Di Giulio Meotti da Il Foglio del 20/02/2024
Roma. Sabato, alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera, il presidente israeliano Isaac Herzog ha tirato fuori un libro intitolato “La fine degli ebrei”. I soldati israeliani lo hanno trovato in una casa a Gaza. L’autore del libro è uno dei fondatori dell’organizzazione terroristica Hamas nata el 1987, il chirurgo Mahmoud al Zahar. Il libro, un “progetto per l’annientamento del popolo ebraico”, è stato scoperto nel quartiere di al Furqan nella Striscia di Gaza ed è stato mostrato da Herzog al pubblico durante una conversazione con il commentatore David Ignatius.
Zahar, uno dei fondatori di Hamas assieme allo sceicco Ahmed Yassin ed ex ministro degli Esteri dell’Autorità palestinese, si dimostra degno allievo dell’ayatollah Khamenei.
La Guida suprema dell’Iran ha infatti pubblicato un libro intitolato “Palestina” nel quale spiega la distruzione del “regime sionista”. “Nabudi” (annientare), “imha” (dissolvere) e “zaval” (cancellare): le tre parole attorno a cui ruota il progetto iraniano su Israele, indicato come “adou” (nemico) e “tumore canceroso”. Spiega Khamenei che il suo piano non comporta una “guerra classica”, ma una lunga guerra a bassa intensità che punti a “logorare” la resistenza degli israeliani e della comunità internazionale. Il piano iraniano si basa sul presupposto (infondato) che tutti gli israeliani abbiano la doppia cittadinanza e che preferirebbero vivere negli Stati Uniti o in Europa se la vita in Israele diventasse difficile e dolorosa. Khamenei raccomanda pertanto di rendere la vita in Israele tanto difficile da costringere gli israeliani ad andarsene per sottrarsi alle minacce che incombono su di loro. L’ayatollah descrive la tattica di indurre la comunità internazionale a “non poterne più di Israele” sino al punto in cui l’occidente si renderà conto che sostenere il “progetto sionista” è troppo oneroso e abbandonerà lo stato ebraico.
Nel suo libro “Il pensiero politico del movimento di resistenza islamico Hamas”, il leader del gruppo terroristico in esilio, Khaled Meshaal, ha scritto che i palestinesi devono assumere un ruolo guida nella battaglia per la liberazione islamica.
Il fondatore di Hamas Zahar, un medico specialista in malattie della tiroide che ha fondato la Palestinian Medical Society e ha contribuito alla rinascita della Fratellanza musulmana nella Striscia di Gaza, scrive invece che mentre la “famiglia delle nazioni” ha definito i nazisti come criminali di guerra e contro l’umanità, i nazisti sono in realtà un faro importante per molti nel mondo. I capitoli del libro di Zahar si concentrano sull’odio verso il popolo ebraico e giustificano la persecuzione e l’assassinio degli ebrei nel corso della storia; tra questi vi sono capitoli intitolati “L’odio ardente del mondo nei confronti degli ebrei” e “Motivi per espellere gli ebrei”. Zahar esorta a chiedersi perché sia avvenuto l’Olocausto e a capire coloro che “bruciarono gli ebrei”. Lo fecero perché gli ebrei in quei paesi avevano preso il controllo dell’economia e della politica e sfruttavano le risorse di quei popoli a proprio vantaggio.
“Ora siamo a Monaco”, ha detto Herzog nel brandire il libro (alla Cbs, Herzog aveva già mostrato una copia del “Mein Kampf” di Hitler in arabo trovata in un covo di Hamas a Gaza). “E alla periferia di Monaco c’è il campo di concentramento di Dachau, dove furono massacrate decine di migliaia di ebrei”.
Intanto il libro di Abu Mazen, presidente dell’Anp palestinese, pubblicato in arabo nel 1984 come parte della sua tesi di dottorato presso un istituto accademico di Mosca, intitolato “L’altro lato: la relazione segreta tra il nazismo e il sionismo”, è presente nelle biblioteche accademiche di tutti i paesi di lingua araba. Nazismo e sionismo collimano, scrive Abbas, e spiega che David Ben Gurion e Adolf Hitler erano “buoni amici”. Abbas accusa il movimento sionista d’aver preso parte alla Shoah cooperando con il Terzo Reich e rifiuta quella che definisce “la fantasia sionista”, “la menzogna dei sei milioni di ebrei uccisi” dai nazisti, affermando che gli ebrei morti nella Shoah furono 890 mila e tutte vittime del complotto nazi-sionista.
Se la cultura serve a costruire i famosi “ponti” e ad animare il decantato “dialogo”, la cultura dei leader palestinesi sembra più un libretto d’istruzioni per annientare il popolo della Shoah.