Marco Invernizzi, Cristianità n. 119-120 (1985)
Una accurata documentazione relativa all’influsso esercitato sui cattolici militanti dell’Ottocento dal presidente-martire dell’Ecuador, assassinato da mano rivoluzionaria per avere praticato la unità tra fede e impegno politico-sociale e avere consacrato la nazione a lui affidata al Sacro Cuore di Gesù.
Per una «agiografia civile»
«L’intransigentismo cattolico e il mito di Garcia Moreno»
La quasi completa assenza, nel mondo contemporaneo, di incarnazioni storiche dei principi della dottrina sociale naturale e cristiana costituisce certamente una delle maggiori difficoltà nello sforzo di mostrare i benèfici effetti sociali e civili della religione cattolica.
Di fronte a questa carenza esemplificativa, merita di essere ampiamente segnalato ogni intervento che descriva un tempo in cui, nell’ambito della vita storica di una nazione, la Chiesa e la organizzazione politica, cioè lo Stato, hanno collaborato alla realizzazione di «una società a misura di uomo e secondo il piano di Dio» (1).
Di un importante capitolo di questa «agiografia civile» costituisce premessa documentale di valore uno studio su L’intransigentismo cattolico ed il mito di Garcia Moreno, studio che – trattando dell’uomo politico cattolico che fu presidente della Repubblica dell’Ecuador prima dal 1861 al 1865 e poi dal 1869 al 1875, anno in cui fu assassinato, e della sua «fortuna» nella cultura cattolica intransigente – descrive con dovizia di particolari «l’esempio di una repubblica che sotto la guida di un presidente cattolico si era data una costituzione conforme ai principi della dottrina cristiana ed era cresciuta nella prosperità, nel benessere e nella moralità proprio alimentandosi a questi principi» (2).
La ricerca di Massimo Granata – giovane laureato in filosofia presso la Università degli Studi di Milano, appunto con una tesi su Il mito di Garcia Moreno nella stampa cattolica italiana – «è stata condotta su due piani paralleli: una delineazione, alla luce di fonti archivistiche, delle scelte di carattere istituzionale e sociale operate durante la presidenza di Garcia Moreno, e conseguentemente l’analisi della stampa periodica cattolica alfine di comprendere l’origine del mito e l’uso che i cattolici ne fecero».
La indipendenza dell’Ecuador «era stata raggiunta all’insegna dei principii liberali», e a essa «non si accompagnò […] un recupero della stabilità politica, anzi si verificò una polarizzazione politica e ideale attorno ai principi liberali o a quelli conservatori, venati anche di ultramontanismo». I liberali e i conservatori esprimevano due visioni del mondo completamente opposte, e proprio «sul ruolo della Chiesa […] era più facile veder alimentare le polemiche»: infatti, di fronte al laicismo dei liberali, «i conservatori esaltavano l’opera civilizzatrice della Chiesa e degli ordini missionari in particolare».
Dopo una serie di governi liberali, «l’opposizione conservatrice riprese vigore consentendo al leader Garcia Moreno di assumere la presidenza». Nel 1861, dunque, Gabriel Garcia Moreno si insediava alla presidenza della repubblica, e cominciava così la prima fase della sua entusiasmante azione istituzionale e politica, che si fonderà sulla «intuizione di fondo […] che solo la religione cattolica sarebbe stata in grado di dare identità ed unità al popolo».
Uno dei primi atti del neopresidente della repubblica «fu la stipulazione del Concordato fra la S. Sede e la repubblica dell’Ecuador», avvenuta il 26 settembre 1862. Con questo documento – che è stato definito «dal punto di vista della Chiesa […] il più favorevole, che essa abbia concluso con uno Stato moderno» (3) – «la religione cattolica diveniva l’unica religione riconosciuta dallo Stato» e «veniva garantita l’indipendenza d’azione del clero ed un suo maggiore controllo da parte della S. Sede».
Concluso il mandato presidenziale nel 1865, Gabriel Garcia Moreno «accettò un incarico diplomatico in Cile, ma quattro anni dopo tornò protagonista della lotta politica quando, in seguito ad una rivolta militare» – che era nata in opposizione a un governo che aveva ripreso la politica laicistica precedente la presidenza di Garcia Moreno -, «egli divenne capo di un governo provvisorio»; «successivamente convocò la Convenzione, che si riunì nel maggio 1869 approvando, al termine dei lavori», una costituzione che «conferì al paese l’appellativo di “cattolico” di cui tanto andarono fieri i credenti di tutto il mondo», e che «ebbe il consenso delle autorità ecclesiastiche».
A conferma della stima e della fiducia con cui la Santa Sede guardava all’opera di Gabriel Garcia Moreno, «il nuovo nunzio apostolico in Quito, mons. Serafino Vannutelli, entrato solennemente nella capitale il 7 ottobre 1869, recapitò nelle mani del presidente un messaggio del Pontefice nel quale si esortava Garcia Moreno a proseguire nell’opera di protezione della libertà della Chiesa» e, successivamente, «il Pontefice manifestò la particolare predilezione per il presidente dell’Ecuador conferendogli, nel marzo 1871, l’onorificenza dell’Ordine Piano di prima classe».
Questo autorevole attestato di stima seguiva di pochi mesi la «protesta ufficiale» che «il governo ecuadoregno inoltrò […] al governo italiano in seguito all’intervento militare in Roma nel settembre 1870».
