Di Daniele dell’Orco da Libero del 10/03/2024
I concetti dello scandalo espressi domenica durante un incontro pubblico in Francia da Judith
Butler sono in realtà tutt’altro che fuori di testa. Una delle voci di riferimento dell’ultrasinistra americana ha suggerito che
l’attacco di Hamas ad Israele del 7 ottobre non dovrebbe essere etichettato come «terrorismo o antisemitismo», bensì
come «atto di resistenza armata». Di più, Hamas altro non sarebbe che una «parte integrante della sinistra globale».
Butler, in buona sostanza, ha detto la verità, è cioè che la nuova sinistra globalista è priva di qualsiasi percezione reale
della storia, dell’attualità, della violenza e nel caso specifico dell’antisemitismo. Ama chiunque voglia abbattere
l’Occidente, finanche le milizie di spietati tagliagole. Si tratta di una naturale evoluzione di quello che una volta era il
“terzomondismo” caro agli internazionalisti che appoggiavano da debita distanza chiunque lottasse contro lo stesso
imperialismo che gli consentiva di sorseggiare champagne. Oggi l’internazionalismo ricomprende chiunque esprima
violenza contro un “oppressore”. Non per forza un governante, ma un qualsiasi portatore sano di ingiustizia sociale, come
il maschio, bianco, etero in tutte le sue declinazioni. Mala novità rappresentata dal post -7 ottobre è che ora questa teoria
non risparmia più nemmeno le donne. Perché, nel caso di Israele, persino le ultrafemministe (come la stessa Butler o
quelle di casa nostra) hanno ignorato la brutale sorte capitata alle donne vittime del raid. Ma del resto, l’essenza
dell’ideologia “woke” altro non è che la sua continua radicalizzazione. Il movimento si propone di smantellare tutte le
ingiustizie strutturali attraverso azioni di “purificazione sociale”. Per Judith Butler gli attacchi del 7 ottobre sarebbero tra
queste. Lei che del “risveglio” è stata una delle primissime teoriche. Già nel 1990 pubblicò “Gender Trouble”, un lavoro
pionieristico sull’analisi accademica delle categorie di genere. L’opera è diventata un pilastro della teoria femminista e di
genere, basata su una teoria queer e anti-identitaria in cui si sottolinea la fluidità delle identità e rifiuta qualsiasi
confinamento in definizioni fisse. Un concetto che non abbraccia solo la sfera dell’identificazione sessuale ma di qualsiasi
struttura in generale. Persino quelle che ricomprendono se stessi. Così nasce, ad esempio, l’odio nei confronti del proprio
io e la colpevolizzazione di sé. Per quanto possa sembrare assurdo, non deve allora sorprendere che Butler, sia nata a
Cleveland, in Ohio, ma da una famiglia ebrea russa-ungherese con alcuni membri del ramo paterno perseguitati durante la
Shoah. La nuova sinistra, figlia di teorie come quelle della Butler, non è altro che una forza suicidarista.