzi per i quali questo esecutivo sta alacremente preparando un futuro ancora più carico di debiti rispetto a quelli ereditati al momento del suo avvio, e che comunque continuano a sperare e a studiare. Sono i colori delle tante comunità territoriali, la cui diversità e articolazione è una delle ricchezze dell’Italia, che desiderano scongiurare il rischio di una Costituzione riformata all’insegna dell’appiattimento e dell’abolizione delle realtà intermedie, Comuni piccoli e medi inclusi.
Non sappiamo se il mix di costosa propaganda a go-go, di mance elargite a pioggia nella legge di stabilità e di martellamento mediatico riusciranno ad avere la meglio su un popolo disilluso e preoccupato, ma ancora vivo. Ma il premier abbia per certo che se il 4 dicembre il responso del suo fastidioso pressing fosse un bel No, quel No sarebbe pieno di colori. Di quei colori della realtà che finora egli ha calpestato e osteggiato. Di una realtà che desidera quanto meno la libertà di essere considerata avversaria, e non volgarmente annullata dietro i volti in bianco e nero di signori rispettabili, che però con essa non hanno nulla da spartire.
Alfredo Mantovano
Da “Tempi.it” del 29 novembre 2016. Foto da tg24.it