Durante la seconda presidenza, «il governo di Garcia Moreno predispose una serie di interventi in campo sociale, impegnando mezzi ingenti che valsero al presidente l’appellativo di “rigeneratore della patria”»: l’invio di «numerosi padri missionari» nei «villaggi più lontani e poveri del paese» per «insegnare, oltre al catechismo, la scrittura, la lettura, l’aritmetica»; «la realizzazione della Scuola politecnica, […] l’Osservatorio astronomico di Quito e la rinata Facoltà di medicina»; «la costruzione di strade che dovevano collegare le principali città poste sull’altopiano andino, prima fra tutte Quito, con quelle costiere, Esmeraldas e Guayaquil», sono alcuni dei principali frutti che il presidente Garcia Moreno lasciò in eredità alla sua patria.
«Infine, nell’ottobre 1873, a coronamento della politica religiosa, si consacrò la Repubblica al Sacro Cuore di Gesù», un atto che «veniva […] a concludere un processo di cristianizzazione che aveva coinvolto la Chiesa, il governo, gli ordini religiosi e la popolazione tutta».
Lo sforzo teso alla realizzazione della regalità sociale di Nostro Signore Gesù Cristo fini per costare a Gabriel Garcia Moreno anche la vita. Numerose volte, infatti, nel corso degli anni, il presidente ecuadoregno era stato vittima di attentati, con i quali la setta massonica aveva tentato di sbarazzarsi della sua persona: «Proprio l’indubbia volontà di caratterizzare religiosamente ogni scelta di rilevante peso politico e sociale acuì i contrasti con l’opposizione liberale», e così, il 6 agosto 1875, alla vigilia del giorno nel quale avrebbe dovuto pronunciare il discorso con cui accettava la elezione popolare per il terzo mandato presidenziale, Gabriel Garcia Moreno veniva assassinato alla uscita dalla cattedrale, dove si era recato per pregare davanti al Santissimo Sacramento.
La stampa cattolica italiana – in particolare i quotidiani L’Unità Cattolica, L’Osservatore Cattolico, La Voce della Verità, L’Osservatore Romano e le riviste La Civiltà Cattolica e La Scuola Cattolica – «coltivò e diffuse il mito di Garcia Moreno, mito legato all’idea-forza di una società, quella ecuadoregna appunto, che, sotto la guida di un governante fermamente cattolico dava lustro e conferma della validità di una politica conforme ai dettami del Sillabo».
Venne messo in evidenza in modo particolare il significato universale dell’opera svolta da Gabriel Garcia Moreno, sottolineando – come scrisse La Civiltà Cattolica – che era stato trucidato proprio «in odio del suo zelo per la restaurazione della civiltà cristiana e del suo fervente amore per la Chiesa», e non tralasciando di ricordare – sempre da parte dei redattori della stessa rivista – che le opere pubbliche realizzate sotto la sua presidenza erano state fatte «in pochi anni, senza aggravar di nuove imposte la nazione; anzi diminuendo a più riprese le antiche». Con ogni evidenza, la stampa cattolica italiana coglieva la occasione anche per polemizzare indirettamente con la classe politica che governava l’Italia in seguito alla Rivoluzione risorgimentale e dopo la breccia di Porta Pia.
Con la stampa cattolica intransigente italiana e con l’ambiente francese «legato a L. Veuillot e al suo giornale “L’Univers”», anche la gerarchia ecclesiastica, a cominciare da Papa Pio IX, intervenne per indicare ai cattolici tutti lo splendido esempio dato da Gabriel Garcia Moreno. Il vescovo di Fossano, monsignore Emiliano Manacorda, propose addirittura di «innalzare un monumento a Garcia Moreno; proposta che il quotidiano “L’unità cattolica” accolse aprendo una sottoscrizione» e che si realizzerà, poi, nel dicembre del 1876, e il monumento verrà posto a Roma, nell’Istituto Pio Latino Americano.
Lo studio di Massimo Granata – che ho brevemente esposto – è nato con intenti esclusivamente scientifici e, quindi, risulta privo di quella sana «passione» che sa trasportare il lettore dalla erudizione all’ammirazione e, finalmente, alla imitazione. Esso ha, comunque, il merito di offrire materiale accuratamente raccolto sulla vita e sull’opera di Gabriel Garcia Moreno e sul notevole influsso esercitato da questo «martire perché coscientemente aveva accettato il sacrificio; egli [infatti] era sempre stato consapevole dei pericoli cui andava incontro nel difendere la libertà della Chiesa e la dottrina cattolica». Tale influsso, attraverso la stampa cattolica intransigente italiana, è giunto a tutto il cattolicesimo militante della nostra nazione. Quindi, di fronte alla completa assenza di una letteratura corrente che perpetui la memoria del presidente cattolico ecuadoregno, è sembrato giusto e utile non lasciare cadere nel silenzio della «ricerca scientifica» uno studio che – come ho detto all’inizio – può costituire premessa perché venga di nuovo scritto un importante capitolo di quella «agiografia civile» la cui assenza non sarà mai sufficientemente lamentata, e la cui presenza può risvegliare quanto è stato seminato nella cultura della Cristianità.
Marco Invernizzi
Note:
(1) GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai partecipanti al Convegno promosso dalla Conferenza Episcopale Italiana sul tema: Dalla «Rerum novarum» ad oggi: la presenza dei cristiani alla luce dell’insegnamento sociale della Chiesa del 31-10-1981, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. IV, 2, p. 523.
(2) Cfr. MASSIMO GRANATA, L’intransigentismo cattolico ed il mito di Garcia Moreno, in Bollettino dell’Archivio per la storia del movimento sociale cattolico in Italia, anno XIX, n. 1, gennaio-aprile 1984, pp.49-77. Tutte le citazioni senza diverso riferimento sono tratte da questo studio.
(3) SIDNEY Z. EHLER e JOHN B. MORRAL (a cura di), Chiesa e Stato attraverso i secoli. Documenti raccolti e commentati, trad. it., Vita e Pensiero, Milano 1958, p. 306. Per una traduzione italiana del testo concordatario, cfr. ibid., pp. 303-314.